Il lavoro riguarda lo studio geoarcheologico di due siti chiave per le indagini sul Paleolitico dell’Italia settentrionale: Ciota Ciara in Piemonte e Balzi Rossi Museo (conosciuto anche come ‘ex-Birreria’) in Liguria. La ricerca si inserisce all’interno del recente filone di studi incentrato sulla revisione cronostratigrafica di siti pleistocenici già interessati da indagini archeologiche, ma latenti di una contestualizzazione su base stratigrafica e cronologica, parallelamente ad una scarsa disponibilità di dati paleoclimatici e paleoambientali. Entrambi i due studi di caso sono noti nell’ambito del dibattito internazionale incentrato sul popolamento umano in Europa, sulla gestione del territorio e sull’utilizzo dello spazio durante la Preistoria. I depositi indagati sono stati oggetto di campagne di scavo a partire del XX secolo e hanno restituito tracce di frequentazione antropica riconducibili al Paleolitico Medio, ma hanno al contempo messo in evidenza una sensibile carenza di dati stratigrafici. La metodologia applicata segue l’approccio geoarcheologico standard, basato sull’osservazione e la descrizione pedo-sedimentologica e stratigrafica delle evidenze riconosciute sul terreno, corroborata da analisi di laboratorio. Il focus è stato posto sullo studio microstratigrafico, effettuato principalmente per mezzo della tecnica della micromorfologia archeologica. La scelta operata ha permesso di concentrarsi su aspetti che raramente hanno trovato spazio durante le ricerche precedenti, consentendo di ottenere nuovi dati e di contribuire alla rivalutazione di quelli disponibili. La Ciota Ciara è la più conosciuta tra le cavità carsiche del Monte Fenera (Borgosesia, VC), proprio per via degli abbondanti ritrovamenti archeologici, paleontologici e delle tracce riconducibili a frequentazioni neandertaliane che conserva. Il sito costituisce infatti un unicum per il settore occidentale delle Alpi Meridionali per l’arco temporale che precede il MIS 4. L’intervento geoarcheologico si è incentrato sul deposito conservato presso l’ingresso della grotta rivolto a sud-ovest. L’analisi della disposizione stratigrafica e delle caratteristiche dei sedimenti ha indicato dinamiche sedimentarie connesse alla degradazione della dolomia del substrato e allo scorrimento di flussi concentrati di materiale preso in carico dalle acque del reticolo carsico interno e, successivamente, depositato in corrispondenza della zona atriale. A queste si sono alternate brevi fasi di stabilizzazione superficiale, indicate dalle tracce connesse ai processi postdeposizionali. Tra tutte, le evidenze riconducibili all’azione gelo suggeriscono condizioni paleoambientali e una cronologia più antica per la porzione inferiore del deposito. Nonostante parte del materiale archeologico abbia subito spostamenti, seppur a breve distanza, e non siano state riconosciute evidenze di occupazione antropica in situ, le analisi hanno accertato l’integrità della stratificazione conservata. Il sito di Balzi Rossi Museo (Ventimiglia, IM) rientra nell’omonimo complesso archeologico ed è ubicato al piede di una falesia in calcare in un contesto di costa rocciosa. L’analisi della disposizione stratigrafica e la ricostruzione delle dinamiche sedimentarie responsabili della formazione del deposito indagato (oggi parte integrante del percorso di visita del Museo) hanno permesso di riconoscere una successione che documenta l’ultimo ciclo glaciale: un paleosuolo sepolto, teatro di un’occupazione neandertaliana in situ, impostato su una piattaforma di erosione marina tirreniana del MIS 5e; una serie stratificata di brecce a supporto clastico, accumulatesi in conseguenza di eventi di crolli detritici e movimenti lenti di versante, innescati dal cambiamento climatico in senso umido e freddo; un profilo troncato di suolo, sviluppatosi sul sedimento colluviale a partire dal tardiglaciale, a sua volta protetto da depositi olocenici. Malgrado si debba tenere conto delle limitazioni che inevitabilmente caratterizzano i depositi archeologici scavati in virtù di esigenze e metodologie non più in linea con quelle attuali (o il cui studio non sia stato portato a compimento), le nuove indagini geoarcheologiche hanno permesso di ottenere dati inediti e di rivalutare su base cronostratigrafica alcune delle precedenti considerazioni. Al contempo, la presente ricerca offre uno spunto di riflessione per interrogarsi sul ruolo e l’utilità di rivalutare in chiave moderna contesti caratterizzati da problematiche archeologiche e metodologiche di lungo corso e spesso irrisolte, ma che sotto diversi aspetti possono ancora rivestire un ruolo importante per la ricerca contemporanea.

Tra Pleistocene Medio e Superiore nell’Italia nord-occidentale: Geoarcheologia di Ciota Ciara (VC) e Balzi Rossi Museo (IM) / Zambaldi, Maurizio. - (2020 May 22), pp. 1-273. [10.15168/11572_263176]

Tra Pleistocene Medio e Superiore nell’Italia nord-occidentale: Geoarcheologia di Ciota Ciara (VC) e Balzi Rossi Museo (IM)

Zambaldi, Maurizio
2020-05-22

Abstract

Il lavoro riguarda lo studio geoarcheologico di due siti chiave per le indagini sul Paleolitico dell’Italia settentrionale: Ciota Ciara in Piemonte e Balzi Rossi Museo (conosciuto anche come ‘ex-Birreria’) in Liguria. La ricerca si inserisce all’interno del recente filone di studi incentrato sulla revisione cronostratigrafica di siti pleistocenici già interessati da indagini archeologiche, ma latenti di una contestualizzazione su base stratigrafica e cronologica, parallelamente ad una scarsa disponibilità di dati paleoclimatici e paleoambientali. Entrambi i due studi di caso sono noti nell’ambito del dibattito internazionale incentrato sul popolamento umano in Europa, sulla gestione del territorio e sull’utilizzo dello spazio durante la Preistoria. I depositi indagati sono stati oggetto di campagne di scavo a partire del XX secolo e hanno restituito tracce di frequentazione antropica riconducibili al Paleolitico Medio, ma hanno al contempo messo in evidenza una sensibile carenza di dati stratigrafici. La metodologia applicata segue l’approccio geoarcheologico standard, basato sull’osservazione e la descrizione pedo-sedimentologica e stratigrafica delle evidenze riconosciute sul terreno, corroborata da analisi di laboratorio. Il focus è stato posto sullo studio microstratigrafico, effettuato principalmente per mezzo della tecnica della micromorfologia archeologica. La scelta operata ha permesso di concentrarsi su aspetti che raramente hanno trovato spazio durante le ricerche precedenti, consentendo di ottenere nuovi dati e di contribuire alla rivalutazione di quelli disponibili. La Ciota Ciara è la più conosciuta tra le cavità carsiche del Monte Fenera (Borgosesia, VC), proprio per via degli abbondanti ritrovamenti archeologici, paleontologici e delle tracce riconducibili a frequentazioni neandertaliane che conserva. Il sito costituisce infatti un unicum per il settore occidentale delle Alpi Meridionali per l’arco temporale che precede il MIS 4. L’intervento geoarcheologico si è incentrato sul deposito conservato presso l’ingresso della grotta rivolto a sud-ovest. L’analisi della disposizione stratigrafica e delle caratteristiche dei sedimenti ha indicato dinamiche sedimentarie connesse alla degradazione della dolomia del substrato e allo scorrimento di flussi concentrati di materiale preso in carico dalle acque del reticolo carsico interno e, successivamente, depositato in corrispondenza della zona atriale. A queste si sono alternate brevi fasi di stabilizzazione superficiale, indicate dalle tracce connesse ai processi postdeposizionali. Tra tutte, le evidenze riconducibili all’azione gelo suggeriscono condizioni paleoambientali e una cronologia più antica per la porzione inferiore del deposito. Nonostante parte del materiale archeologico abbia subito spostamenti, seppur a breve distanza, e non siano state riconosciute evidenze di occupazione antropica in situ, le analisi hanno accertato l’integrità della stratificazione conservata. Il sito di Balzi Rossi Museo (Ventimiglia, IM) rientra nell’omonimo complesso archeologico ed è ubicato al piede di una falesia in calcare in un contesto di costa rocciosa. L’analisi della disposizione stratigrafica e la ricostruzione delle dinamiche sedimentarie responsabili della formazione del deposito indagato (oggi parte integrante del percorso di visita del Museo) hanno permesso di riconoscere una successione che documenta l’ultimo ciclo glaciale: un paleosuolo sepolto, teatro di un’occupazione neandertaliana in situ, impostato su una piattaforma di erosione marina tirreniana del MIS 5e; una serie stratificata di brecce a supporto clastico, accumulatesi in conseguenza di eventi di crolli detritici e movimenti lenti di versante, innescati dal cambiamento climatico in senso umido e freddo; un profilo troncato di suolo, sviluppatosi sul sedimento colluviale a partire dal tardiglaciale, a sua volta protetto da depositi olocenici. Malgrado si debba tenere conto delle limitazioni che inevitabilmente caratterizzano i depositi archeologici scavati in virtù di esigenze e metodologie non più in linea con quelle attuali (o il cui studio non sia stato portato a compimento), le nuove indagini geoarcheologiche hanno permesso di ottenere dati inediti e di rivalutare su base cronostratigrafica alcune delle precedenti considerazioni. Al contempo, la presente ricerca offre uno spunto di riflessione per interrogarsi sul ruolo e l’utilità di rivalutare in chiave moderna contesti caratterizzati da problematiche archeologiche e metodologiche di lungo corso e spesso irrisolte, ma che sotto diversi aspetti possono ancora rivestire un ruolo importante per la ricerca contemporanea.
22-mag-2020
XXXII
2018-2019
Lettere e filosofia (29/10/12-)
European Cultures. Environment, Contexts, Histories, Arts, Ideas
Angelucci, Diego
no
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Settore L-ANT/10 - Metodologie della Ricerca Archeologica
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