Negli ultimi due decenni la regolazione del mercato del lavoro è stata al centro di un vivace dibattito per le sue possibili responsabilità rispetto all’elevata disoccupazione registrata in Europa. A fronte dei timori al riguardo, non pochi paesi di area Ocse hanno liberalizzato le proprie normative a tutela del lavoro. L’Italia, inserendosi in un percorso già ben tracciato in Europa continentale, ha optato per la deregolamentazione dei rapporti di lavoro cosidetti «atipici», indirizzati a particolari gruppi di lavoratori – soprattutto a coloro che devono accedere per la prima volta al mercato del lavoro – lasciando sostanzialmente intatta, sul piano normativo, la regolazione dei rapporti di impiego preesistenti. L’assunto che esista un dilemma tra uguaglianza e occupazione – un’assunzione tipicamente «offertista» dal punto di vista dell’economia del lavoro – e che dunque per aumentare la seconda si dovesse aumentare la disuguaglianza (salariale, normativa, e di cittadinanza sociale) nel mercato del lavoro, è stato assunto acriticamente e giustificato argomentando che l’adozione di un tale punto di vista all’interno delle politiche del lavoro avrebbe potuto, nel lungo periodo, portare all’inserimento lavorativo stabile anche delle componenti più deboli della forza lavoro. Il lavoro «flessibile» veniva – e viene ancora – presentato, dunque, come una sorta di «ingresso secondario» e transitorio nel mercato del lavoro standard. In questo articolo indagheremo le conseguenze di questi tentativi di flessibilizzazione, rispetto all’ingresso nel mercato del lavoro delle coorti più giovani. Ci chiediamo, in particolare, se queste misure abbiano effettivamente giovato all’inserimento occupazionale dei giovani o se non abbiano semplicemente creato nuova precarietà lavorativa, senza incidere sui problemi preesistenti.
Vite Svendute. Uno sguardo analitico alla costruzione sociale delle prossime generazioni di outsider / Barbieri, Paolo; Scherer, Stefani. - In: POLIS. - ISSN 1120-9488. - STAMPA. - 2007:3(2007), pp. 431-460.
Vite Svendute. Uno sguardo analitico alla costruzione sociale delle prossime generazioni di outsider
Barbieri, Paolo;Scherer, Stefani
2007-01-01
Abstract
Negli ultimi due decenni la regolazione del mercato del lavoro è stata al centro di un vivace dibattito per le sue possibili responsabilità rispetto all’elevata disoccupazione registrata in Europa. A fronte dei timori al riguardo, non pochi paesi di area Ocse hanno liberalizzato le proprie normative a tutela del lavoro. L’Italia, inserendosi in un percorso già ben tracciato in Europa continentale, ha optato per la deregolamentazione dei rapporti di lavoro cosidetti «atipici», indirizzati a particolari gruppi di lavoratori – soprattutto a coloro che devono accedere per la prima volta al mercato del lavoro – lasciando sostanzialmente intatta, sul piano normativo, la regolazione dei rapporti di impiego preesistenti. L’assunto che esista un dilemma tra uguaglianza e occupazione – un’assunzione tipicamente «offertista» dal punto di vista dell’economia del lavoro – e che dunque per aumentare la seconda si dovesse aumentare la disuguaglianza (salariale, normativa, e di cittadinanza sociale) nel mercato del lavoro, è stato assunto acriticamente e giustificato argomentando che l’adozione di un tale punto di vista all’interno delle politiche del lavoro avrebbe potuto, nel lungo periodo, portare all’inserimento lavorativo stabile anche delle componenti più deboli della forza lavoro. Il lavoro «flessibile» veniva – e viene ancora – presentato, dunque, come una sorta di «ingresso secondario» e transitorio nel mercato del lavoro standard. In questo articolo indagheremo le conseguenze di questi tentativi di flessibilizzazione, rispetto all’ingresso nel mercato del lavoro delle coorti più giovani. Ci chiediamo, in particolare, se queste misure abbiano effettivamente giovato all’inserimento occupazionale dei giovani o se non abbiano semplicemente creato nuova precarietà lavorativa, senza incidere sui problemi preesistenti.File | Dimensione | Formato | |
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