La tesi ricostruisce l’evoluzione del pensiero di Eugen Fink, dalla meditazione fenomenologica degli anni Trenta alla filosofia cosmologica del dopoguerra, inaugurata nel 1946 dallo scritto Nietzsches Metaphysik des Spiels, mostrando come sia improprio parlare di una “svolta” cosmologica nel pensiero finkiano e scorgendo anzi nella Weltfrage, oltre che nel concetto della “meontica”, il filo conduttore che consente di cogliere la continuità della riflessione del filosofo: la questione cosmologica non entra in scena con il dopoguerra, ma è anzi ciò che motiva l’interesse di Fink per la fenomenologia di Husserl, costituendo il banco di prova di fronte al quale si deve provare la validità del metodo fenomenologico. Ulteriore scopo del lavoro è far emergere l’originalità della filosofia finkiana sia rispetto a Husserl, sia e soprattutto rispetto a Heidegger, sulla base dei manoscritti inediti conservati presso l’Universitätsarchiv della Albert-Ludwigs-Universität di Freiburg im Breisgau – di cui si propongono, tradotti, alcuni passi – nonché attraverso confronti più circoscritti con una serie di altri autori (tra i quali Marx, Adorno, Gehlen e, soprattutto, Patočka). Dopo un’introduzione volta a ricostruire lo stato attuale delle ricerche e le principali interpretazioni dell’opera finkiana, il primo capitolo illustra gli elementi di novità che la Sesta meditazione cartesiana introduce rispetto all’impostazione husserliana, individuando in tale scritto la prima effettiva presa di distanza di Fink dal maestro e scorgendo l’originalità del contributo finkiano soprattutto nel ruolo assegnato allo spettatore trascendentale, concepito come mero “esponente funzionale” della riflessione fenomenologica, operante uno sfondamento del piano ontologico della coscienza trascendentale. Dopo avere mostrato il debito di Fink nei confronti di Hegel per la concezione dialettica dell’Assoluto fenomenologico, si illustrano le differenze tra Fink e Husserl nel modo di intendere la “mondanizzazione secondaria”, nonché le ripercussioni della teoria della riduzione come de-umanizzazione (Entmenschung) sui compiti pedagogici della fenomenologia e in relazione alla possibilità di un’etica fenomenologica. Trait d’union tra primo e secondo capitolo è la critica del concetto husserliano di mondo. Il secondo capitolo muove da un confronto tra l’interpretazione heideggeriana di Hegel e quella finkiana, incentrata sul concetto cosmologico della “Vita”, per poi svolgere un confronto tra differenza ontologica e differenza cosmologica, principalmente alla luce del Colloquio sulla Dialettica e dell’Heraklit-Seminar, mostrando come la cosmologia finkiana, lungi dall’essere una mera integrazione dell’ontologia di Heidegger, implichi una diversa concezione dell’essere, realizzando una vera e propria “rivoluzione della comprensione ontologica”, che sfocia in una differente esplicazione della libertà, vista non più come corrispondenza alla chiamata dell’Essere all’interno dell’Ereignis, ma come l’auto-produzione (Selbstherstellung) dell’uomo. Il terzo capitolo mostra infine come la filosofia finkiana del dopoguerra sia di fatto l’articolazione cosmologica di quella “Lehre von der Freiheit” che costituiva il nucleo profondo della stessa fenomenologia husserliana: l’esame del gioco quale essenza positiva della libertà, il confronto con Patočka, e, non da ultimo, una lettura fenomenologica della nietzscheana “trasvalutazione dei valori”, sono i momenti teoretici che consentono di delineare i tratti di una originale e inedita “fenomenologia della libertà”, nella quale si esprime il medesimo ideale finkiano – inaugurato dalla radicalizzazione della riduzione fenomenologica come “riduzione tematica dell’idea di essere” nella Sesta meditazione cartesiana – della filosofia quale liberazione dall’ “irretimento mondano” (“Weltbefangenheit”).

Mondo, libertà, finitezza: Eugen Fink e la questione meontica dell'origine / Cervo, Giulia Roberta. - (2017), pp. 1-308.

Mondo, libertà, finitezza: Eugen Fink e la questione meontica dell'origine

Cervo, Giulia Roberta
2017-01-01

Abstract

La tesi ricostruisce l’evoluzione del pensiero di Eugen Fink, dalla meditazione fenomenologica degli anni Trenta alla filosofia cosmologica del dopoguerra, inaugurata nel 1946 dallo scritto Nietzsches Metaphysik des Spiels, mostrando come sia improprio parlare di una “svolta” cosmologica nel pensiero finkiano e scorgendo anzi nella Weltfrage, oltre che nel concetto della “meontica”, il filo conduttore che consente di cogliere la continuità della riflessione del filosofo: la questione cosmologica non entra in scena con il dopoguerra, ma è anzi ciò che motiva l’interesse di Fink per la fenomenologia di Husserl, costituendo il banco di prova di fronte al quale si deve provare la validità del metodo fenomenologico. Ulteriore scopo del lavoro è far emergere l’originalità della filosofia finkiana sia rispetto a Husserl, sia e soprattutto rispetto a Heidegger, sulla base dei manoscritti inediti conservati presso l’Universitätsarchiv della Albert-Ludwigs-Universität di Freiburg im Breisgau – di cui si propongono, tradotti, alcuni passi – nonché attraverso confronti più circoscritti con una serie di altri autori (tra i quali Marx, Adorno, Gehlen e, soprattutto, Patočka). Dopo un’introduzione volta a ricostruire lo stato attuale delle ricerche e le principali interpretazioni dell’opera finkiana, il primo capitolo illustra gli elementi di novità che la Sesta meditazione cartesiana introduce rispetto all’impostazione husserliana, individuando in tale scritto la prima effettiva presa di distanza di Fink dal maestro e scorgendo l’originalità del contributo finkiano soprattutto nel ruolo assegnato allo spettatore trascendentale, concepito come mero “esponente funzionale” della riflessione fenomenologica, operante uno sfondamento del piano ontologico della coscienza trascendentale. Dopo avere mostrato il debito di Fink nei confronti di Hegel per la concezione dialettica dell’Assoluto fenomenologico, si illustrano le differenze tra Fink e Husserl nel modo di intendere la “mondanizzazione secondaria”, nonché le ripercussioni della teoria della riduzione come de-umanizzazione (Entmenschung) sui compiti pedagogici della fenomenologia e in relazione alla possibilità di un’etica fenomenologica. Trait d’union tra primo e secondo capitolo è la critica del concetto husserliano di mondo. Il secondo capitolo muove da un confronto tra l’interpretazione heideggeriana di Hegel e quella finkiana, incentrata sul concetto cosmologico della “Vita”, per poi svolgere un confronto tra differenza ontologica e differenza cosmologica, principalmente alla luce del Colloquio sulla Dialettica e dell’Heraklit-Seminar, mostrando come la cosmologia finkiana, lungi dall’essere una mera integrazione dell’ontologia di Heidegger, implichi una diversa concezione dell’essere, realizzando una vera e propria “rivoluzione della comprensione ontologica”, che sfocia in una differente esplicazione della libertà, vista non più come corrispondenza alla chiamata dell’Essere all’interno dell’Ereignis, ma come l’auto-produzione (Selbstherstellung) dell’uomo. Il terzo capitolo mostra infine come la filosofia finkiana del dopoguerra sia di fatto l’articolazione cosmologica di quella “Lehre von der Freiheit” che costituiva il nucleo profondo della stessa fenomenologia husserliana: l’esame del gioco quale essenza positiva della libertà, il confronto con Patočka, e, non da ultimo, una lettura fenomenologica della nietzscheana “trasvalutazione dei valori”, sono i momenti teoretici che consentono di delineare i tratti di una originale e inedita “fenomenologia della libertà”, nella quale si esprime il medesimo ideale finkiano – inaugurato dalla radicalizzazione della riduzione fenomenologica come “riduzione tematica dell’idea di essere” nella Sesta meditazione cartesiana – della filosofia quale liberazione dall’ “irretimento mondano” (“Weltbefangenheit”).
2017
XXVIII
2017-2018
Lettere e filosofia (29/10/12-)
Humanities
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Albertazzi, Liliana
Migliario, Elvira
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