Le etichette denigratorie (e.g., frocio, negro) sono termini che veicolano un atteggiamento negativo nei confronti del gruppo o persona a cui si riferiscono (Simon & Greenberg, 1996) e, per questo, si differenziano dalle etichette categoriali (e.g., gay, Afro-Americano) le quali si limitano a denominare in modo neutro una categoria o gruppo. Sino ad oggi sono state indagate le conseguenze di tipo valutativo (i.e. atteggiamento) e descrittivo (i.e. attivazione dello stereotipo) dell’esposizione alle etichette denigratorie. In particolare, da alcuni studi è emerso che, quando le persone sono esposte a termini denigratori (vs. categoriali), esse tendono a valutare la persona oggetto dell’offesa in modo maggiormente negativo (Greenberg et al., 1985; Kirkland et al., 1987; Galdon et al. 2009) e ad attivare associazioni meno positive nei confronti del gruppo (Carnaghi & Maass, 2007). La presente tesi si propone di investigare le conseguenze delle etichette denigratorie su coloro che vi sono esposti in modo involontario, e analizzare se l’esposizione a questa tipologie di linguaggio denigratorio contribuisce alla persistenza del pregiudizio. Il tipo di reazione ad etichette denigratorie dipende dalla prospettiva assunta da coloro che sono esposti a questi termini. Da un lato troviamo coloro che sono spettatori in quanto non appartengono al gruppo denigrato. Dall’altro vi sono coloro che sono i destinatari dell’offesa essendo parte del gruppo a cui le etichette si riferiscono. Nella presente ricerca sono state analizzate le reazioni di spettatori eterosessuali ad epiteti omofobi e gli effetti delle etichette sessiste sui destinatari, ossia le donne. Gli studi sugli epiteti omofobi hanno indagato due tipologie di reazione: il comportamento non verbale e la percezione di umanità del gruppo target. In particolare è stato esaminato il fenomeno della de umanizzazione animalistica in riferimento al fenomeno dell’infra-umanizzazione, che può essere descritto come la tendenza a percepire il proprio gruppo di appartenenza (in-group) come più umano rispetto ad un gruppo esterno (out-group; Leyens et al., 2001). In 2 studi viene mostrato come gli epiteti omofobi (e.g., frocio) determinavano una negazione di umanità al gruppo degli omosessuali, che non emergeva quando i partecipanti erano esposti ad una etichetta di tipo categoriale (e.g. gay) o ad un insulto generico non specifico per gli omosessuali (e.g., coglione). Tale effetto di deumanizzazione degli omosessuali emergeva sia in Italia che in Australia, provando l’indipendenza del processo in questione dal contesto linguistico e culturale di riferimento. Inoltre, gli epiteti omofobi determinavano anche delle conseguenze di tipo comportamentale. In particolare, è stato evidenziato che l’esposizione ad etichette omofobe aumentava la volontà dei partecipanti eterosessuali a mantenere una distanza fisica verso una persona omosessuale. Nel caso delle etichette sessiste sono state analizzate le conseguenze sui membri del gruppo a cui i termini erano riferiti, ovvero le donne. In una prima ricerca sono state esaminate due tipologie di etichette sessiste denominate etichette Sessiste Denigratorie (e.g., troia) e Sessiste Oggettivanti (e.g., gnocca), e come la loro accettabilità sociale variasse in diverse situazioni (e.g., relazione affettiva piuttosto che luogo di lavoro). I risultati evidenziarono che la valutazione e i giudizi di accettabilità variavano per le etichette – le sessiste denigratorie erano percepite come fortemente offensive e socialmente in accettate mentre le sessiste oggettivanti come meno offensive e più accettabili. Al tempo stesso il tipo di contesto e il genere della persona (uomo vs. donna) che utilizza l’etichetta sembrava influenzarne l’accettabilità dei termini. Le conseguenze di queste due tipologie di etichette sessiste sulle donne è stata indagata analizzando le risposte di sessismo. In questo caso si è fatto riferimento al costrutto di Sessismo Ambivalente (Glick & Fiske, 1996), che distingue due dimensioni relative ad una forma di ostilità e benevolenza nei confronti delle donne. I risultati di due studi supportano l’ipotesi che, seppur diverse per valenza, entrambe le etichette sessiste denigratorie e oggettivanti enfatizzano una visione della donna come subordinata e, in questo modo, inducono a maggiori livelli di sessismo ostile nei confronti dell’in-group. I due filoni di ricerca evidenziano come il linguaggio denigratorio omofobo e sessista abbiano delle conseguenze nella perpetuazione del pregiudizio. Nel caso degli spettatori, determinando risposte di distanza fisica e de umanizzazione del gruppo target. Nel caso dei destinatari, incrementando un atteggiamento ostile verso il proprio gruppo di appartenenza e accettando credenze a carattere pregiudiziale. Infine, sono stati considerati e discussi i limiti della ricerca, soprattutto relativamente ai processi sottostanti ai fenomeni evidenziati, le novità delle evidenze riscontrate e le implicazioni sociali delle etichette denigratorie.

On the effects of derogatory group labels: The impact of homophobic epithets and sexist slurs on dehumanization, attitude and behavior toward homosexuals and women / Fasoli, Fabio. - (2011), pp. 1-138.

On the effects of derogatory group labels: The impact of homophobic epithets and sexist slurs on dehumanization, attitude and behavior toward homosexuals and women

Fasoli, Fabio
2011-01-01

Abstract

Le etichette denigratorie (e.g., frocio, negro) sono termini che veicolano un atteggiamento negativo nei confronti del gruppo o persona a cui si riferiscono (Simon & Greenberg, 1996) e, per questo, si differenziano dalle etichette categoriali (e.g., gay, Afro-Americano) le quali si limitano a denominare in modo neutro una categoria o gruppo. Sino ad oggi sono state indagate le conseguenze di tipo valutativo (i.e. atteggiamento) e descrittivo (i.e. attivazione dello stereotipo) dell’esposizione alle etichette denigratorie. In particolare, da alcuni studi è emerso che, quando le persone sono esposte a termini denigratori (vs. categoriali), esse tendono a valutare la persona oggetto dell’offesa in modo maggiormente negativo (Greenberg et al., 1985; Kirkland et al., 1987; Galdon et al. 2009) e ad attivare associazioni meno positive nei confronti del gruppo (Carnaghi & Maass, 2007). La presente tesi si propone di investigare le conseguenze delle etichette denigratorie su coloro che vi sono esposti in modo involontario, e analizzare se l’esposizione a questa tipologie di linguaggio denigratorio contribuisce alla persistenza del pregiudizio. Il tipo di reazione ad etichette denigratorie dipende dalla prospettiva assunta da coloro che sono esposti a questi termini. Da un lato troviamo coloro che sono spettatori in quanto non appartengono al gruppo denigrato. Dall’altro vi sono coloro che sono i destinatari dell’offesa essendo parte del gruppo a cui le etichette si riferiscono. Nella presente ricerca sono state analizzate le reazioni di spettatori eterosessuali ad epiteti omofobi e gli effetti delle etichette sessiste sui destinatari, ossia le donne. Gli studi sugli epiteti omofobi hanno indagato due tipologie di reazione: il comportamento non verbale e la percezione di umanità del gruppo target. In particolare è stato esaminato il fenomeno della de umanizzazione animalistica in riferimento al fenomeno dell’infra-umanizzazione, che può essere descritto come la tendenza a percepire il proprio gruppo di appartenenza (in-group) come più umano rispetto ad un gruppo esterno (out-group; Leyens et al., 2001). In 2 studi viene mostrato come gli epiteti omofobi (e.g., frocio) determinavano una negazione di umanità al gruppo degli omosessuali, che non emergeva quando i partecipanti erano esposti ad una etichetta di tipo categoriale (e.g. gay) o ad un insulto generico non specifico per gli omosessuali (e.g., coglione). Tale effetto di deumanizzazione degli omosessuali emergeva sia in Italia che in Australia, provando l’indipendenza del processo in questione dal contesto linguistico e culturale di riferimento. Inoltre, gli epiteti omofobi determinavano anche delle conseguenze di tipo comportamentale. In particolare, è stato evidenziato che l’esposizione ad etichette omofobe aumentava la volontà dei partecipanti eterosessuali a mantenere una distanza fisica verso una persona omosessuale. Nel caso delle etichette sessiste sono state analizzate le conseguenze sui membri del gruppo a cui i termini erano riferiti, ovvero le donne. In una prima ricerca sono state esaminate due tipologie di etichette sessiste denominate etichette Sessiste Denigratorie (e.g., troia) e Sessiste Oggettivanti (e.g., gnocca), e come la loro accettabilità sociale variasse in diverse situazioni (e.g., relazione affettiva piuttosto che luogo di lavoro). I risultati evidenziarono che la valutazione e i giudizi di accettabilità variavano per le etichette – le sessiste denigratorie erano percepite come fortemente offensive e socialmente in accettate mentre le sessiste oggettivanti come meno offensive e più accettabili. Al tempo stesso il tipo di contesto e il genere della persona (uomo vs. donna) che utilizza l’etichetta sembrava influenzarne l’accettabilità dei termini. Le conseguenze di queste due tipologie di etichette sessiste sulle donne è stata indagata analizzando le risposte di sessismo. In questo caso si è fatto riferimento al costrutto di Sessismo Ambivalente (Glick & Fiske, 1996), che distingue due dimensioni relative ad una forma di ostilità e benevolenza nei confronti delle donne. I risultati di due studi supportano l’ipotesi che, seppur diverse per valenza, entrambe le etichette sessiste denigratorie e oggettivanti enfatizzano una visione della donna come subordinata e, in questo modo, inducono a maggiori livelli di sessismo ostile nei confronti dell’in-group. I due filoni di ricerca evidenziano come il linguaggio denigratorio omofobo e sessista abbiano delle conseguenze nella perpetuazione del pregiudizio. Nel caso degli spettatori, determinando risposte di distanza fisica e de umanizzazione del gruppo target. Nel caso dei destinatari, incrementando un atteggiamento ostile verso il proprio gruppo di appartenenza e accettando credenze a carattere pregiudiziale. Infine, sono stati considerati e discussi i limiti della ricerca, soprattutto relativamente ai processi sottostanti ai fenomeni evidenziati, le novità delle evidenze riscontrate e le implicazioni sociali delle etichette denigratorie.
2011
XXIV
2010-2011
Scienze della Cogn e della Form (cess.4/11/12)
Psychological Sciences and Education
Paladino, Maria Paola
Carnaghi, Andrea
no
Inglese
Settore M-PSI/05 - Psicologia Sociale
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