Il presente lavoro intende approfondire il tema della nascita nella filosofia di María Zambrano, indagando le diverse possibilità aperte da una tale prospettiva. In contrasto con una pregressa tradizione filosofica che ha accordato un netto privilegio alla morte, la filosofa spagnola sposta infatti l’attenzione sull’evento natale, rimodulando così l’intero suo pensiero all’interno di un orizzonte che riconosce il tratto proprio dell’umano nel suo “essere-natale” piuttosto che nel suo “essere-mortale” In un pensiero, come quello che María Zambrano ci offre, sempre inscindibilmente legato all’esperienza, è a partire dalla sua intensa biografia che si è scelto di approcciare il tema della filosofia della nascita. Il punto di partenza del lavoro che qui viene presentato coincide così con l’istante in cui per la prima volta la filosofa apre gli occhi al mondo, quel reiterato incipit vita nova che scandisce tutto il suo pensiero. All’interno delle vicende che hanno segnato la sua travagliata esistenza, in queste pagine viene dato particolare rilievo alla sua esperienza della maternità, aspetto tralasciato dalla critica e qui considerato come non privo di importanti implicazioni filosofiche. Tornare con il pensiero alla morte, per la maggior parte della sua esistenza tormentata, ha coinciso infatti per María Zambrano con il ripercorrere l’evento della nascita di quel figlio, costringendola a pensare nascita e morte insieme, all’interno di un paradosso dove era impossibile continuare a sostare. Dopo aver delineato i principali aspetti biografici della filosofa, segnati da quegli stati di totale abbandono che sperimenta durante la malattia e il lungo l’esilio, il percorso qui proposto si propone di delineare i principali aspetti teoretici del suo pensiero, approfondimento imprescindibile per addentrarsi adeguatamente nel complesso tema della sua filosofia della nascita. Viene qui messa in luce la presa di distanza della filosofa dal razionalismo occidentale, quella decisa rinuncia all’astrazione che nasce dall’accettazione che il commento sistematico non sia l’unico approccio possibile per avvicinarsi alla filosofia. Riconoscendo nel sentire la radice stessa dell’essere, María Zambrano si allontana infatti dalle astratte categorie della ragione per nutrirsi delle immagini che incontra nel suo cammino di esperienza, attingendo dal linguaggio della mistica e della poesia. Emerge così la possibilità di seguire una logica differente, un vero e proprio cammino di trasformazione che scardina le modalità di pensiero a cui siamo abituati per mostrarci altre possibilità e aprire nuovi orizzonti di senso. Si tratta di un pensiero che, senza mai recidere il legame con la realtà oscura e generativa, si rivela in grado di portare alla luce, sempre e nuovamente, quelle verità che non si lasciano rinchiudere nella gabbia di concetti puramente astratti. Una “ragione poetica” dunque, quella che la filosofa porta alla luce, così come viene solitamente e reiteratamente sottolineato, ma anche una “ragione materna”, in grado di generare un pensiero autenticamente fecondo. L’invito non è dunque quello di rinunciare al rigore metodologico, ma piuttosto quello di trovare altre vie che si discostano dai discorsi puramente sistematici, nel tentativo di riavvicinare il pensiero alla vita. Un esercizio di coerente fedeltà alla realtà stessa dunque che, come si cerca di mostrare in queste pagine, consente all’uomo di ricominciare a pensare dall’esperienza, a partire dalle entrañas (viscere), termine imprescindibile all’interno del pensiero della filosofa spagnola che indica la realtà generativa e materna. Le entrañas sono anche, significativamente, il simbolo di quel fecondo sapere femminile che qui ci si propone di riportare alla luce. È in questa prospettiva che s’inserisce anche il capitolo che indaga la relazione tra l’orizzonte della nascita e quello della maternità, per mostrare come, all’oblio filosofico dell’orizzonte della nascita, se ne affianchi un altro, di eguale portata, che riguarda l’offuscamento della sapienza materna. Non solo dunque una “filosofia della nascita”, quella che qui si cerca di delineare, ma anche e significativamente una “filosofia della maternità”, che mostra la possibilità di seguire una logica differente, in grado di portare alla luce ciò che è altro da sé, lasciando spazio all’inedito. Se alla nascita il pensiero filosofico ha dedicato scarsissima attenzione, si è ritenuto infatti necessario sottolineare come anche la maternità, simbolicamente e fisicamente tutta femminile, non sia mai stata posta al centro dell’attenzione dei filosofi. Un duplice oblio dunque, sul quale si è cercato di soffermarsi per comprendere e portare alla luce il pensiero generativo che la filosofa spagnola ci offre. Si tratta di provare a ritrovare fiducia nella fecondità del pensiero stesso, abbandonando l’abitudine di seguire sistemi puramente astratti, incapaci di indagare la realtà nelle sue pieghe più recondite. Un metodo, dunque, che invita a un ripensamento in ambito fenomenologico non relegato alle teorie della soggettività, in grado di esprimere l’essere nella sua interezza. Il cammino che María Zambrano ci indica attraverso il suo pensiero si rivela così come un percorso che apre alla vita e porta alla rivelazione di una nuova ragione. Allontanandosi dai concetti astratti e dalle vuote nozioni, la filosofa spagnola invita a seguire dunque, come si cerca di delineare nella parte finale della tesi, un metodo differente che, nutrendosi, come abbiamo precisato anteriormente, delle immagini che la filosofa incontra nel suo cammino di esperienza, si muove per irradiazione, illuminando dunque dall’interno, a partire da un “centro”. Nel sostituire alla chiusura del concetto la trascendenza dell’immagine, María Zambrano trasforma infatti il limite in apertura, consentendo quel reiterato movimento del nascere che è allo stesso tempo fedeltà alla realtà e trascendenza insieme. Sarà nel reiterato tentativo di raggiungere quel “centro” di visibilità pura, lì dove essere e pensiero coincidono, che il movimento del nascere si esplica. Un movimento trasformativo dunque, dove quell’anelata unità che María Zambrano vede incarnata nei “beati”, come qui si cerca di mostrare, non potrà mai essere raggiunta. È proprio in questa tensione continua dell’uomo verso l’unità sempre anelata che si annida la speranza, sostanza e fondo ultimo della nostra vita. Una speranza creatrice, quella che muove la filosofia della nascita in María Zambrano che si rivela autenticamente generativa proprio grazie alla sua capacità di farsi vuoto, senza cadere in ciò che è pre-costituto, pre-fabbricato, ma lasciando sempre, e nuovamente, spazio all’inedito. Non una speranza illusoria dunque, quella qui descritta, ma al contrario profondamente consapevole della sua realizzazione. Nella rinuncia all’astrazione, senza cadere nella gabbia mortifera della rigidità del concetto, María Zambrano mostra così la possibilità di seguire una logica differente che, grazie alla sua generatività, apre a cammini inesplorati. Nell’ultimo capitolo qui presentato, il pensiero di María Zambrano viene messo a confronto con la filosofia della nascita di un’altra grande pensatrice del Novecento, la filosofa tedesca Hannah Arendt, con l’intento di ampliarne l’orizzonte tematico, senza tuttavia cadere in facili parallelismi o pericolose semplificazioni. Il presente lavoro si chiude infine con un’Appendice dove vengono riportati alcuni manoscritti inediti custoditi presso la “Fundación María Zambrano” di Vélez-Málaga, scelti dalla dottoranda sulla base della loro relazione con i contenuti della tesi.

La filosofia della nascita in María Zambrano / Moretti, Manuela Giorgia. - (2023 Feb 24). [10.15168/11572_370547]

La filosofia della nascita in María Zambrano

Moretti, Manuela Giorgia
2023-02-24

Abstract

Il presente lavoro intende approfondire il tema della nascita nella filosofia di María Zambrano, indagando le diverse possibilità aperte da una tale prospettiva. In contrasto con una pregressa tradizione filosofica che ha accordato un netto privilegio alla morte, la filosofa spagnola sposta infatti l’attenzione sull’evento natale, rimodulando così l’intero suo pensiero all’interno di un orizzonte che riconosce il tratto proprio dell’umano nel suo “essere-natale” piuttosto che nel suo “essere-mortale” In un pensiero, come quello che María Zambrano ci offre, sempre inscindibilmente legato all’esperienza, è a partire dalla sua intensa biografia che si è scelto di approcciare il tema della filosofia della nascita. Il punto di partenza del lavoro che qui viene presentato coincide così con l’istante in cui per la prima volta la filosofa apre gli occhi al mondo, quel reiterato incipit vita nova che scandisce tutto il suo pensiero. All’interno delle vicende che hanno segnato la sua travagliata esistenza, in queste pagine viene dato particolare rilievo alla sua esperienza della maternità, aspetto tralasciato dalla critica e qui considerato come non privo di importanti implicazioni filosofiche. Tornare con il pensiero alla morte, per la maggior parte della sua esistenza tormentata, ha coinciso infatti per María Zambrano con il ripercorrere l’evento della nascita di quel figlio, costringendola a pensare nascita e morte insieme, all’interno di un paradosso dove era impossibile continuare a sostare. Dopo aver delineato i principali aspetti biografici della filosofa, segnati da quegli stati di totale abbandono che sperimenta durante la malattia e il lungo l’esilio, il percorso qui proposto si propone di delineare i principali aspetti teoretici del suo pensiero, approfondimento imprescindibile per addentrarsi adeguatamente nel complesso tema della sua filosofia della nascita. Viene qui messa in luce la presa di distanza della filosofa dal razionalismo occidentale, quella decisa rinuncia all’astrazione che nasce dall’accettazione che il commento sistematico non sia l’unico approccio possibile per avvicinarsi alla filosofia. Riconoscendo nel sentire la radice stessa dell’essere, María Zambrano si allontana infatti dalle astratte categorie della ragione per nutrirsi delle immagini che incontra nel suo cammino di esperienza, attingendo dal linguaggio della mistica e della poesia. Emerge così la possibilità di seguire una logica differente, un vero e proprio cammino di trasformazione che scardina le modalità di pensiero a cui siamo abituati per mostrarci altre possibilità e aprire nuovi orizzonti di senso. Si tratta di un pensiero che, senza mai recidere il legame con la realtà oscura e generativa, si rivela in grado di portare alla luce, sempre e nuovamente, quelle verità che non si lasciano rinchiudere nella gabbia di concetti puramente astratti. Una “ragione poetica” dunque, quella che la filosofa porta alla luce, così come viene solitamente e reiteratamente sottolineato, ma anche una “ragione materna”, in grado di generare un pensiero autenticamente fecondo. L’invito non è dunque quello di rinunciare al rigore metodologico, ma piuttosto quello di trovare altre vie che si discostano dai discorsi puramente sistematici, nel tentativo di riavvicinare il pensiero alla vita. Un esercizio di coerente fedeltà alla realtà stessa dunque che, come si cerca di mostrare in queste pagine, consente all’uomo di ricominciare a pensare dall’esperienza, a partire dalle entrañas (viscere), termine imprescindibile all’interno del pensiero della filosofa spagnola che indica la realtà generativa e materna. Le entrañas sono anche, significativamente, il simbolo di quel fecondo sapere femminile che qui ci si propone di riportare alla luce. È in questa prospettiva che s’inserisce anche il capitolo che indaga la relazione tra l’orizzonte della nascita e quello della maternità, per mostrare come, all’oblio filosofico dell’orizzonte della nascita, se ne affianchi un altro, di eguale portata, che riguarda l’offuscamento della sapienza materna. Non solo dunque una “filosofia della nascita”, quella che qui si cerca di delineare, ma anche e significativamente una “filosofia della maternità”, che mostra la possibilità di seguire una logica differente, in grado di portare alla luce ciò che è altro da sé, lasciando spazio all’inedito. Se alla nascita il pensiero filosofico ha dedicato scarsissima attenzione, si è ritenuto infatti necessario sottolineare come anche la maternità, simbolicamente e fisicamente tutta femminile, non sia mai stata posta al centro dell’attenzione dei filosofi. Un duplice oblio dunque, sul quale si è cercato di soffermarsi per comprendere e portare alla luce il pensiero generativo che la filosofa spagnola ci offre. Si tratta di provare a ritrovare fiducia nella fecondità del pensiero stesso, abbandonando l’abitudine di seguire sistemi puramente astratti, incapaci di indagare la realtà nelle sue pieghe più recondite. Un metodo, dunque, che invita a un ripensamento in ambito fenomenologico non relegato alle teorie della soggettività, in grado di esprimere l’essere nella sua interezza. Il cammino che María Zambrano ci indica attraverso il suo pensiero si rivela così come un percorso che apre alla vita e porta alla rivelazione di una nuova ragione. Allontanandosi dai concetti astratti e dalle vuote nozioni, la filosofa spagnola invita a seguire dunque, come si cerca di delineare nella parte finale della tesi, un metodo differente che, nutrendosi, come abbiamo precisato anteriormente, delle immagini che la filosofa incontra nel suo cammino di esperienza, si muove per irradiazione, illuminando dunque dall’interno, a partire da un “centro”. Nel sostituire alla chiusura del concetto la trascendenza dell’immagine, María Zambrano trasforma infatti il limite in apertura, consentendo quel reiterato movimento del nascere che è allo stesso tempo fedeltà alla realtà e trascendenza insieme. Sarà nel reiterato tentativo di raggiungere quel “centro” di visibilità pura, lì dove essere e pensiero coincidono, che il movimento del nascere si esplica. Un movimento trasformativo dunque, dove quell’anelata unità che María Zambrano vede incarnata nei “beati”, come qui si cerca di mostrare, non potrà mai essere raggiunta. È proprio in questa tensione continua dell’uomo verso l’unità sempre anelata che si annida la speranza, sostanza e fondo ultimo della nostra vita. Una speranza creatrice, quella che muove la filosofia della nascita in María Zambrano che si rivela autenticamente generativa proprio grazie alla sua capacità di farsi vuoto, senza cadere in ciò che è pre-costituto, pre-fabbricato, ma lasciando sempre, e nuovamente, spazio all’inedito. Non una speranza illusoria dunque, quella qui descritta, ma al contrario profondamente consapevole della sua realizzazione. Nella rinuncia all’astrazione, senza cadere nella gabbia mortifera della rigidità del concetto, María Zambrano mostra così la possibilità di seguire una logica differente che, grazie alla sua generatività, apre a cammini inesplorati. Nell’ultimo capitolo qui presentato, il pensiero di María Zambrano viene messo a confronto con la filosofia della nascita di un’altra grande pensatrice del Novecento, la filosofa tedesca Hannah Arendt, con l’intento di ampliarne l’orizzonte tematico, senza tuttavia cadere in facili parallelismi o pericolose semplificazioni. Il presente lavoro si chiude infine con un’Appendice dove vengono riportati alcuni manoscritti inediti custoditi presso la “Fundación María Zambrano” di Vélez-Málaga, scelti dalla dottoranda sulla base della loro relazione con i contenuti della tesi.
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Descrizione: Tesi dottorato Manuela Giorgia Moretti
Tipologia: Tesi di dottorato (Doctoral Thesis)
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