Cosmologia e ideologia: la teoria dell’espansione dell’Universo nello spazio pubblico (1922-1992). È a prima vista sorprendente sentir parlare di cosmologia moderna nel contesto di una tesi dottorale dedicata al tema della comunicazione politica: che cos’ha a che vedere, infatti, la teoria dell’Universo in espansione con tale àmbito? Superficialmente, la risposta potrebbe essere di puro scetticismo. Tuttavia, la documentazione da me vagliata in questi anni ha recato supporto ad una serie di ipotesi alle quali cominciai a lavorare ai tempi della laurea specialistica, confortato dalla lettura di un manuale di storia della cosmologia (Singh, 2004). Nonostante le difficoltà iniziali da me attraversate durante la ricerca – spesso i rapporti tra cosmologia moderna e politica sono tutt’altro che espliciti – risultati concreti cominciarono a giungere dopo qualche mese, portandomi infine a comporre una bibliografia consistente in documenti tratti da circa 50 tra riviste e quotidiani, ripartibili per: 1) Lingua: 26 in tedesco, 12 in inglese, 6 in italiano, 3 in francese, 5 in russo. 2) Settori di competenza: 7 di astronomia specialistica, 4 di astronomia divulgativa o semidivulgativa, 7 di fisica specialistica, 1 di fisica divulgativa, 9 di scienze varie specialistiche, 10 di scienze varie divulgative, 7 di filosofia o materia politico-sociale, 4 giornali. A ciò si aggiunga il materiale proveniente da interviste da me eseguite (6), archivi (2), filmografia, enciclopedie. Il materiale è stato raccolto in Italia, in Germania (Göttingen, Frankfurt a.M.), in Belgio, in Svizzera (CERN) e da oltre oceano tramite il Prestito Interbibliotecario di Trento. In tutto, la bibliografia conta 893 articoli e 408 monografie. Oggetto centrale della dissertazione è la teoria dell’espansione cosmica, per la quale l’Universo si troverebbe in uno stato di espansione da circa 13.7 miliardi di anni a partire da un BB primordiale, che la scienza non dichiara osservabile, ma al quale si giunge per estrapolazione. Friedmann (1922) e Lemaître (1927) elaborarono le loro proposte in forma ipotetica; nei decenni successivi vi furono osservazioni giudicate generalmente come prove empiriche: a parte il redshift, si devono citare il calcolo del numero degli elementi chimici primordiali, la CMBR e COBE (1992). Nella ricerca non ho voluto presentare tanto argomentazioni apologetiche sul BB, quanto mostrare il dibattito che la teoria ha generato, coinvolgendo livelli comunicativi vari: 1) Specialistico. 2) Teologico-filosofico. 3) Pubblico (divulgativo). 4) Politico. 5) Strumentale. È la cosmologia stessa a prestarsi al dibattito multidisciplinare. Pur non godendo di un consenso assoluto, il BB rappresenta oggi il paradigma astrofisico per eccellenza. Nell’introduzione della dissertazione, presento uno schema dei livelli comunicativi coinvolti nel dibattito, senza pretendere di procedere per “compartimenti stagni”, ossia per cesure nette tra uno e l’altro. Un singolo individuo, infatti, può essere coinvolto in più piani: non mi è stato possibile inserire la ricerca solo in alcuni di essi o in uno solamente, sebbene possa affermare di aver dato molto risalto al momento del pubblico-divulgativo. Si prenda, ad esempio, Lemaître: egli fu coinvolto nel livello specialistico, divulgativo, religioso, politico, strumentale. Primo capitolo: la cosmologia moderna. Nel primo capitolo ho tracciato una storia dell’ipotesi del BB. Grazie ad alcuni manuali guida (Kragh 1999, Singh 2004) mi sono potuto orientare nella lettura di documentazione specialistica e divulgativa, aggiungendo l’analisi del dibattito filosofico europeo sulla cosmologia moderna, del BB nel cinema, nella narrativa e nel contesto neocatastrofista. Ho rilevato come il contesto della Guerra Fredda e della ricerca nucleare abbia giocato un ruolo essenziale nell’elaborazione delle ipotesi sull’Universo primordiale (es. legame BB-bomba atomica). Mi sono in particolare concentrato sulla vicenda biografica di Lemaître. Ho desiderato mostrare come la filosofia, la teologia e pure l’estetica non siano state assenti dal dibattito. A fianco del BB, si sono sostenute altre ipotesi come lo Steady State e l’Universo ciclico, oggi generalmente dismesse. Tuttora la discussione sul BB prosegue. Secondo capitolo: la Germania dal 1918 al 1945. Nel caso tedesco del periodo 1918-45, un gruppo di scienziati e tecnici tentò di sfruttare un’ideologia dapprima diffusa a livello popolare (antigiudaismo) e poi al potere per contrastare la relatività generale e la cosmologia relativistica. Dai primi anni ‘20, fisici come Lenard e Stark e pubblicisti vari si opposero all’‘einsteinismo’ perché espressione dello ‘spirito giudaico’, cioè di uno stile superficiale e astratto (‘formalista’) di concepire la Natura. Secondo opuscoli dell’epoca, la ‘scienza giudaica’ rappresentava la sovversione dei valori tradizionali della scienza classica newtoniano-euclidea: falso il continuum spazio-temporale quadridimensionale, falsa la concezione di un Cosmo spazialmente finito. Nel 1920, una trentina di scienziati e tecnici fondò a Berlino un gruppo per la conservazione della purezza della scienza (Arbeitsgemeinschaft deutscher Naturforscher zur Erhaltung reiner Wissenschaft), gruppo che riteneva che solo la manipolazione dell’opinione pubblica a mezzo dei media – in mano ebraica – consentì la diffusione di una ‘suggestione di massa’ come la relatività, cosa che aveva condotto ad una crisi della ‘fisica tedesca’. Ora, la vicenda dei ‘fisici ariani’ è già da tempo nota agli studiosi; è stato mio interesse verificare se essa avesse un corrispettivo in campo cosmologico. Da quanto ho constatato, esistettero sì critici “ideologi” della cosmologia relativistica, ma essi operarono come “elementi sciolti”, ossia senza dar vita ad un movimento coeso. Gli anti-einsteinisti non ottennero nuova linfa dalle speranze riposte nell’NSDAP, nonostante gli appelli politici alla purezza della ‘cultura ariana’ (es. Mein Kampf). Gli sforzi degli anti-einsteinisti degli anni ’20 e ’30 si limitarono alla produzione di opere non prese in considerazione dal resto della comunità scientifica tedesca (es. Hundert Autoren gegen Einstein, 1931); Heckmann e Vogt, astrofisici membri dell’NSDAP, portarono avanti la disamina sulla cosmologia relativistica. L’inizio del III Reich modificò parzialmente la situazione: Einstein lasciò la Germania (1933) e fu contestato dal regime, Rosenberg encomiò Lenard e le sue opere (1929), Stark divenne Presidente della DPG (1934), Müller successe a Sommerfeld a Monaco (1939), il Partito vietò la diffusione di “Nature” (1938). Vi furono numerosi convegni nei quali politici vari enfatizzarono il ruolo della popolazione ‘nordica’ per l’astronomia; si poteva certamente citare di meno Einstein e la relatività; i ‘fisici ariani’ fecero sì proseliti all’estero tra fine anni ‘30 e inizio ‘40. Tuttavia, nella «Zeitschrift für Astrophysik», nella «Astronomische Nachrichten» e in riviste divulgative le pubblicazioni sulla cosmologia moderna furono presenti per tutta la durata del Reich. Alla fine del 1937, Rosenberg diramò un comunicato nel quale il Partito ammetteva una libera discussione sulle teorie fisiche coeve. Heisenberg poté anche contare sull’aiuto di Himmler per difendersi dalle accuse di Stark (‘ebreo bianco’). Nella seconda metà degli anni Trenta, Bruno Thüring tentò la costruzione di un’‘astrofisica tedesca’, accusando Einstein di aver ‘talmudizzato’ l’Universo. Ma, lasciati soli dal potere all’epoca del programma nucleare, i fisici e gli astronomi ‘ariani’ subirono dure sconfitte, preparate dal fisico Finkelnburg, tesserato del Partito: il 15 novembre 1940 a Monaco e l’1-3 novembre 1942 a Seefeld. Come ho mostrato, Thüring continuò la sua battaglia contro la relatività, la cosmologia relativistica e il Big Bang anche dopo il crollo del Reich, senza ottenere esiti notevoli. Terzo capitolo: l’Unione Sovietica. Il rapporto degli scienziati sovietici con la cosmologia risulterebbe poco comprensibile senza tener conto del diamat, filosofia ufficiale del PCUS. Dalle opere dei padri del materialismo si evince come la materia, eterna e infinita, sia soggetta a leggi dalle quali si sarebbero prodotte l’Universo e le sue forme materiali, legate all’accumulo, nel lungo periodo, di variazioni quantitative generanti un’improvvisa variazione qualitativa. La perpetua dinamicità della materia esclude ogni intervento esterno e configura un Cosmo in perenne mutamento. Sorge in tale contesto la distinzione tra una ‘scienza materialista’ e una ‘borghese’. Lenin chiamò a raccolta gli scienziati materialisti per la battaglia contro la ‘scienza occidentale’, ma il periodo della NEP (1921-28) lasciò relativa libertà in campo astronomico (es. Friedmann). Si crearono diverse posizioni sulla relatività e sulla cosmologia relativistica (l’ortodossia marxista le oppone critiche simili a quelle degli ‘ariani’). Con il trionfo di Stalin e la fine della NEP, la strategia staliniana del ‘Socialismo in un solo Paese’ trovò il suo corrispettivo nella ‘scienza proletaria’, espressa dallo Stato operaio, protagonista della Rivoluzione. Mentre a Stalin si tributavano onori quasi “divini”, i filosofi marxisti si fecero giudici delle dottrine scientifiche naturali; i congressi del Partito e culturali di quegli anni esortarono alla partiinost’, a rinvigorire la sorveglianza contro i ‘nemici’ e ad eliminare gli ultimi ‘residui capitalistici’ dalla mente del popolo (religione anzitutto): le scienze naturali divennero strumento della causa comunista e della propaganda antireligiosa, gli intellettuali-ideologi poterono scatenarsi, e le organizzazioni del Partito ‘bolscevizzavano’ riviste ed istituzioni scientifiche. La retorica del potere insisteva sul tracollo imminente del capitalismo e della ‘scienza borghese’. Gli astrofisici specialisti divennero filosofi marxisti in cosmologia, elaborando alternative varie alla ‘cosmologia borghese fideistica’, che sosteneva l’inizio e la fine del Mondo (tesi dell’alleanza occidentale tra Chiesa, scienza e capitale contro il comunismo). L’alternativa più usata fino al crollo dell’URSS fu declassare l’espansione da fenomeno globale a locale (metagalassia); negli anni ’30 e ’40 una discussione cosmologica specialistica fu assente in «AZ»: i ‘resistenti’ più ostinati morirono o subirono l’arresto nel corso delle Grandi Purghe, mentre alla fine del 1938 l’Accademia delle Scienze dettò la linea cosmologica ‘corretta’. Dopo la guerra, Zhdanov condusse la campagna ideologica definitiva (Zhdanovshchina) contro la ‘scienza borghese’ coeva, astronomia inclusa, troppo “teologizzata”. La comunità astronomica sovietica rimase coesa nel seguire la causa comunista e il diamat. Nel 1951, la polemica con l’Occidente si inasprì per la mancata convocazione dell’assemblea U.A.I. a Leningrado e per un discorso di Pio XII alla Pontificia Accademia delle Scienze. Dopo Stalin e il XX Congresso del Partito si aprì progressivamente una nuova èra per le scienze sovietiche: gli ideologi ultraortodossi vennero gradualmente banditi, le riviste specialistiche tradotte in inglese, scienziati e filosofi cominciarono a discutere più o meno serenamente di cosmologia moderna (mea culpa di Ambartzumian nel 1956). Gli scienziati erano ora i giudici delle teorie cosmologiche, non più (o non solo) i filosofi; il diamat rimaneva il riferimento filosofico imprescindibile, ma in versione “modernizzata”. Pressoché unanime rimase invece la propaganda atea nelle scienze. Nonostante l’apertura scientifica all’Occidente, il BB venne inteso come teoria riguardante il Cosmo intero da parte di giovani scienziati post-staliniani, mentre limitata alla sola metagalassia da parte dei ‘conservatori’. Nel 1963, due giovani astrofisici sovietici predissero l’esistenza della CMBR. Sotto Brežnëv, la cosmologia sovietica portò a termine il proprio processo di modernizzazione, mettendosi al passo con l’Occidente; crescenti i contatti sovietici con cosmologi occidentali in suolo russo o straniero. La denominazione BB dovette attendere il 1978 per comparire in «AZ». Nel 1976, la Great Soviet Encyclopedia accolse tutte le istanze della cosmologia moderna. Sotto Gorbačëv, l’astrofisica sovietica tentò persino di anticipare COBE. Quarto capitolo: la Germania dell’Est. Dopo la guerra, l’influenza del diamat si diffuse nella parte della Germania occupata dall’Armata Rossa (dal 1949: DDR). La Zhdanovshchina vi trovò terreno fertile: gli scienziati tedesco-orientali, abituati per più di un decennio ai capisaldi dell’ideologia nazista, dovettero ora fare i conti con il diamat, sostenuto dai politici, dalle Kulturtagungen della SED e dai congressi del Partito. La propaganda riteneva la BRD responsabile della frammentazione politica e culturale tedesca, accusando gli scienziati tedesco-occidentali di ‘idealismo’ o ‘neotomismo’. «Urania», «Neue Welt», «Einheit» parteciparono attivamente alla campagna contro l’‘astronomia borghese’, campagna che entro pochi anni mise radici anche nella DDR, mentre nelle riviste specialistiche il dibattito cosmologico fu nei primi anni Cinquanta piuttosto sterile. Hollitscher subì provvedimenti (1951) per aver tenuto una serie di lezioni a Berlino senza essersi soffermato abbastanza sulla battaglia contro le ‘dottrine borghesi’ nelle scienze naturali. Ulbricht esortò accademici e scienziati a lasciare che il diamat permeasse l’indagine naturale, affermando che il Partito era particolarmente interessato alla fisica. Dopo Stalin, la morsa ideologica sulla cultura rimase attiva: la condanna politica ufficiale degli “errori” scientifici occidentali non venne meno. Nella seconda metà degli anni Cinquanta – dopo il XX Congresso del PCUS – nacque un movimento di critica al dogmatismo staliniano e in alcune riviste specialistiche e divulgative cominciò a comparire qualche articolo in più su temi della cosmologia moderna, mentre ideologi come Hager negavano pubblicamente e in maniera risoluta la scientificità della cosmologia dinamica. Nel 1963-64, la figura di Robert Havemann si impose all’attenzione nazionale per il temerario giudizio contro i classici del marxismo e il dogmatismo della cosmologia marxista. Nonostante la punizione inflitta ad Havemann, la retorica sull’ateismo e sul diamat in astronomia, alla fine degli anni Sessanta la cosmologia della DDR si avvicinò gradualmente a quella occidentale (ruolo della CMBR). Dagli anni Settanta, l’«Astronomische Nachrichten» pubblicò articoli cosmologici moderni con regolarità. Quando Honecker prese il potere (1971), la teoria del BB stava ottenendo un consenso internazionale crescente. Lo scontro tra materialismo e idealismo sussisteva ancora, ma in forma nuova. Pur non vietandone la discussione, i ‘conservatori’ continuarono a guardare con sospetto il BB. La comunità astronomica tedesco-orientale si trovò spesso divisa, come quella sovietica coeva, tra ‘innovatori’ (BB come teoria del Cosmo intero) e ‘conservatori’ (limitazione dell’espansione alla sola metagalassia): in comune vi era sempre il rifiuto del BB come teoria sostenente un inizio assoluto dell’Universo. Comunque inteso, negli anni Ottanta il BB divenne il modello standard anche nell’astrofisica della DDR. Quinto capitolo: la Chiesa Cattolica. Legata al dogma della creazione del Mondo, la teologia cattolica legge nei cieli la manifestazione della gloria divina e rinviene nel creato le tracce conducenti la ragione a Dio, secondo le indicazioni fornite da S. Paolo e dalla tradizione cattolica, per la quale a Dio si giunge per fede nella Rivelazione ma anche tramite argomentazioni razionali. I pontefici romani del XX secolo dovettero confrontarsi con una cosmologia che reclamava la necessità di attribuire all’Universo un’evoluzione di miliardi di anni e faceva della Via Lattea una tra le innumerevoli galassie. Sulla scia di Pio IX, Leone XIII negò che la Chiesa fosse di intralcio alla scienza naturale e condannò il socialismo quale forma fallace di risoluzione dei conflitti sociali (Rerum Novarum, 1891). S. Pio X si concentrò sulla lotta contro la dottrina filosofica del ‘modernismo’, che in molteplici forme sosteneva la variabilità (o evoluzione) temporale delle verità di fede. Con Pio XI, la Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei assunse il nome di Pontificia Accademia delle Scienze (1936). Papa Ratti fu un fermo assertore del dialogo tra scienza e fede e ammirava l’Universo, che nelle sue leggi sembrava manifestare una sapienza ordinatrice. Egli lottò duramente contro il bolscevismo (es. Divini Redemptoris, 1937) e contro la ‘scienza materialista’: il diamat negava la scala degli esseri viventi, l’esistenza di Dio, dell’anima, l’autorità della Chiesa, l’Incarnazione e i dogmi. Con Pio XII la cosmologia moderna fece il proprio ingresso ufficiale in Vaticano. Pacelli vedeva nell’Universo una scala a Dio e nell’astronomia una scienza privilegiata in tal senso; la Pontificia Accademia divenne protagonista di settimane di studio sulla cosmologia, e poté contare sulla presenza di membri devoti come Whittaker. Pio XII prese posizione più volte nei confronti dell’Universo dinamico, soprattutto nel 1951, sulla scia della scomunica del comunismo (1949), della Humani generis (1950), della polemica con lo Steady State (es. «CC» con Stein). Per il Papa l’Universo era caduco, e al fondo della sua mutabilità si rivelava l’essere immutabile per eccellenza, quel Dio che presiedette al «potente inizio» del Mondo (Fiat lux!). Il discorso del 1951 non fu oggetto di dogmi o di encicliche, ma rappresentava un’opinione privata di Pacelli in qualità di studioso delle scienze naturali e comunque teneva distinte fisica e metafisica. Esso generò tuttavia una violenta reazione da parte comunista e una vaticana interna. Pio XII non rinunciò mai a sostenere la vicinanza tra dottrina cattolica e scienze naturali moderne, né alla condanna del comunismo (1958: gli astronomi vaticani non poterono recarsi a Mosca). Con Giovanni XXIII, il Vaticano II, Paolo VI e l’‘aggiornamento’, la situazione venne stravolta. «CC» continuò a ribadire l’adesione alla cosmologia lemaîtriana, la condanna del diamat, dello Steady State e del modello ciclico. Nel 1967, tuttavia, 4 astronomi vaticani presero parte alla XIII Assemblea dell’U.A.I. a Praga. Nel 1970, la Pontificia Accademia ospitò Ambartzumian in Vaticano; nel 1975, l’Accademia consegnò la medaglia Pio XI a Hawking. Giovanni Paolo II sosteneva l’armonia tra scienza e religione, confermando comunque la distinzione tra fisica e metafisica. Il Vaticano continuò ad ospitare simposi astrofisici internazionali (es. 1979) e scienziati sovietici (es. 1981). Rispetto ai tempi di Pio XII, il BB costituiva negli anni Ottanta un modello cosmologico forte. Nel 1988, Giovanni Paolo II esortò i teologi a non rimanere passivi, ma ad acquisire competenze scientifiche per evitare un uso acritico di teorie come il BB. Nel 1992, la Pontificia Accademia ufficializzò le scoperte di COBE. Prese di posizione sulla cosmologia moderna vennero assunte anche da Benedetto XVI (es. 2010. 2011). Conclusione. Essendo l’uomo situato nell’Universo e non creatore del medesimo, non può escludersi che egli possa non giungere mai ad una teoria definitiva sul Mondo. La cosmologia ha interessato e interessa le generazioni umane succedutesi nel corso dei millenni più per gli interrogativi e le riflessioni da essa suscitate, che per le pretese di esaustività empirica. Se in cosmologia si può essere dogmatici almeno su un punto, ciò è la certezza che gli interrogativi cosmologici rappresentino parte integrante dell’esistenza umana. Nel caso del BB, se pure un giorno si riuscisse a determinare in che cosa esso sia consistito e – ipoteticamente – da che cosa sia stato generato, ebbene anche in tal caso emergerebbe inevitabilmente la domanda sulla causa scatenante la causa stessa del BB, in una sorta di regressus ad infinitum del quale forse, come affermato da S. Tommaso, non la fisica ma la metafisica può rappresentare il termine. Ciò che io ho presentato nel mio lavoro riguardo all’interazione tra uomo, società, filosofia, scienza specialistica e cosmologia a livello generale è solo uno scorcio minimale su una storia che viene scritta di continuo, all’interno di un libro le cui pagine sono in costante aggiornamento.

Cosmologia e ideologia: la teoria dell'espansione dell'Universo nello spazio pubblico (1922-1992) / Stenico, Mauro. - (2013), pp. 1-633.

Cosmologia e ideologia: la teoria dell'espansione dell'Universo nello spazio pubblico (1922-1992)

Stenico, Mauro
2013-01-01

Abstract

Cosmologia e ideologia: la teoria dell’espansione dell’Universo nello spazio pubblico (1922-1992). È a prima vista sorprendente sentir parlare di cosmologia moderna nel contesto di una tesi dottorale dedicata al tema della comunicazione politica: che cos’ha a che vedere, infatti, la teoria dell’Universo in espansione con tale àmbito? Superficialmente, la risposta potrebbe essere di puro scetticismo. Tuttavia, la documentazione da me vagliata in questi anni ha recato supporto ad una serie di ipotesi alle quali cominciai a lavorare ai tempi della laurea specialistica, confortato dalla lettura di un manuale di storia della cosmologia (Singh, 2004). Nonostante le difficoltà iniziali da me attraversate durante la ricerca – spesso i rapporti tra cosmologia moderna e politica sono tutt’altro che espliciti – risultati concreti cominciarono a giungere dopo qualche mese, portandomi infine a comporre una bibliografia consistente in documenti tratti da circa 50 tra riviste e quotidiani, ripartibili per: 1) Lingua: 26 in tedesco, 12 in inglese, 6 in italiano, 3 in francese, 5 in russo. 2) Settori di competenza: 7 di astronomia specialistica, 4 di astronomia divulgativa o semidivulgativa, 7 di fisica specialistica, 1 di fisica divulgativa, 9 di scienze varie specialistiche, 10 di scienze varie divulgative, 7 di filosofia o materia politico-sociale, 4 giornali. A ciò si aggiunga il materiale proveniente da interviste da me eseguite (6), archivi (2), filmografia, enciclopedie. Il materiale è stato raccolto in Italia, in Germania (Göttingen, Frankfurt a.M.), in Belgio, in Svizzera (CERN) e da oltre oceano tramite il Prestito Interbibliotecario di Trento. In tutto, la bibliografia conta 893 articoli e 408 monografie. Oggetto centrale della dissertazione è la teoria dell’espansione cosmica, per la quale l’Universo si troverebbe in uno stato di espansione da circa 13.7 miliardi di anni a partire da un BB primordiale, che la scienza non dichiara osservabile, ma al quale si giunge per estrapolazione. Friedmann (1922) e Lemaître (1927) elaborarono le loro proposte in forma ipotetica; nei decenni successivi vi furono osservazioni giudicate generalmente come prove empiriche: a parte il redshift, si devono citare il calcolo del numero degli elementi chimici primordiali, la CMBR e COBE (1992). Nella ricerca non ho voluto presentare tanto argomentazioni apologetiche sul BB, quanto mostrare il dibattito che la teoria ha generato, coinvolgendo livelli comunicativi vari: 1) Specialistico. 2) Teologico-filosofico. 3) Pubblico (divulgativo). 4) Politico. 5) Strumentale. È la cosmologia stessa a prestarsi al dibattito multidisciplinare. Pur non godendo di un consenso assoluto, il BB rappresenta oggi il paradigma astrofisico per eccellenza. Nell’introduzione della dissertazione, presento uno schema dei livelli comunicativi coinvolti nel dibattito, senza pretendere di procedere per “compartimenti stagni”, ossia per cesure nette tra uno e l’altro. Un singolo individuo, infatti, può essere coinvolto in più piani: non mi è stato possibile inserire la ricerca solo in alcuni di essi o in uno solamente, sebbene possa affermare di aver dato molto risalto al momento del pubblico-divulgativo. Si prenda, ad esempio, Lemaître: egli fu coinvolto nel livello specialistico, divulgativo, religioso, politico, strumentale. Primo capitolo: la cosmologia moderna. Nel primo capitolo ho tracciato una storia dell’ipotesi del BB. Grazie ad alcuni manuali guida (Kragh 1999, Singh 2004) mi sono potuto orientare nella lettura di documentazione specialistica e divulgativa, aggiungendo l’analisi del dibattito filosofico europeo sulla cosmologia moderna, del BB nel cinema, nella narrativa e nel contesto neocatastrofista. Ho rilevato come il contesto della Guerra Fredda e della ricerca nucleare abbia giocato un ruolo essenziale nell’elaborazione delle ipotesi sull’Universo primordiale (es. legame BB-bomba atomica). Mi sono in particolare concentrato sulla vicenda biografica di Lemaître. Ho desiderato mostrare come la filosofia, la teologia e pure l’estetica non siano state assenti dal dibattito. A fianco del BB, si sono sostenute altre ipotesi come lo Steady State e l’Universo ciclico, oggi generalmente dismesse. Tuttora la discussione sul BB prosegue. Secondo capitolo: la Germania dal 1918 al 1945. Nel caso tedesco del periodo 1918-45, un gruppo di scienziati e tecnici tentò di sfruttare un’ideologia dapprima diffusa a livello popolare (antigiudaismo) e poi al potere per contrastare la relatività generale e la cosmologia relativistica. Dai primi anni ‘20, fisici come Lenard e Stark e pubblicisti vari si opposero all’‘einsteinismo’ perché espressione dello ‘spirito giudaico’, cioè di uno stile superficiale e astratto (‘formalista’) di concepire la Natura. Secondo opuscoli dell’epoca, la ‘scienza giudaica’ rappresentava la sovversione dei valori tradizionali della scienza classica newtoniano-euclidea: falso il continuum spazio-temporale quadridimensionale, falsa la concezione di un Cosmo spazialmente finito. Nel 1920, una trentina di scienziati e tecnici fondò a Berlino un gruppo per la conservazione della purezza della scienza (Arbeitsgemeinschaft deutscher Naturforscher zur Erhaltung reiner Wissenschaft), gruppo che riteneva che solo la manipolazione dell’opinione pubblica a mezzo dei media – in mano ebraica – consentì la diffusione di una ‘suggestione di massa’ come la relatività, cosa che aveva condotto ad una crisi della ‘fisica tedesca’. Ora, la vicenda dei ‘fisici ariani’ è già da tempo nota agli studiosi; è stato mio interesse verificare se essa avesse un corrispettivo in campo cosmologico. Da quanto ho constatato, esistettero sì critici “ideologi” della cosmologia relativistica, ma essi operarono come “elementi sciolti”, ossia senza dar vita ad un movimento coeso. Gli anti-einsteinisti non ottennero nuova linfa dalle speranze riposte nell’NSDAP, nonostante gli appelli politici alla purezza della ‘cultura ariana’ (es. Mein Kampf). Gli sforzi degli anti-einsteinisti degli anni ’20 e ’30 si limitarono alla produzione di opere non prese in considerazione dal resto della comunità scientifica tedesca (es. Hundert Autoren gegen Einstein, 1931); Heckmann e Vogt, astrofisici membri dell’NSDAP, portarono avanti la disamina sulla cosmologia relativistica. L’inizio del III Reich modificò parzialmente la situazione: Einstein lasciò la Germania (1933) e fu contestato dal regime, Rosenberg encomiò Lenard e le sue opere (1929), Stark divenne Presidente della DPG (1934), Müller successe a Sommerfeld a Monaco (1939), il Partito vietò la diffusione di “Nature” (1938). Vi furono numerosi convegni nei quali politici vari enfatizzarono il ruolo della popolazione ‘nordica’ per l’astronomia; si poteva certamente citare di meno Einstein e la relatività; i ‘fisici ariani’ fecero sì proseliti all’estero tra fine anni ‘30 e inizio ‘40. Tuttavia, nella «Zeitschrift für Astrophysik», nella «Astronomische Nachrichten» e in riviste divulgative le pubblicazioni sulla cosmologia moderna furono presenti per tutta la durata del Reich. Alla fine del 1937, Rosenberg diramò un comunicato nel quale il Partito ammetteva una libera discussione sulle teorie fisiche coeve. Heisenberg poté anche contare sull’aiuto di Himmler per difendersi dalle accuse di Stark (‘ebreo bianco’). Nella seconda metà degli anni Trenta, Bruno Thüring tentò la costruzione di un’‘astrofisica tedesca’, accusando Einstein di aver ‘talmudizzato’ l’Universo. Ma, lasciati soli dal potere all’epoca del programma nucleare, i fisici e gli astronomi ‘ariani’ subirono dure sconfitte, preparate dal fisico Finkelnburg, tesserato del Partito: il 15 novembre 1940 a Monaco e l’1-3 novembre 1942 a Seefeld. Come ho mostrato, Thüring continuò la sua battaglia contro la relatività, la cosmologia relativistica e il Big Bang anche dopo il crollo del Reich, senza ottenere esiti notevoli. Terzo capitolo: l’Unione Sovietica. Il rapporto degli scienziati sovietici con la cosmologia risulterebbe poco comprensibile senza tener conto del diamat, filosofia ufficiale del PCUS. Dalle opere dei padri del materialismo si evince come la materia, eterna e infinita, sia soggetta a leggi dalle quali si sarebbero prodotte l’Universo e le sue forme materiali, legate all’accumulo, nel lungo periodo, di variazioni quantitative generanti un’improvvisa variazione qualitativa. La perpetua dinamicità della materia esclude ogni intervento esterno e configura un Cosmo in perenne mutamento. Sorge in tale contesto la distinzione tra una ‘scienza materialista’ e una ‘borghese’. Lenin chiamò a raccolta gli scienziati materialisti per la battaglia contro la ‘scienza occidentale’, ma il periodo della NEP (1921-28) lasciò relativa libertà in campo astronomico (es. Friedmann). Si crearono diverse posizioni sulla relatività e sulla cosmologia relativistica (l’ortodossia marxista le oppone critiche simili a quelle degli ‘ariani’). Con il trionfo di Stalin e la fine della NEP, la strategia staliniana del ‘Socialismo in un solo Paese’ trovò il suo corrispettivo nella ‘scienza proletaria’, espressa dallo Stato operaio, protagonista della Rivoluzione. Mentre a Stalin si tributavano onori quasi “divini”, i filosofi marxisti si fecero giudici delle dottrine scientifiche naturali; i congressi del Partito e culturali di quegli anni esortarono alla partiinost’, a rinvigorire la sorveglianza contro i ‘nemici’ e ad eliminare gli ultimi ‘residui capitalistici’ dalla mente del popolo (religione anzitutto): le scienze naturali divennero strumento della causa comunista e della propaganda antireligiosa, gli intellettuali-ideologi poterono scatenarsi, e le organizzazioni del Partito ‘bolscevizzavano’ riviste ed istituzioni scientifiche. La retorica del potere insisteva sul tracollo imminente del capitalismo e della ‘scienza borghese’. Gli astrofisici specialisti divennero filosofi marxisti in cosmologia, elaborando alternative varie alla ‘cosmologia borghese fideistica’, che sosteneva l’inizio e la fine del Mondo (tesi dell’alleanza occidentale tra Chiesa, scienza e capitale contro il comunismo). L’alternativa più usata fino al crollo dell’URSS fu declassare l’espansione da fenomeno globale a locale (metagalassia); negli anni ’30 e ’40 una discussione cosmologica specialistica fu assente in «AZ»: i ‘resistenti’ più ostinati morirono o subirono l’arresto nel corso delle Grandi Purghe, mentre alla fine del 1938 l’Accademia delle Scienze dettò la linea cosmologica ‘corretta’. Dopo la guerra, Zhdanov condusse la campagna ideologica definitiva (Zhdanovshchina) contro la ‘scienza borghese’ coeva, astronomia inclusa, troppo “teologizzata”. La comunità astronomica sovietica rimase coesa nel seguire la causa comunista e il diamat. Nel 1951, la polemica con l’Occidente si inasprì per la mancata convocazione dell’assemblea U.A.I. a Leningrado e per un discorso di Pio XII alla Pontificia Accademia delle Scienze. Dopo Stalin e il XX Congresso del Partito si aprì progressivamente una nuova èra per le scienze sovietiche: gli ideologi ultraortodossi vennero gradualmente banditi, le riviste specialistiche tradotte in inglese, scienziati e filosofi cominciarono a discutere più o meno serenamente di cosmologia moderna (mea culpa di Ambartzumian nel 1956). Gli scienziati erano ora i giudici delle teorie cosmologiche, non più (o non solo) i filosofi; il diamat rimaneva il riferimento filosofico imprescindibile, ma in versione “modernizzata”. Pressoché unanime rimase invece la propaganda atea nelle scienze. Nonostante l’apertura scientifica all’Occidente, il BB venne inteso come teoria riguardante il Cosmo intero da parte di giovani scienziati post-staliniani, mentre limitata alla sola metagalassia da parte dei ‘conservatori’. Nel 1963, due giovani astrofisici sovietici predissero l’esistenza della CMBR. Sotto Brežnëv, la cosmologia sovietica portò a termine il proprio processo di modernizzazione, mettendosi al passo con l’Occidente; crescenti i contatti sovietici con cosmologi occidentali in suolo russo o straniero. La denominazione BB dovette attendere il 1978 per comparire in «AZ». Nel 1976, la Great Soviet Encyclopedia accolse tutte le istanze della cosmologia moderna. Sotto Gorbačëv, l’astrofisica sovietica tentò persino di anticipare COBE. Quarto capitolo: la Germania dell’Est. Dopo la guerra, l’influenza del diamat si diffuse nella parte della Germania occupata dall’Armata Rossa (dal 1949: DDR). La Zhdanovshchina vi trovò terreno fertile: gli scienziati tedesco-orientali, abituati per più di un decennio ai capisaldi dell’ideologia nazista, dovettero ora fare i conti con il diamat, sostenuto dai politici, dalle Kulturtagungen della SED e dai congressi del Partito. La propaganda riteneva la BRD responsabile della frammentazione politica e culturale tedesca, accusando gli scienziati tedesco-occidentali di ‘idealismo’ o ‘neotomismo’. «Urania», «Neue Welt», «Einheit» parteciparono attivamente alla campagna contro l’‘astronomia borghese’, campagna che entro pochi anni mise radici anche nella DDR, mentre nelle riviste specialistiche il dibattito cosmologico fu nei primi anni Cinquanta piuttosto sterile. Hollitscher subì provvedimenti (1951) per aver tenuto una serie di lezioni a Berlino senza essersi soffermato abbastanza sulla battaglia contro le ‘dottrine borghesi’ nelle scienze naturali. Ulbricht esortò accademici e scienziati a lasciare che il diamat permeasse l’indagine naturale, affermando che il Partito era particolarmente interessato alla fisica. Dopo Stalin, la morsa ideologica sulla cultura rimase attiva: la condanna politica ufficiale degli “errori” scientifici occidentali non venne meno. Nella seconda metà degli anni Cinquanta – dopo il XX Congresso del PCUS – nacque un movimento di critica al dogmatismo staliniano e in alcune riviste specialistiche e divulgative cominciò a comparire qualche articolo in più su temi della cosmologia moderna, mentre ideologi come Hager negavano pubblicamente e in maniera risoluta la scientificità della cosmologia dinamica. Nel 1963-64, la figura di Robert Havemann si impose all’attenzione nazionale per il temerario giudizio contro i classici del marxismo e il dogmatismo della cosmologia marxista. Nonostante la punizione inflitta ad Havemann, la retorica sull’ateismo e sul diamat in astronomia, alla fine degli anni Sessanta la cosmologia della DDR si avvicinò gradualmente a quella occidentale (ruolo della CMBR). Dagli anni Settanta, l’«Astronomische Nachrichten» pubblicò articoli cosmologici moderni con regolarità. Quando Honecker prese il potere (1971), la teoria del BB stava ottenendo un consenso internazionale crescente. Lo scontro tra materialismo e idealismo sussisteva ancora, ma in forma nuova. Pur non vietandone la discussione, i ‘conservatori’ continuarono a guardare con sospetto il BB. La comunità astronomica tedesco-orientale si trovò spesso divisa, come quella sovietica coeva, tra ‘innovatori’ (BB come teoria del Cosmo intero) e ‘conservatori’ (limitazione dell’espansione alla sola metagalassia): in comune vi era sempre il rifiuto del BB come teoria sostenente un inizio assoluto dell’Universo. Comunque inteso, negli anni Ottanta il BB divenne il modello standard anche nell’astrofisica della DDR. Quinto capitolo: la Chiesa Cattolica. Legata al dogma della creazione del Mondo, la teologia cattolica legge nei cieli la manifestazione della gloria divina e rinviene nel creato le tracce conducenti la ragione a Dio, secondo le indicazioni fornite da S. Paolo e dalla tradizione cattolica, per la quale a Dio si giunge per fede nella Rivelazione ma anche tramite argomentazioni razionali. I pontefici romani del XX secolo dovettero confrontarsi con una cosmologia che reclamava la necessità di attribuire all’Universo un’evoluzione di miliardi di anni e faceva della Via Lattea una tra le innumerevoli galassie. Sulla scia di Pio IX, Leone XIII negò che la Chiesa fosse di intralcio alla scienza naturale e condannò il socialismo quale forma fallace di risoluzione dei conflitti sociali (Rerum Novarum, 1891). S. Pio X si concentrò sulla lotta contro la dottrina filosofica del ‘modernismo’, che in molteplici forme sosteneva la variabilità (o evoluzione) temporale delle verità di fede. Con Pio XI, la Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei assunse il nome di Pontificia Accademia delle Scienze (1936). Papa Ratti fu un fermo assertore del dialogo tra scienza e fede e ammirava l’Universo, che nelle sue leggi sembrava manifestare una sapienza ordinatrice. Egli lottò duramente contro il bolscevismo (es. Divini Redemptoris, 1937) e contro la ‘scienza materialista’: il diamat negava la scala degli esseri viventi, l’esistenza di Dio, dell’anima, l’autorità della Chiesa, l’Incarnazione e i dogmi. Con Pio XII la cosmologia moderna fece il proprio ingresso ufficiale in Vaticano. Pacelli vedeva nell’Universo una scala a Dio e nell’astronomia una scienza privilegiata in tal senso; la Pontificia Accademia divenne protagonista di settimane di studio sulla cosmologia, e poté contare sulla presenza di membri devoti come Whittaker. Pio XII prese posizione più volte nei confronti dell’Universo dinamico, soprattutto nel 1951, sulla scia della scomunica del comunismo (1949), della Humani generis (1950), della polemica con lo Steady State (es. «CC» con Stein). Per il Papa l’Universo era caduco, e al fondo della sua mutabilità si rivelava l’essere immutabile per eccellenza, quel Dio che presiedette al «potente inizio» del Mondo (Fiat lux!). Il discorso del 1951 non fu oggetto di dogmi o di encicliche, ma rappresentava un’opinione privata di Pacelli in qualità di studioso delle scienze naturali e comunque teneva distinte fisica e metafisica. Esso generò tuttavia una violenta reazione da parte comunista e una vaticana interna. Pio XII non rinunciò mai a sostenere la vicinanza tra dottrina cattolica e scienze naturali moderne, né alla condanna del comunismo (1958: gli astronomi vaticani non poterono recarsi a Mosca). Con Giovanni XXIII, il Vaticano II, Paolo VI e l’‘aggiornamento’, la situazione venne stravolta. «CC» continuò a ribadire l’adesione alla cosmologia lemaîtriana, la condanna del diamat, dello Steady State e del modello ciclico. Nel 1967, tuttavia, 4 astronomi vaticani presero parte alla XIII Assemblea dell’U.A.I. a Praga. Nel 1970, la Pontificia Accademia ospitò Ambartzumian in Vaticano; nel 1975, l’Accademia consegnò la medaglia Pio XI a Hawking. Giovanni Paolo II sosteneva l’armonia tra scienza e religione, confermando comunque la distinzione tra fisica e metafisica. Il Vaticano continuò ad ospitare simposi astrofisici internazionali (es. 1979) e scienziati sovietici (es. 1981). Rispetto ai tempi di Pio XII, il BB costituiva negli anni Ottanta un modello cosmologico forte. Nel 1988, Giovanni Paolo II esortò i teologi a non rimanere passivi, ma ad acquisire competenze scientifiche per evitare un uso acritico di teorie come il BB. Nel 1992, la Pontificia Accademia ufficializzò le scoperte di COBE. Prese di posizione sulla cosmologia moderna vennero assunte anche da Benedetto XVI (es. 2010. 2011). Conclusione. Essendo l’uomo situato nell’Universo e non creatore del medesimo, non può escludersi che egli possa non giungere mai ad una teoria definitiva sul Mondo. La cosmologia ha interessato e interessa le generazioni umane succedutesi nel corso dei millenni più per gli interrogativi e le riflessioni da essa suscitate, che per le pretese di esaustività empirica. Se in cosmologia si può essere dogmatici almeno su un punto, ciò è la certezza che gli interrogativi cosmologici rappresentino parte integrante dell’esistenza umana. Nel caso del BB, se pure un giorno si riuscisse a determinare in che cosa esso sia consistito e – ipoteticamente – da che cosa sia stato generato, ebbene anche in tal caso emergerebbe inevitabilmente la domanda sulla causa scatenante la causa stessa del BB, in una sorta di regressus ad infinitum del quale forse, come affermato da S. Tommaso, non la fisica ma la metafisica può rappresentare il termine. Ciò che io ho presentato nel mio lavoro riguardo all’interazione tra uomo, società, filosofia, scienza specialistica e cosmologia a livello generale è solo uno scorcio minimale su una storia che viene scritta di continuo, all’interno di un libro le cui pagine sono in costante aggiornamento.
2013
XXIV
2012-2013
Lettere e filosofia (29/10/12-)
Political Communication from the past to the twentieth century (in collaboration with Goethe Universität - Frankfurt am Main)
Mazzolini, Renato G.
no
Italiano
Settore M-STO/05 - Storia della Scienza e delle Tecniche
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