Il lavoro si concentra sulla sintassi, la semantica e la pragmatica della particella pa (o po) nelle varietà del ladino dolomitico, con particolare attenzione al suo impiego nel fassano. Questa particella presenta caratteristiche e funzioni diverse nelle varietà esaminate: in ampezzano e in fodóm pa serve come particella modale che esprime un atteggiamento del parlante, in badiotto e in gardenese funziona come marcatore interrogativo obbligatorio. In fassano la particella non è obbligatoria, pur essendo molto frequente nelle frasi interrogative, dove tuttavia non pare svolgere una funzione modale. Per illustrare e analizzare le diverse proprietà della particella nelle varietà considerate, la tesi è organizzata in cinque capitoli, dei quali i primi due sono dedicati a presentare le proprietà generali delle particelle modali (MP) e le ipotesi proposte sulla struttura in cui si manifestano, mentre gli ultimi tre sono dedicati alla descrizione degli usi e all'analisi della particella interrogativa pa/po nelle varietà ladine. Nel primo capitolo sono presentate le caratteristiche delle MP e sono discussi vari esempi ripresi in particolare dal tedesco (doch, denn) e dall'italiano (mai, poi). Per quanto concerne il quadro teorico, è adottata la cosiddetta split CP hypothesis di Rizzi (2001), che permette di cogliere l’interazione tra la modalità veicolata dalle particelle e la struttura sintattica della frase. Nel secondo capitolo sono prese in considerazione le particelle modali usate nell’italiano regionale (ben e mica) e nei dialetti parlati nel Veneto e nel Trentino (lu, ti, mo, po), che sono messe a confronto con le particelle usate in italiano e in tedesco, introdotte nel primo capitolo. Tale confronto suggerisce l’esistenza di tre tipi di posizione in cui possono apparire le particelle: iniziale, interno e finale. Le particelle nelle posizioni interne hanno avuto vari processi di grammaticalizzazione che coinvolgono il cambiamento della posizione sintattica, mentre le particelle che appaiono nelle posizioni iniziali o finali si evolvono in maniera relativamente semplice. Il terzo capitolo si concentra sull'uso di pa (e delle sue varianti po, a) nelle varietà ladine. Le particelle modali nel ladino dolomitico sono analizzate in accordo con le ipotesi sulla periferia sinistra della frase presentate nei capitoli 1 e 2. In particolare, la descrizione dettagliata degli usi di pa in frasi interrogative suggerisce l’esistenza di un processo di grammaticalizzazione dell’avverbio temporale, che lo trasforma in marcatore interrogativo obbligatorio, con una fase intermedia che ri-categorizza l'avverbio come particella modale (in accordo con la proposta di Hack 2011 e 2014). Al processo di grammaticalizzazione della particella pa è dedicato il quarto capitolo, che riprende in prospettiva diacronica l'analisi di grammaticalizzazione proposta da Hack (2011 e 2014). I dati in diacronia sono selezionati mediante interrogazione del Corpus dl Ladin Leterar, e servono a mostrare le frequenze e i contesti d'uso della particella nel tempo (XIX e XX secolo) e nelle diverse varietà ladine. I dati evidenziano l'esistenza di processi di grammaticalizzazione che si trovano in fasi diverse nelle varietà del ladino dolomitico, con l'ampezzano e il fodom nella prima fase, il fassano nella fase successiva, il badiotto e il marebbano in fase avanzata, e il gardenese nella fase estrema. Il quinto capitolo è dedicato al fassano, che sembra rappresentare una varietà di transizione, poiché è l’unica in cui la particella ha perso il valore modale, ma non ha ancora acquisito obbligatorietà. Per descrivere dettagliatamente l'uso di pa nel fassano, sono state condotte due inchieste. La prima ha coinvolto 75 studenti di varie località nella valle, la seconda invece 27 parlanti di diverse età e località. L’analisi svolta sui dati raccolti mostra che l'uso della particella è influenzato da fattori diatopici, dalla standardizzazione linguistica degli anni Ottanta, e dal ruolo svolto dalla scuola per l'insegnamento della lingua ladina. La complessità dell’uso della particella in questa varietà viene interpretata seguendo l’ipotesi avanzata da Benincà & Damonte (2009): l’omissibilità della particella è dovuta alla scelta libera tra la particella pa e un elemento foneticamente non realizzato. Inoltre, in alcune sotto-varietà fassane, la scolarizzazione ha dato luogo a una varietà intra-individuale normativa in cui l’uso della particella è preferito. In conclusione, il lavoro mostra l’evoluzione diacronica della particella pa su una linea che ha la sua origine nell’avverbio temporale, si sviluppa con la particella modale e termina con il marcatore interrogativo. Sulla base della split CP hypothesis, questo sviluppo è interpretato come un cambiamento della maniera in cui la particella interagisce con la proiezione etichettata FP (Force), dove si codificano il tipo di frase e la sua forza illocutiva. Il lavoro sulla particella pa si inserisce perciò nel quadro degli studi volti a descrivere la struttura e le proprietà della periferia sinistra della frase, e contribuisce con dati nuovi alla discussione sul rapporto tra "discorso" e "sintassi".

La particella pa nelle varietà del ladino dolomitico con particolare attenzione al fassano / Dohi, Atsushi. - (2019), pp. 1-276.

La particella pa nelle varietà del ladino dolomitico con particolare attenzione al fassano

Dohi, Atsushi
2019-01-01

Abstract

Il lavoro si concentra sulla sintassi, la semantica e la pragmatica della particella pa (o po) nelle varietà del ladino dolomitico, con particolare attenzione al suo impiego nel fassano. Questa particella presenta caratteristiche e funzioni diverse nelle varietà esaminate: in ampezzano e in fodóm pa serve come particella modale che esprime un atteggiamento del parlante, in badiotto e in gardenese funziona come marcatore interrogativo obbligatorio. In fassano la particella non è obbligatoria, pur essendo molto frequente nelle frasi interrogative, dove tuttavia non pare svolgere una funzione modale. Per illustrare e analizzare le diverse proprietà della particella nelle varietà considerate, la tesi è organizzata in cinque capitoli, dei quali i primi due sono dedicati a presentare le proprietà generali delle particelle modali (MP) e le ipotesi proposte sulla struttura in cui si manifestano, mentre gli ultimi tre sono dedicati alla descrizione degli usi e all'analisi della particella interrogativa pa/po nelle varietà ladine. Nel primo capitolo sono presentate le caratteristiche delle MP e sono discussi vari esempi ripresi in particolare dal tedesco (doch, denn) e dall'italiano (mai, poi). Per quanto concerne il quadro teorico, è adottata la cosiddetta split CP hypothesis di Rizzi (2001), che permette di cogliere l’interazione tra la modalità veicolata dalle particelle e la struttura sintattica della frase. Nel secondo capitolo sono prese in considerazione le particelle modali usate nell’italiano regionale (ben e mica) e nei dialetti parlati nel Veneto e nel Trentino (lu, ti, mo, po), che sono messe a confronto con le particelle usate in italiano e in tedesco, introdotte nel primo capitolo. Tale confronto suggerisce l’esistenza di tre tipi di posizione in cui possono apparire le particelle: iniziale, interno e finale. Le particelle nelle posizioni interne hanno avuto vari processi di grammaticalizzazione che coinvolgono il cambiamento della posizione sintattica, mentre le particelle che appaiono nelle posizioni iniziali o finali si evolvono in maniera relativamente semplice. Il terzo capitolo si concentra sull'uso di pa (e delle sue varianti po, a) nelle varietà ladine. Le particelle modali nel ladino dolomitico sono analizzate in accordo con le ipotesi sulla periferia sinistra della frase presentate nei capitoli 1 e 2. In particolare, la descrizione dettagliata degli usi di pa in frasi interrogative suggerisce l’esistenza di un processo di grammaticalizzazione dell’avverbio temporale, che lo trasforma in marcatore interrogativo obbligatorio, con una fase intermedia che ri-categorizza l'avverbio come particella modale (in accordo con la proposta di Hack 2011 e 2014). Al processo di grammaticalizzazione della particella pa è dedicato il quarto capitolo, che riprende in prospettiva diacronica l'analisi di grammaticalizzazione proposta da Hack (2011 e 2014). I dati in diacronia sono selezionati mediante interrogazione del Corpus dl Ladin Leterar, e servono a mostrare le frequenze e i contesti d'uso della particella nel tempo (XIX e XX secolo) e nelle diverse varietà ladine. I dati evidenziano l'esistenza di processi di grammaticalizzazione che si trovano in fasi diverse nelle varietà del ladino dolomitico, con l'ampezzano e il fodom nella prima fase, il fassano nella fase successiva, il badiotto e il marebbano in fase avanzata, e il gardenese nella fase estrema. Il quinto capitolo è dedicato al fassano, che sembra rappresentare una varietà di transizione, poiché è l’unica in cui la particella ha perso il valore modale, ma non ha ancora acquisito obbligatorietà. Per descrivere dettagliatamente l'uso di pa nel fassano, sono state condotte due inchieste. La prima ha coinvolto 75 studenti di varie località nella valle, la seconda invece 27 parlanti di diverse età e località. L’analisi svolta sui dati raccolti mostra che l'uso della particella è influenzato da fattori diatopici, dalla standardizzazione linguistica degli anni Ottanta, e dal ruolo svolto dalla scuola per l'insegnamento della lingua ladina. La complessità dell’uso della particella in questa varietà viene interpretata seguendo l’ipotesi avanzata da Benincà & Damonte (2009): l’omissibilità della particella è dovuta alla scelta libera tra la particella pa e un elemento foneticamente non realizzato. Inoltre, in alcune sotto-varietà fassane, la scolarizzazione ha dato luogo a una varietà intra-individuale normativa in cui l’uso della particella è preferito. In conclusione, il lavoro mostra l’evoluzione diacronica della particella pa su una linea che ha la sua origine nell’avverbio temporale, si sviluppa con la particella modale e termina con il marcatore interrogativo. Sulla base della split CP hypothesis, questo sviluppo è interpretato come un cambiamento della maniera in cui la particella interagisce con la proiezione etichettata FP (Force), dove si codificano il tipo di frase e la sua forza illocutiva. Il lavoro sulla particella pa si inserisce perciò nel quadro degli studi volti a descrivere la struttura e le proprietà della periferia sinistra della frase, e contribuisce con dati nuovi alla discussione sul rapporto tra "discorso" e "sintassi".
2019
XXX
2018-2019
Lettere e filosofia (29/10/12-)
Humanities
Cordin, Patrizia
Kurosawa, Naotoshi
no
Italiano
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