Questo saggio muove da una crescente insoddisfazione verso la riduzione della storia costituzionale a ricerca sull’origine e la circolazione dei cosiddetti “modelli costituzionali” e in particolare propone una riflessione critica sulla tradizionale applicazione del termine “governo parlamentare” per caratterizzare la forma di governo attuata nella monarchia liberale sarda prima e italiana poi sotto la vigenza dello Statuto Albertino dal 1848 sino al 1922. Prendendo le mosse 1) dalla convinzione che la forma di governo qui praticata poco si discostò nella pratica da quella delle altre monarchie costituzionali europee ottocentesche, anche da quella praticata nella Germania ottocentesca cosiddetta pseudo costituzionale (le monarchie costituzionali ottocentesche furono tutte fondate non sull’equilibrio dei poteri ma su un conflitto strutturale tra parlamento e governo più o meno palese, latente, e incessante, e soprattutto su un ruolo prevalentemente subordinato e/o difensivo del parlamento), 2) dalla convinzione che la cultura costituzionale sia fattore costituzionale di prim’ordine, 3) che, infine, anche l’utilizzazione novecentesca dell’espressione monarchia ‘parlamentare’ applicata all’Italia liberale altro non sia che il frutto di una meccanica ripresa del termine dalla dottrina giuspubblicistica ottocentesca interessata a sottolineare in funzione di legittimazione il carattere più liberale del nostro sistema politico-costituzionale rispetto a quello degli altri stati europei ottocenteschi, il presente studio si propone di indagare sul senso in cui il termine di governo parlamentare veniva utilizzato in particolare da due dei più grandi giuspubblicisti novecenteschi, e cioè Vittorio Emanuele Orlando, in prima fila nella costruzione dello Stato nazionale italiano, Giorgio Arcoleo, giuspubblicista noa appartenente alla scuola orlandiana e molto attento ai contributi che alla scienza di diritto pubblico potevano provenire dalle altre scienze sociali. Lo studio cerca in particolare di capire non solo se nel discorso di questi due giuristi alla ‘parola’ corrispondesse effettivamente ‘qualcosa’ e che cosa, e inoltre se quando in epoca liberale si usava il termine di governo parlamentare si intendesse davvero qualcosa di ben determinato e soprattutto di diverso dal governo (monarchico-)costituzionale. Si mostra in particolare come il termine di governo parlamentare sia per Orlando sia per Arcoleo fosse termine vago in senso politico e un non termine in senso giuridico; per entrambi la concretezza della realtà si poteva cogliere o ridare al meglio attraverso l’uso dell’espressione “governo di gabinetto”, al cui centro sta l’istituzione del gabinetto, tradotto in italiano l’istituzione del governo, e non certo il parlamento. Il saggio tenta di contribuire a porre le premesse affinchè su realtà e concetto della monarchia costituzionale si crei uno spazio europeo di discussione, uno spazio dove sia possibile attenuare le ‘specificità’, le ‘particolarità’ delle singole vie, ora al costituzionalismo, ora al parlamentarismo, e invece lasciar emergere le comunanze che furono certamente più importanti per chi voglia apprezzarle.
Il Sonderweg italiano al governo parlamentare: a proposito delle acquisizioni della più recente storiografia costituzionale italiana) / Manca, Anna Gianna. - In: QUADERNI FIORENTINI PER LA STORIA DEL PENSIERO GIURIDICO MODERNO. - ISSN 0392-1867. - STAMPA. - 33/34:(2005), pp. 1285-1333.
Il Sonderweg italiano al governo parlamentare: a proposito delle acquisizioni della più recente storiografia costituzionale italiana)
Manca, Anna Gianna
2005-01-01
Abstract
Questo saggio muove da una crescente insoddisfazione verso la riduzione della storia costituzionale a ricerca sull’origine e la circolazione dei cosiddetti “modelli costituzionali” e in particolare propone una riflessione critica sulla tradizionale applicazione del termine “governo parlamentare” per caratterizzare la forma di governo attuata nella monarchia liberale sarda prima e italiana poi sotto la vigenza dello Statuto Albertino dal 1848 sino al 1922. Prendendo le mosse 1) dalla convinzione che la forma di governo qui praticata poco si discostò nella pratica da quella delle altre monarchie costituzionali europee ottocentesche, anche da quella praticata nella Germania ottocentesca cosiddetta pseudo costituzionale (le monarchie costituzionali ottocentesche furono tutte fondate non sull’equilibrio dei poteri ma su un conflitto strutturale tra parlamento e governo più o meno palese, latente, e incessante, e soprattutto su un ruolo prevalentemente subordinato e/o difensivo del parlamento), 2) dalla convinzione che la cultura costituzionale sia fattore costituzionale di prim’ordine, 3) che, infine, anche l’utilizzazione novecentesca dell’espressione monarchia ‘parlamentare’ applicata all’Italia liberale altro non sia che il frutto di una meccanica ripresa del termine dalla dottrina giuspubblicistica ottocentesca interessata a sottolineare in funzione di legittimazione il carattere più liberale del nostro sistema politico-costituzionale rispetto a quello degli altri stati europei ottocenteschi, il presente studio si propone di indagare sul senso in cui il termine di governo parlamentare veniva utilizzato in particolare da due dei più grandi giuspubblicisti novecenteschi, e cioè Vittorio Emanuele Orlando, in prima fila nella costruzione dello Stato nazionale italiano, Giorgio Arcoleo, giuspubblicista noa appartenente alla scuola orlandiana e molto attento ai contributi che alla scienza di diritto pubblico potevano provenire dalle altre scienze sociali. Lo studio cerca in particolare di capire non solo se nel discorso di questi due giuristi alla ‘parola’ corrispondesse effettivamente ‘qualcosa’ e che cosa, e inoltre se quando in epoca liberale si usava il termine di governo parlamentare si intendesse davvero qualcosa di ben determinato e soprattutto di diverso dal governo (monarchico-)costituzionale. Si mostra in particolare come il termine di governo parlamentare sia per Orlando sia per Arcoleo fosse termine vago in senso politico e un non termine in senso giuridico; per entrambi la concretezza della realtà si poteva cogliere o ridare al meglio attraverso l’uso dell’espressione “governo di gabinetto”, al cui centro sta l’istituzione del gabinetto, tradotto in italiano l’istituzione del governo, e non certo il parlamento. Il saggio tenta di contribuire a porre le premesse affinchè su realtà e concetto della monarchia costituzionale si crei uno spazio europeo di discussione, uno spazio dove sia possibile attenuare le ‘specificità’, le ‘particolarità’ delle singole vie, ora al costituzionalismo, ora al parlamentarismo, e invece lasciar emergere le comunanze che furono certamente più importanti per chi voglia apprezzarle.File | Dimensione | Formato | |
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