Il presente lavoro esamina struttura e funzione del giudizio avanti la Suprema Corte di Cassazione: in particolare l’attenzione è rivolta all’influsso esercitato dai numerosi interventi legislativi emanati nell’ultimo decennio per tentare di porre rimedio ai problemi che ormai da lungo tempo affliggono la Corte in termini di carico di lavoro, durata del processo, persuasività ed autorevolezza della sua giurisprudenza. A questi fini, dopo una breve illustrazione circa lo scopo dell’indagine, nel primo capitolo sono analizzate, anche sotto l’aspetto statistico, le problematiche inerenti alle sopravvenienze ed alle pendenze dei ricorsi, alla durata del giudizio ed ai contrasti giurisprudenziali interni alla stessa Cassazione, per poi prendere in considerazione le diverse soluzioni prospettate recentemente dal legislatore. Nel secondo capitolo tali riforme sono esaminate con specifico riferimento alla loro incidenza sulla struttura del giudizio di legiitmità, inclusi i criteri di redazione degli atti introduttivi. Esse da un lato hanno tentato di introdurre requisiti più stringenti in ordine alla formulazione del ricorso, sia in termini di inammissibilità sia incidendo sulla deducibilità del vizio di motivazione, dall’altro hanno modificato il procedimento vero e proprio col fine di stabilire modalità più snelle di definizione dei giudizi, prima istituendo un’apposita Sezione “spoglio” caratterizzata dal rito camerale e poi estendendo quest’ultimo a tutti i processi privi di rilievo nomofilattico. Caratteristica precipua di tale disamina è un costante raffronto con la disciplina del procedimento avanti le Sezioni Penali della Cassazione, ponendo in luce il forte debito che le riforme del rito civile portano verso quest’ultima. Nel terzo capitolo l’indagine si sposta sulle funzioni attribuite dall’art.65 ord.giud. alla Corte di Cassazione, cioè l’esatta osservanza della legge e la sua uniforme interpretazione, onde comprendere se anch’esse siano state incise dalle riforme. Si evidenzia in particolare come il senso attribuito al termine “nomofilachia” si sia evoluto nel tempo e sia attualmente diverso da quello ideato in origine da Calamandrei. Analizzando le funzioni summenzionate si tenta di comprendere come possano essere interpretate oggi, a settantacinque anni dalla loro introduzione. Alla luce di ciò si evidenzia come i recenti interventi legislativi, pur optando per una nuova concezione della nomofilachia, non siano riusciti a perseguirla in modo coerente ed unitario.
Struttura e funzione del nuovo giudizio in Cassazione / Mantovani, Nicole. - (2019), pp. 1-171.
Struttura e funzione del nuovo giudizio in Cassazione
Mantovani, Nicole
2019-01-01
Abstract
Il presente lavoro esamina struttura e funzione del giudizio avanti la Suprema Corte di Cassazione: in particolare l’attenzione è rivolta all’influsso esercitato dai numerosi interventi legislativi emanati nell’ultimo decennio per tentare di porre rimedio ai problemi che ormai da lungo tempo affliggono la Corte in termini di carico di lavoro, durata del processo, persuasività ed autorevolezza della sua giurisprudenza. A questi fini, dopo una breve illustrazione circa lo scopo dell’indagine, nel primo capitolo sono analizzate, anche sotto l’aspetto statistico, le problematiche inerenti alle sopravvenienze ed alle pendenze dei ricorsi, alla durata del giudizio ed ai contrasti giurisprudenziali interni alla stessa Cassazione, per poi prendere in considerazione le diverse soluzioni prospettate recentemente dal legislatore. Nel secondo capitolo tali riforme sono esaminate con specifico riferimento alla loro incidenza sulla struttura del giudizio di legiitmità, inclusi i criteri di redazione degli atti introduttivi. Esse da un lato hanno tentato di introdurre requisiti più stringenti in ordine alla formulazione del ricorso, sia in termini di inammissibilità sia incidendo sulla deducibilità del vizio di motivazione, dall’altro hanno modificato il procedimento vero e proprio col fine di stabilire modalità più snelle di definizione dei giudizi, prima istituendo un’apposita Sezione “spoglio” caratterizzata dal rito camerale e poi estendendo quest’ultimo a tutti i processi privi di rilievo nomofilattico. Caratteristica precipua di tale disamina è un costante raffronto con la disciplina del procedimento avanti le Sezioni Penali della Cassazione, ponendo in luce il forte debito che le riforme del rito civile portano verso quest’ultima. Nel terzo capitolo l’indagine si sposta sulle funzioni attribuite dall’art.65 ord.giud. alla Corte di Cassazione, cioè l’esatta osservanza della legge e la sua uniforme interpretazione, onde comprendere se anch’esse siano state incise dalle riforme. Si evidenzia in particolare come il senso attribuito al termine “nomofilachia” si sia evoluto nel tempo e sia attualmente diverso da quello ideato in origine da Calamandrei. Analizzando le funzioni summenzionate si tenta di comprendere come possano essere interpretate oggi, a settantacinque anni dalla loro introduzione. Alla luce di ciò si evidenzia come i recenti interventi legislativi, pur optando per una nuova concezione della nomofilachia, non siano riusciti a perseguirla in modo coerente ed unitario.File | Dimensione | Formato | |
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