In età altomedievale, così come in epoche precedenti e successive, la figura del cavaliere ha sempre avuto un ruolo di spicco nella società, sostenuto da fattori economici e culturali. Sin dai tempi in cui fu addomesticato e allevato, il cavallo divenne un simbolo di status, uno tra i maggiormente diffusi, indipendentemente dal periodo, dal luogo o dalla cultura e forse paragonabile, a livello di riconoscibilità, all’oro stesso. La manifestazione del rango di cavaliere trova declinazioni diverse, che differiscono in base ai contesti culturali e ai periodi. In questa tesi sono stati approfonditi gli aspetti legati all’ostentazione di questo status in ambito funerario tra il IV e l’VIII secolo d.C. nei territori a sud delle Alpi, precipuamente nella penisola italiana. Le sepolture, come accennato, differiscono tra loro e i dettagli per riconoscere l’inumato come cavaliere sono molteplici: in età tardoantica, ad esempio, il ragno era espresso attraverso la stele, che in alcuni casi tratteggiava iconograficamente il defunto in compagnia della sua cavalcatura, rendendo immediatamente riconoscibile la sua posizione sociale. Nel caso delle sepolture abbigliate invece il riferimento al mondo equestre era rimarcato nel momento del funerale secondo due modalità principali. La prima prevedeva l’inserimento dell’equipaggiamento equestre nel corredo funebre. La seconda consisteva nell’uccisione di un cavallo e la successiva deposizione all’interno della medesima tomba o in una fossa adiacente alla sepoltura del defunto. Non si può però assumere come immediata e sempre valevole la formula per cui lo scheletro di un equino, all’interno o nelle vicinanze di una tomba, identifichi automaticamente l’inumato come cavaliere. Lo studio delle tombe di cavaliere è stato condotto seguendo questi due principali filoni di ricerca e, sebbene l’argomento sia stato già affrontato a livello europeo, come si evince anche dall’osservazione delle carte di distribuzione dei materiali pertinenti l’equipaggiamento equestre e delle sepolture con cavallo, la penisola italiana è finora rimasta laconicamente periferica nella trattazione. Mancando un lavoro di sintesi che affrontasse in modo sistematico l’argomento per quest’area, si è condotto lo studio attraverso: - lo spoglio dell’edito col fine di raccogliere le attestazioni note (e in alcuni casi inedite) relative agli speroni, alle imboccature, agli elementi metallici dei finimenti e della sella, e alle staffe; - lo spoglio dell’edito col fine di raccogliere le attestazioni note relative alle sepolture intenzionali di cavalli. Lo studio dei materiali, imprescindibile per la comprensione dei contesti culturali, è stato affrontato prendendo come riferimento la letteratura straniera, che si era già trovata ad affrontare le problematiche relative a questi tipi di oggetti (in primis la riconoscibilità) e a proporre delle tipologie dedicate. La raccolta dei dati per il territorio peninsulare a sud delle Alpi rappresenta un momento importante, in quanto si tratta di un’area che è stata crocevia di influssi culturali diversi, in cui sono stati rielaborati vecchi elementi dell’attrezzatura equestre o accolte nuove tecnologie in questo campo. La raccolta delle attestazioni pertinenti le sepolture intenzionali di cavalli ha portato a riconoscere una situazione complessa, molto distante da quanto è stato tratteggiato a volte nella letteratura dedicata, in cui questo costume funerario è stato derubricato a una semplice manifestazione di competizione sociale. Innanzitutto, le numerose testimonianze raccolte sono state suddivise in base alle cause che hanno condotto alla sepoltura intenzionale degli animali, che non sempre può essere messa in relazione con la deposizione di cavalieri. Queste possono essere ricondotte anche a pratiche igieniche, cerimoniali (sacrificio in occasione di riti di fondazione o religiosi), o puramente affettive. In secondo luogo, sono state prese in considerazione le informazioni provenienti dalle indagini a carattere archeozoologico, che possono fornire dati preziosi per inquadrare il costume. Incrociando questi dati con lo studio dei materiali e dei contesti è stato possibile individuare delle peculiarità nel rito, che possono essere ricondotte ad aree e gruppi specifici. Inoltre, lo studio dell’associazione dei materiali nei corredi funerari riferibili all’equitazione ha permesso di riconoscere lo sviluppo di un linguaggio equestre, impiegato in circostanze che esulano dall’andare a cavallo, che è in parte nato in età altomedievale, e si è mantenuto in epoche successive.
Sepolture di cavalieri e cavalli in Italia tra IV e VIII secolo d.C. Testimonianze archeologiche e contesti culturali / Dalba, Michele. - (2019), pp. 1-914.
Sepolture di cavalieri e cavalli in Italia tra IV e VIII secolo d.C. Testimonianze archeologiche e contesti culturali
Dalba, Michele
2019-01-01
Abstract
In età altomedievale, così come in epoche precedenti e successive, la figura del cavaliere ha sempre avuto un ruolo di spicco nella società, sostenuto da fattori economici e culturali. Sin dai tempi in cui fu addomesticato e allevato, il cavallo divenne un simbolo di status, uno tra i maggiormente diffusi, indipendentemente dal periodo, dal luogo o dalla cultura e forse paragonabile, a livello di riconoscibilità, all’oro stesso. La manifestazione del rango di cavaliere trova declinazioni diverse, che differiscono in base ai contesti culturali e ai periodi. In questa tesi sono stati approfonditi gli aspetti legati all’ostentazione di questo status in ambito funerario tra il IV e l’VIII secolo d.C. nei territori a sud delle Alpi, precipuamente nella penisola italiana. Le sepolture, come accennato, differiscono tra loro e i dettagli per riconoscere l’inumato come cavaliere sono molteplici: in età tardoantica, ad esempio, il ragno era espresso attraverso la stele, che in alcuni casi tratteggiava iconograficamente il defunto in compagnia della sua cavalcatura, rendendo immediatamente riconoscibile la sua posizione sociale. Nel caso delle sepolture abbigliate invece il riferimento al mondo equestre era rimarcato nel momento del funerale secondo due modalità principali. La prima prevedeva l’inserimento dell’equipaggiamento equestre nel corredo funebre. La seconda consisteva nell’uccisione di un cavallo e la successiva deposizione all’interno della medesima tomba o in una fossa adiacente alla sepoltura del defunto. Non si può però assumere come immediata e sempre valevole la formula per cui lo scheletro di un equino, all’interno o nelle vicinanze di una tomba, identifichi automaticamente l’inumato come cavaliere. Lo studio delle tombe di cavaliere è stato condotto seguendo questi due principali filoni di ricerca e, sebbene l’argomento sia stato già affrontato a livello europeo, come si evince anche dall’osservazione delle carte di distribuzione dei materiali pertinenti l’equipaggiamento equestre e delle sepolture con cavallo, la penisola italiana è finora rimasta laconicamente periferica nella trattazione. Mancando un lavoro di sintesi che affrontasse in modo sistematico l’argomento per quest’area, si è condotto lo studio attraverso: - lo spoglio dell’edito col fine di raccogliere le attestazioni note (e in alcuni casi inedite) relative agli speroni, alle imboccature, agli elementi metallici dei finimenti e della sella, e alle staffe; - lo spoglio dell’edito col fine di raccogliere le attestazioni note relative alle sepolture intenzionali di cavalli. Lo studio dei materiali, imprescindibile per la comprensione dei contesti culturali, è stato affrontato prendendo come riferimento la letteratura straniera, che si era già trovata ad affrontare le problematiche relative a questi tipi di oggetti (in primis la riconoscibilità) e a proporre delle tipologie dedicate. La raccolta dei dati per il territorio peninsulare a sud delle Alpi rappresenta un momento importante, in quanto si tratta di un’area che è stata crocevia di influssi culturali diversi, in cui sono stati rielaborati vecchi elementi dell’attrezzatura equestre o accolte nuove tecnologie in questo campo. La raccolta delle attestazioni pertinenti le sepolture intenzionali di cavalli ha portato a riconoscere una situazione complessa, molto distante da quanto è stato tratteggiato a volte nella letteratura dedicata, in cui questo costume funerario è stato derubricato a una semplice manifestazione di competizione sociale. Innanzitutto, le numerose testimonianze raccolte sono state suddivise in base alle cause che hanno condotto alla sepoltura intenzionale degli animali, che non sempre può essere messa in relazione con la deposizione di cavalieri. Queste possono essere ricondotte anche a pratiche igieniche, cerimoniali (sacrificio in occasione di riti di fondazione o religiosi), o puramente affettive. In secondo luogo, sono state prese in considerazione le informazioni provenienti dalle indagini a carattere archeozoologico, che possono fornire dati preziosi per inquadrare il costume. Incrociando questi dati con lo studio dei materiali e dei contesti è stato possibile individuare delle peculiarità nel rito, che possono essere ricondotte ad aree e gruppi specifici. Inoltre, lo studio dell’associazione dei materiali nei corredi funerari riferibili all’equitazione ha permesso di riconoscere lo sviluppo di un linguaggio equestre, impiegato in circostanze che esulano dall’andare a cavallo, che è in parte nato in età altomedievale, e si è mantenuto in epoche successive.File | Dimensione | Formato | |
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