Il voto di lista è un istituto che il legislatore ha scelto di imporre quale unico sistema utilizzabile per l'elezione dell'organo amministrativo di tutte le società per azioni quotate a seguito dei noti scandali finanziari dei primi anni duemila e che rappresenta un unicum nel panorama internazionale. Attesa la funzione di strumento volto a tutelare i soci di minoranza del voto di lista, il presente lavoro trae spunto da una serie di vicende verificatesi nel corso delle assemblea dei soci di alcune importanti società che hanno mostrato i limiti di tale sistema elettorale e si propone di verificare se, a fronte di questo ipotesi di fallimento dell'istituto, sia auspicabile un intervento normativo di modifica della disciplina di cui all'art. 147-ter del Testo Unico della Finanza ovvero se il dato normativo conceda rebus sic stantibus spazi di autonomia statutari sufficienti a fronteggiare le problematiche emerse nella prassi. Nell'analizzare le caratteristiche del voto di lista si è avuto modo di rilevare come il riconoscimento a livello legislativo di un vero e proprio diritto, per i soci di minoranza, di nominare un componente dell'organo gestorio, abbia avuto inevitabili riflessi sia sul sempre sfuggente concetto di interesse sociale sia sul ruolo di cui è investito il consiglio di amministrazione, al quale non sembra potersi oggi disconoscere anche una funzione di composizione, almeno in senso lato, dei diversi interessi riferibili alle varie tipologie di soci (industriali, investitori di breve, medio o lungo periodo...). Dall'elaborazione dei dati a sugli assetti proprietari delle società le cui assemblee si sono trovate a dover fronteggiare ipotesi di c.d. inversione della maggioranza con la minoranza è emerso come il voto di lista rischi di andare in crisi in presenza di emittenti il cui capitale è particolarmente diffuso tra il pubblico, almeno in relazione a quanto tradizionalmente si verifica in un mercato storicamente caratterizzato da assetti proprietari fortemente concentrati com'è quello italiano. Traendo in parte spunto dall'esperienza statunitense - ove al contrario la public company è realtà diffusissima - si è giunti alla conclusione per cui, pur non mancando allo stato attuale spazi di autonomia statutaria a disposizione degli emittenti per rispondere ad eventuali situazione di fallimento del voto di lista, sarebbe opportuno che il legislatore, nel medio periodo, mettesse mano alla disciplina in oggetto affiancando all'attuale sistema (che, in virtù dei suoi indubbi pregi, andrebbe comunque mantenuto obbligatorio per le società ad azionariato concentrato) un sistema elettorale alternativo che le società in cui nessun socio detenga più del 20% (massimo 30%) dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria potrebbero volontariamente adottare. Il sistema immaginato si propone di realizzare una maggiore proporzionalità nella ripartizione dei seggi tra le varie liste di candidati e si caratterizza in particolare per la previsione di un obbligo per il consiglio di amministrazione uscente di presentare una propria lista e per la possibilità di votare singoli candidati anche appartenenti a liste diverse e non necessariamente una ed una sola lista in blocco.
Il voto di lista per l'elezione dell'organo amministrativo nelle società per azioni quotate: aspetti pratici e prospettive evolutive / Caspani, Roberto. - (2019), pp. 1-174.
Il voto di lista per l'elezione dell'organo amministrativo nelle società per azioni quotate: aspetti pratici e prospettive evolutive
Caspani, Roberto
2019-01-01
Abstract
Il voto di lista è un istituto che il legislatore ha scelto di imporre quale unico sistema utilizzabile per l'elezione dell'organo amministrativo di tutte le società per azioni quotate a seguito dei noti scandali finanziari dei primi anni duemila e che rappresenta un unicum nel panorama internazionale. Attesa la funzione di strumento volto a tutelare i soci di minoranza del voto di lista, il presente lavoro trae spunto da una serie di vicende verificatesi nel corso delle assemblea dei soci di alcune importanti società che hanno mostrato i limiti di tale sistema elettorale e si propone di verificare se, a fronte di questo ipotesi di fallimento dell'istituto, sia auspicabile un intervento normativo di modifica della disciplina di cui all'art. 147-ter del Testo Unico della Finanza ovvero se il dato normativo conceda rebus sic stantibus spazi di autonomia statutari sufficienti a fronteggiare le problematiche emerse nella prassi. Nell'analizzare le caratteristiche del voto di lista si è avuto modo di rilevare come il riconoscimento a livello legislativo di un vero e proprio diritto, per i soci di minoranza, di nominare un componente dell'organo gestorio, abbia avuto inevitabili riflessi sia sul sempre sfuggente concetto di interesse sociale sia sul ruolo di cui è investito il consiglio di amministrazione, al quale non sembra potersi oggi disconoscere anche una funzione di composizione, almeno in senso lato, dei diversi interessi riferibili alle varie tipologie di soci (industriali, investitori di breve, medio o lungo periodo...). Dall'elaborazione dei dati a sugli assetti proprietari delle società le cui assemblee si sono trovate a dover fronteggiare ipotesi di c.d. inversione della maggioranza con la minoranza è emerso come il voto di lista rischi di andare in crisi in presenza di emittenti il cui capitale è particolarmente diffuso tra il pubblico, almeno in relazione a quanto tradizionalmente si verifica in un mercato storicamente caratterizzato da assetti proprietari fortemente concentrati com'è quello italiano. Traendo in parte spunto dall'esperienza statunitense - ove al contrario la public company è realtà diffusissima - si è giunti alla conclusione per cui, pur non mancando allo stato attuale spazi di autonomia statutaria a disposizione degli emittenti per rispondere ad eventuali situazione di fallimento del voto di lista, sarebbe opportuno che il legislatore, nel medio periodo, mettesse mano alla disciplina in oggetto affiancando all'attuale sistema (che, in virtù dei suoi indubbi pregi, andrebbe comunque mantenuto obbligatorio per le società ad azionariato concentrato) un sistema elettorale alternativo che le società in cui nessun socio detenga più del 20% (massimo 30%) dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria potrebbero volontariamente adottare. Il sistema immaginato si propone di realizzare una maggiore proporzionalità nella ripartizione dei seggi tra le varie liste di candidati e si caratterizza in particolare per la previsione di un obbligo per il consiglio di amministrazione uscente di presentare una propria lista e per la possibilità di votare singoli candidati anche appartenenti a liste diverse e non necessariamente una ed una sola lista in blocco.File | Dimensione | Formato | |
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