Studio linguistico su Arturo Loria (1902-1957), carpigiano di nascita, fiorentino di formazione, una delle figure più rappresentative della rivista “Solaria”, vicino ad Alessandro Bonsanti e a Eugenio Montale. Le sue tre raccolte di racconti (Il cieco e la Bellona, Fannias Ventosca, La scuola di ballo), uscite tra 1928 e1932 e salutate come un felice esordio dalla critica, sono descritte come un laboratorio linguistico, attingendo anche alle carte dello scrittore conservate al Gabinetto Vieusseux. Si è voluto mostrare come Loria cercasse per la prosa narrativa una lingua moderna, europea, con un’attenzione quasi ossessiva alle scelte lessicali e sintattiche, producendo una scrittura, tormentata e difficile, che Montale definì “preziosa e insieme dimessa”. L’analisi linguistica di tratti grafico-fonetici, morfosintattici, morfolessicali e soprattutto sintattici permette di delineare un percorso moderatamente innovativo tanto nella caratterizzazione linguistica di emarginati sociali quanto nella riproduzione del parlato naturale, sempre alieno dal popolarismo. Si è potuta osservare quindi la coesistenza di tensioni opposte: l’eccellenza dello stile con la medietà linguistica; registri diversi per la narrazione e per il dialogo; rapporti ambigui con la grammaticalità della lingua e con l’uso vivo. Nell’arco dei pochi anni che separano la prima dalla terza raccolta varie ipotesi vennero percorse e bruciate. In questo studio si descrivono le scelte dello scrittore in prospettiva storico-linguistica; la creatività linguistica di Loria trovò spazi in un italiano primonovecentesco in fase di ristandardizzazione.
Prezioso e dimesso: la lingua di Arturo Loria al tempo di 'Solaria'
Baggio, Serenella
2004-01-01
Abstract
Studio linguistico su Arturo Loria (1902-1957), carpigiano di nascita, fiorentino di formazione, una delle figure più rappresentative della rivista “Solaria”, vicino ad Alessandro Bonsanti e a Eugenio Montale. Le sue tre raccolte di racconti (Il cieco e la Bellona, Fannias Ventosca, La scuola di ballo), uscite tra 1928 e1932 e salutate come un felice esordio dalla critica, sono descritte come un laboratorio linguistico, attingendo anche alle carte dello scrittore conservate al Gabinetto Vieusseux. Si è voluto mostrare come Loria cercasse per la prosa narrativa una lingua moderna, europea, con un’attenzione quasi ossessiva alle scelte lessicali e sintattiche, producendo una scrittura, tormentata e difficile, che Montale definì “preziosa e insieme dimessa”. L’analisi linguistica di tratti grafico-fonetici, morfosintattici, morfolessicali e soprattutto sintattici permette di delineare un percorso moderatamente innovativo tanto nella caratterizzazione linguistica di emarginati sociali quanto nella riproduzione del parlato naturale, sempre alieno dal popolarismo. Si è potuta osservare quindi la coesistenza di tensioni opposte: l’eccellenza dello stile con la medietà linguistica; registri diversi per la narrazione e per il dialogo; rapporti ambigui con la grammaticalità della lingua e con l’uso vivo. Nell’arco dei pochi anni che separano la prima dalla terza raccolta varie ipotesi vennero percorse e bruciate. In questo studio si descrivono le scelte dello scrittore in prospettiva storico-linguistica; la creatività linguistica di Loria trovò spazi in un italiano primonovecentesco in fase di ristandardizzazione.File | Dimensione | Formato | |
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