Oggetto di questo percorso di ricerca è il fondamento giusfilosofico del lavoro, ricostruito e interpretato a partire dall’opera di Simone Weil. Intorno all’action travailleuse, l’Autrice offre un’ampia riflessione – filosofia e politica, teoretica ed empirica – che si ricostruisce qui in una duplice dimensione, ontologica ed etica. A livello ontologico, il lavoro emerge come incontro tra uomo e mondo, secondo una dinamica di potenza e decreazione che originariamente contrappone e connette spirito e materia. Dal punto di vista etico, il lavoro definisce e struttura il rapporto tra uomo e società: eco ne è l’articolo 1 della nostra Costituzione. Coerentemente all’impostazione weiliana, i due livelli, distinti ma inseparabili, non saranno esaminati come logicamente collegati – come se il secondo derivasse dal primo – ma analogicamente giustapposti. La giustapposizione si tiene in forza di un concetto peculiare alla filosofia weiliana: l’attenzione. In base a questo elemento, è secondo noi possibile riformulare l’origine della riflessione sul diritto nei termini di una domanda nuova: per chi il diritto? Il concetto di attenzione risulta funzionale a ridiscutere il paradigma antropologico dell’età moderna, centrato sull’individualismo, e ad aprire spazi a un’antropologia alternativa, fondata sulla relazione e normativamente centrata sulla cura. Passando dal piano etico al piano giuridico, il motivo dell’attenzione ricade sulla definizione del ‘giusto’: attraverso la revisione di certe categorie caratteristiche del legalismo formalista, è possibile ripensare la giustizia come la ‘grammatica’ del caso concreto, vicina all’επιεικεια aristotelica. Questo riesame delle premesse epistemologiche e teoretiche del giuspositivismo non è estraneo al dibattito filosofico giuridico attuale e a due sue espressioni, in particolare, che sembrano proseguire la linea di pensiero aperta da Simone Weil. Si tratta della ricerca sviluppata da Martha Nussbaum e Amartya Sen nota come capability approach, dove la (discussa) elencazione delle basic human capabilities è sovrapponibile al decalogo dei bisogni della persona umana argomentato dalla Weil. Di nuovo attraverso il lavoro di Martha Nussbaum, la filosofia dell’attenzione recupera la dimensione cognitiva, e insieme etica, del ‘sentire’: παθος e λογος non sono tra loro opposti, ma orientano l’azione all’interno della sfera assiologica in cui ciascuno si identifica. Il concetto stesso di ‘razionalità’ ne esce rivisto in senso più inclusivo; e, da qui, il ruolo delle emozioni e la pratica dell’empatia vengono riabilitati come centrali per il ragionamento giudiziale, in antitesi con un modello costruito sulla logica deduttiva. La filosofia dell’attenzione, di cui il fenomeno del lavoro è paradigma, diventa così dispositivo di interpretazione, costruzione ed educazione del ‘giuridico’. La facoltà di attenzione a cui l’uomo (che lavora) va educato diventa capacità di sentire, e questa, pre-condizione dell’azione e del giudizio, è da intendersi come capacità di lettura di porzioni più o meno ampie di realtà. Uno strumento del pensiero – o forse più precisamente un ‘risveglio’ del pensiero – che, sempre secondo le premesse della Weil, non può che tornare indispensabile a chi eserciti la funzione giurisdizionale e, probabilmente, non soltanto a costoro.

Soggetto, diritto, lavoro, nel pensiero di Simone Weil (1909-1943) / Ziccardi, Maria Giovanna. - (2013), pp. 1-242.

Soggetto, diritto, lavoro, nel pensiero di Simone Weil (1909-1943)

Ziccardi, Maria Giovanna
2013-01-01

Abstract

Oggetto di questo percorso di ricerca è il fondamento giusfilosofico del lavoro, ricostruito e interpretato a partire dall’opera di Simone Weil. Intorno all’action travailleuse, l’Autrice offre un’ampia riflessione – filosofia e politica, teoretica ed empirica – che si ricostruisce qui in una duplice dimensione, ontologica ed etica. A livello ontologico, il lavoro emerge come incontro tra uomo e mondo, secondo una dinamica di potenza e decreazione che originariamente contrappone e connette spirito e materia. Dal punto di vista etico, il lavoro definisce e struttura il rapporto tra uomo e società: eco ne è l’articolo 1 della nostra Costituzione. Coerentemente all’impostazione weiliana, i due livelli, distinti ma inseparabili, non saranno esaminati come logicamente collegati – come se il secondo derivasse dal primo – ma analogicamente giustapposti. La giustapposizione si tiene in forza di un concetto peculiare alla filosofia weiliana: l’attenzione. In base a questo elemento, è secondo noi possibile riformulare l’origine della riflessione sul diritto nei termini di una domanda nuova: per chi il diritto? Il concetto di attenzione risulta funzionale a ridiscutere il paradigma antropologico dell’età moderna, centrato sull’individualismo, e ad aprire spazi a un’antropologia alternativa, fondata sulla relazione e normativamente centrata sulla cura. Passando dal piano etico al piano giuridico, il motivo dell’attenzione ricade sulla definizione del ‘giusto’: attraverso la revisione di certe categorie caratteristiche del legalismo formalista, è possibile ripensare la giustizia come la ‘grammatica’ del caso concreto, vicina all’επιεικεια aristotelica. Questo riesame delle premesse epistemologiche e teoretiche del giuspositivismo non è estraneo al dibattito filosofico giuridico attuale e a due sue espressioni, in particolare, che sembrano proseguire la linea di pensiero aperta da Simone Weil. Si tratta della ricerca sviluppata da Martha Nussbaum e Amartya Sen nota come capability approach, dove la (discussa) elencazione delle basic human capabilities è sovrapponibile al decalogo dei bisogni della persona umana argomentato dalla Weil. Di nuovo attraverso il lavoro di Martha Nussbaum, la filosofia dell’attenzione recupera la dimensione cognitiva, e insieme etica, del ‘sentire’: παθος e λογος non sono tra loro opposti, ma orientano l’azione all’interno della sfera assiologica in cui ciascuno si identifica. Il concetto stesso di ‘razionalità’ ne esce rivisto in senso più inclusivo; e, da qui, il ruolo delle emozioni e la pratica dell’empatia vengono riabilitati come centrali per il ragionamento giudiziale, in antitesi con un modello costruito sulla logica deduttiva. La filosofia dell’attenzione, di cui il fenomeno del lavoro è paradigma, diventa così dispositivo di interpretazione, costruzione ed educazione del ‘giuridico’. La facoltà di attenzione a cui l’uomo (che lavora) va educato diventa capacità di sentire, e questa, pre-condizione dell’azione e del giudizio, è da intendersi come capacità di lettura di porzioni più o meno ampie di realtà. Uno strumento del pensiero – o forse più precisamente un ‘risveglio’ del pensiero – che, sempre secondo le premesse della Weil, non può che tornare indispensabile a chi eserciti la funzione giurisdizionale e, probabilmente, non soltanto a costoro.
2013
XXV
2012-2013
Facoltà di Giurisprudenza (29/10/12-)
Comparative and European Legal Studies
Manzin, Maurizio
no
Inglese
Settore IUS/20 - Filosofia del Diritto
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Tipologia: Tesi di dottorato (Doctoral Thesis)
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