Il commento della sentenza della Corte di Cassazione n. 23556/2023 diviene l’occasione per ritornare su un tema poco approfondito dalla dottrina, quello della revisione critica del reato quale presupposto dell’accesso ai benefici penitenziari, tra cui le misure alternative, e del suo rapporto con il diritto alla professione di innocenza che deve essere riconosciuto non solo all’imputato ma anche al condannato, cioè anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza. La questione diventa ancora più spinosa ove a rilevare sia, come nel caso di specie, la condanna per un reato ostativo di cui all’art. 4-bis o.p., venendo in oggetto i rapporti tra professione di innocenza e collaborazione con la giustizia, a maggior ragione oggi, dopo la modifica della disciplina operata dal D.L. n. 162/2022, conv. in L. n. 199/2022, che ha reso la presunzione di immanenza dei collegamenti con il consesso mafioso formalmente relativa. L’approdo giurisprudenziale, che dunque appare condivisibile per la particolare enfasi posta sulla necessità di non confondere la revisione critica con il percorso di emenda morale e nel ritenerla pertanto possibile anche in costanza di una persistente professione di innocenza così come per l’accorato appello ad una sua adeguata valutazione anche laddove vengano in oggetto reati di rilevante gravità, permette all’Autrice di svolgere alcune considerazioni sulla recente riforma.
Revisione critica, professione di innocenza e accesso ai benefici penitenziari / Menghini, Antonia. - In: GIURISPRUDENZA ITALIANA. - ISSN 1125-3029. - STAMPA. - 2023:11(2023), pp. 2458-2465.
Revisione critica, professione di innocenza e accesso ai benefici penitenziari
Menghini, Antonia
2023-01-01
Abstract
Il commento della sentenza della Corte di Cassazione n. 23556/2023 diviene l’occasione per ritornare su un tema poco approfondito dalla dottrina, quello della revisione critica del reato quale presupposto dell’accesso ai benefici penitenziari, tra cui le misure alternative, e del suo rapporto con il diritto alla professione di innocenza che deve essere riconosciuto non solo all’imputato ma anche al condannato, cioè anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza. La questione diventa ancora più spinosa ove a rilevare sia, come nel caso di specie, la condanna per un reato ostativo di cui all’art. 4-bis o.p., venendo in oggetto i rapporti tra professione di innocenza e collaborazione con la giustizia, a maggior ragione oggi, dopo la modifica della disciplina operata dal D.L. n. 162/2022, conv. in L. n. 199/2022, che ha reso la presunzione di immanenza dei collegamenti con il consesso mafioso formalmente relativa. L’approdo giurisprudenziale, che dunque appare condivisibile per la particolare enfasi posta sulla necessità di non confondere la revisione critica con il percorso di emenda morale e nel ritenerla pertanto possibile anche in costanza di una persistente professione di innocenza così come per l’accorato appello ad una sua adeguata valutazione anche laddove vengano in oggetto reati di rilevante gravità, permette all’Autrice di svolgere alcune considerazioni sulla recente riforma.File | Dimensione | Formato | |
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