Indagine sulla rappresentazione della realtà nel romanzo occidentale contemporaneo. Si considera preliminarmente il dibattito sul realismo dagli anni Quaranta a oggi: dalla sistemazione di una teoria del realismo ottocentesco alla messa in discussione dei principi stessi, e della possibilità, di un testo realista. Analisi del dibattito critico più recente, che ritorna ad occuparsi della relazione tra mondo attuale e mondo finzionale dopo un lungo periodo di assenza, dove a dominare erano le nozioni di intertestualità, di metanarrativa e di letteratura come gioco, sintetizzate dalla celebre espressione di Jacques Derrida «non c'è fuori-testo». Scopo del lavoro è di suggerire che uscendo dal postmoderno gli scrittori tendono a due modalità di rappresentazione del reale: una «veridica» in cui si cerca di sovrapporre il più possibile mondo attuale e mondo d'invenzione (fino al caso, estremo, delle «autofinzioni» di Siti) instaurando tra i due una relazione di approssimazione che spinga il lettore a considerare il romanzo come relazione su eventi reali; una seconda «convenzionale» che invece si basa su dispositivi rodati e normalmente accettati dalla comunità dei lettori (dunque il lettore sa di trovarsi di fronte a un codice e, di conseguenza, di doverlo decodificare in tal modo riuscendo a ricollegare lo «scritto» con il «non scritto»). Il realismo convenzionalista è analizzato in due forme: una «innovativa», delineata da "Underworld" di Don DeLillo, che mette l'accento sul processo costruttivo, una «tradizionale», espressa nel saggio in due varianti («Le particelle elementari» e «Le benevole»), il cui scopo è quello di riattivare meccanismi narrativi ottocenteschi, considerati per buona parte del Novecento come «vecchi» o «superati», affidando loro il compito di raccontare il mondo di oggi. In conclusione si approfondisce il concetto di «avanguardia permanente», ovvero la continua ricerca del nuovo in arte come caratteristica principale del romanzo novecentesco. Analisi della produzione recente (dal 1979) di Philip Roth, con particolare enfasi sul ruolo ambiguo del personaggio Nathan Zuckerman e sui dispositivi narrativi di "American Pastoral" (1997), di "El mal de Montano" di Enrique Vila-Matas (2002), di "Troppi paradisi" (2006) di Walter Siti, di "Underworld" di Don DeLillo (1997), di "Les particules élémentaires" (1998) di Michel Houellebecq e di "Les bienveillantes" di Jonathan Littell (2006).
Il vero e il convenzionale: rappresentazioni della realtà nel romanzo contemporaneo / Tirinanzi De Medici, Carlo. - (2011), pp. 1-256.
Il vero e il convenzionale: rappresentazioni della realtà nel romanzo contemporaneo
Tirinanzi De Medici, Carlo
2011-01-01
Abstract
Indagine sulla rappresentazione della realtà nel romanzo occidentale contemporaneo. Si considera preliminarmente il dibattito sul realismo dagli anni Quaranta a oggi: dalla sistemazione di una teoria del realismo ottocentesco alla messa in discussione dei principi stessi, e della possibilità, di un testo realista. Analisi del dibattito critico più recente, che ritorna ad occuparsi della relazione tra mondo attuale e mondo finzionale dopo un lungo periodo di assenza, dove a dominare erano le nozioni di intertestualità, di metanarrativa e di letteratura come gioco, sintetizzate dalla celebre espressione di Jacques Derrida «non c'è fuori-testo». Scopo del lavoro è di suggerire che uscendo dal postmoderno gli scrittori tendono a due modalità di rappresentazione del reale: una «veridica» in cui si cerca di sovrapporre il più possibile mondo attuale e mondo d'invenzione (fino al caso, estremo, delle «autofinzioni» di Siti) instaurando tra i due una relazione di approssimazione che spinga il lettore a considerare il romanzo come relazione su eventi reali; una seconda «convenzionale» che invece si basa su dispositivi rodati e normalmente accettati dalla comunità dei lettori (dunque il lettore sa di trovarsi di fronte a un codice e, di conseguenza, di doverlo decodificare in tal modo riuscendo a ricollegare lo «scritto» con il «non scritto»). Il realismo convenzionalista è analizzato in due forme: una «innovativa», delineata da "Underworld" di Don DeLillo, che mette l'accento sul processo costruttivo, una «tradizionale», espressa nel saggio in due varianti («Le particelle elementari» e «Le benevole»), il cui scopo è quello di riattivare meccanismi narrativi ottocenteschi, considerati per buona parte del Novecento come «vecchi» o «superati», affidando loro il compito di raccontare il mondo di oggi. In conclusione si approfondisce il concetto di «avanguardia permanente», ovvero la continua ricerca del nuovo in arte come caratteristica principale del romanzo novecentesco. Analisi della produzione recente (dal 1979) di Philip Roth, con particolare enfasi sul ruolo ambiguo del personaggio Nathan Zuckerman e sui dispositivi narrativi di "American Pastoral" (1997), di "El mal de Montano" di Enrique Vila-Matas (2002), di "Troppi paradisi" (2006) di Walter Siti, di "Underworld" di Don DeLillo (1997), di "Les particules élémentaires" (1998) di Michel Houellebecq e di "Les bienveillantes" di Jonathan Littell (2006).File | Dimensione | Formato | |
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