Il presente lavoro, attraverso una prospettiva comparata, indaga le più recenti tendenze in tema di dannosità sociale in Italia e nel sistema anglo-americano. Si interroga, quindi, sulla definizione e sui limiti della legittimazione dell’intervento penale dello Stato. In particolare, la tesi prende atto delle prospettive attuali sul principio di offensività nel nostro ordinamento, verificando le sue radici, le sue fonti e il suo ruolo, per poi vagliare la teoria del bene giuridico che ne costituisce il sostrato materiale. Come è noto, tale teoria si è sviluppata, in Italia, attraverso una lettura costituzionalmente orientata indicando così le caratteristiche fondamentali che il bene doveva avere per dirsi legittimo. Negli anni, un aggiramento del principio di offensività ha portato a una smaterializzazione del concetto di bene giuridico fino a far dubitare della natura effettivamente forte del principio stesso. Il dibattito anglo-americano sui criteri di legittimazione dell’intervento punitivo si è caratterizzato per degli spunti interpretativi notevolmente diversi, specie in virtù delle caratteristiche proprie dei sistemi di common law. Le radici dell’harm e offence principle, infatti, partono dall’ottica liberale di J.S. Mill, ma ricevono una vera e propria nuova definizione con J. Feinberg il quale, in un’ottica di liberalismo cauto, riempie di contenuto le nozioni alla base dei liberty-limiting principles. La più recente dottrina di common law ha poi fornito nuovi spunti di riflessione specie se di considera quello che è stato definito il “collapse” dell’harm principle. Il recente interesse della dottrina italiana per i criteri anglo-americani ha dato spunto, nel presente lavoro, per una verifica della rilevanza dell’harm e dell’offence principle in relazione alle scelte del legislatore italiano. Per dimostrare questo assunto si sono così presi in esame due case study e, in particolare, quello degli atti osceni, con la recente opera di depenalizzazione e quello dell’omofobia, che si caratterizza per un costante dibattito in merito alla sua possibile criminalizzazione. Nel presente elaborato, infatti, si mostra come il principio anglo-americano del danno e della molestia possa contribuire a superare l’impasse sul principio di offensività proprio in seguito a una valutazione dei fenomeni in tema di atti osceni e omofobia, in chiave di necessaria causazione di un danno o una molestia ad altri. In ragione di tali considerazioni si è cercato di creare le basi per una ri-legittimazione, da un punto di vista dogmatico, dell’intervento penale dello Stato. Il concetto di bene giuridico, infatti, presenta non poche insufficienze tali da considerare plausibile un suo abbandono per un accoglimento del principle of harm, nella visione di J. Feinberg. Questo passaggio si mostra quanto mai opportuno specie ove si ritenga di dover combinare i criteri in tema di dannosità sociale ai modelli (procedurali) di democrazia, nonché a un’attenzione ai tipi di morale emergenti nella società. L’accettazione di una teoria aperta in tema di criminalizzazione permette, così, di dare un nuovo futuro all’offensività e all’harm principle, tale da rimettere al centro del dibattito penale la domanda alla quale il legislatore deve rispondere nelle scelte in tema di meritevolezza e sussidiarietà penale e, cioè, se la condotta sottoposta al suo vaglio provochi o meno un danno o una molestia ad altri.

La legittimazione dell'intervento penale tra offensività e harm principle / Lavacchini, Marta. - (2018), pp. 1-341.

La legittimazione dell'intervento penale tra offensività e harm principle

Lavacchini, Marta
2018-01-01

Abstract

Il presente lavoro, attraverso una prospettiva comparata, indaga le più recenti tendenze in tema di dannosità sociale in Italia e nel sistema anglo-americano. Si interroga, quindi, sulla definizione e sui limiti della legittimazione dell’intervento penale dello Stato. In particolare, la tesi prende atto delle prospettive attuali sul principio di offensività nel nostro ordinamento, verificando le sue radici, le sue fonti e il suo ruolo, per poi vagliare la teoria del bene giuridico che ne costituisce il sostrato materiale. Come è noto, tale teoria si è sviluppata, in Italia, attraverso una lettura costituzionalmente orientata indicando così le caratteristiche fondamentali che il bene doveva avere per dirsi legittimo. Negli anni, un aggiramento del principio di offensività ha portato a una smaterializzazione del concetto di bene giuridico fino a far dubitare della natura effettivamente forte del principio stesso. Il dibattito anglo-americano sui criteri di legittimazione dell’intervento punitivo si è caratterizzato per degli spunti interpretativi notevolmente diversi, specie in virtù delle caratteristiche proprie dei sistemi di common law. Le radici dell’harm e offence principle, infatti, partono dall’ottica liberale di J.S. Mill, ma ricevono una vera e propria nuova definizione con J. Feinberg il quale, in un’ottica di liberalismo cauto, riempie di contenuto le nozioni alla base dei liberty-limiting principles. La più recente dottrina di common law ha poi fornito nuovi spunti di riflessione specie se di considera quello che è stato definito il “collapse” dell’harm principle. Il recente interesse della dottrina italiana per i criteri anglo-americani ha dato spunto, nel presente lavoro, per una verifica della rilevanza dell’harm e dell’offence principle in relazione alle scelte del legislatore italiano. Per dimostrare questo assunto si sono così presi in esame due case study e, in particolare, quello degli atti osceni, con la recente opera di depenalizzazione e quello dell’omofobia, che si caratterizza per un costante dibattito in merito alla sua possibile criminalizzazione. Nel presente elaborato, infatti, si mostra come il principio anglo-americano del danno e della molestia possa contribuire a superare l’impasse sul principio di offensività proprio in seguito a una valutazione dei fenomeni in tema di atti osceni e omofobia, in chiave di necessaria causazione di un danno o una molestia ad altri. In ragione di tali considerazioni si è cercato di creare le basi per una ri-legittimazione, da un punto di vista dogmatico, dell’intervento penale dello Stato. Il concetto di bene giuridico, infatti, presenta non poche insufficienze tali da considerare plausibile un suo abbandono per un accoglimento del principle of harm, nella visione di J. Feinberg. Questo passaggio si mostra quanto mai opportuno specie ove si ritenga di dover combinare i criteri in tema di dannosità sociale ai modelli (procedurali) di democrazia, nonché a un’attenzione ai tipi di morale emergenti nella società. L’accettazione di una teoria aperta in tema di criminalizzazione permette, così, di dare un nuovo futuro all’offensività e all’harm principle, tale da rimettere al centro del dibattito penale la domanda alla quale il legislatore deve rispondere nelle scelte in tema di meritevolezza e sussidiarietà penale e, cioè, se la condotta sottoposta al suo vaglio provochi o meno un danno o una molestia ad altri.
2018
XXX
2017-2018
Facoltà di Giurisprudenza (29/10/12-)
Comparative and European Legal Studies
Papa, Michele
no
Italiano
Settore IUS/17 - Diritto Penale
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