ABSTRACT Dalla lettura di alcune trattazioni sulla tipicità penale, che hanno proposto una ricostruzione gradualistica della stessa ( ), è sorto l’interesse per l’approfondimento e la comprensione del fondamento dogmatico e metodologico di un simile approccio. Il fine della nostra ricerca è dimostrare che, sebbene quest’ultimo abbia colto aspetti importanti, concernenti il rapporto tra tipicità e discrezionalità giudiziale, esso non è giunto, tuttavia, a conclusioni coerenti con le proprie premesse di partenza, incorrendo, anzi, in errori di metodo – alcuni già oggetto di critica in passati contributi scientifici ( ) – ed in equivoci teorici. In primo luogo, dunque, ci siamo proposti di rilevare le incongruenze dell’indirizzo in parola, al fine di avviare un’operazione di chiarimento concettuale della tipicità. In secondo luogo, abbiamo inteso cogliere di esso le suggestioni positive, per avanzare proposte dirette alla risoluzione di problemi concernenti la distinzione tra elementi costitutivi e circostanze. Tali problemi, noti al nostro ordinameno soprattutto con riferimento ad alcune fattispecie “qualificate” di dubbia natura (su cui, da ultimo, Cass. Pen. S.U. 24 settembre 2018, n. 40982), si rivelano strettamente legati alla nozione di specialità, e a quella di sottofattispecie, mutuate, la prima, dal dato codicistico-formale, e la seconda, dagli orientamenti a favore di un’anticipazione dell’aspetto gradualistico-quantitativo - naturalmente legato alla commisurazione giudiziale della sanzione penale – già all’interno dei confini formali della fattispecie astratta, ove la definizione dei margini della punibilità sono, invece, di esclusiva competenza legislativa. Anticipando i punti di arrivo della ricerca, riteniamo che la soluzione ai problemi originati dalla confusione concettuale ed interpretativa tra tipicità e discrezionalità giudiziale vada trovata sul piano tecnico-legislativo: attraverso, cioè, l’adozione di nuove tecniche di tipizzazione della parte speciale del codice penale. L’approdo alla tesi che intendiamo sostenere è stato sollecitato dallo studio comparato del sistema tedesco, nell’ambito del quale sono state rinvenute non soltanto problematiche analoghe a quelle conosciute nel nostro ordinamento, e alle quali poc’anzi abbiamo fatto cenno, ma anche una particolare tecnica di tipizzazione delle fattispecie, fondata sul metodo tipologico-esemplare. Soffermandoci sulle peculiarità di tale tecnica, con specifico riguardo alle fattispecie codicistiche rispetto alle quali essa ha trovato applicazione, abbiamo notato che i tratti di ambivalenza che la connotano – per essere questa una via di mezzo tra la tipizzazione casistica e le clausole generali – potrebbero essere “sfruttati” a vantaggio di una più chiara rappresentazione dei rapporti fra alcune fattispecie. In particolare, di quelle fattispecie sulla cui natura si dibatte, non essendo univoco se esse siano dotate di autonoma tipicità – cioè capaci di fondare la punibilità della condotta in esse descritta - o risultino solamente “derivate”, in grado di incidere, cioè, sui soli effetti sanzionatori. Come rilevato al principio, la nostra indagine ha privilegiato, sul piano metodologico, l’approfondimento teorico, relativo ai fondamenti del gradualismo, a parziale sacrificio dell’analisi degli aspetti empirici a cui vorremmo che la ricerca giungesse. In questo senso essa assolve la funzione di fare chiarezza su alcune tappe teoriche salienti nella ricostruzione del problema trattato, potendo allo stato attuale solo proporsi di procedere verso ciò che è “ancora da farsi”; con questo intendendo fare riferimento allo studio dei problemi di redazione legislativa di alcune fattispecie di parte speciale, anche alla luce delle applicazioni giurisprudenziali.

Rilievi sulla concezione gradualistica di tipicità e tecniche di tipizzazione penale / Cantisani, Claudia. - (2020 Mar 10), pp. 1-185. [10.15168/11572_253534]

Rilievi sulla concezione gradualistica di tipicità e tecniche di tipizzazione penale

Cantisani, Claudia
2020-03-10

Abstract

ABSTRACT Dalla lettura di alcune trattazioni sulla tipicità penale, che hanno proposto una ricostruzione gradualistica della stessa ( ), è sorto l’interesse per l’approfondimento e la comprensione del fondamento dogmatico e metodologico di un simile approccio. Il fine della nostra ricerca è dimostrare che, sebbene quest’ultimo abbia colto aspetti importanti, concernenti il rapporto tra tipicità e discrezionalità giudiziale, esso non è giunto, tuttavia, a conclusioni coerenti con le proprie premesse di partenza, incorrendo, anzi, in errori di metodo – alcuni già oggetto di critica in passati contributi scientifici ( ) – ed in equivoci teorici. In primo luogo, dunque, ci siamo proposti di rilevare le incongruenze dell’indirizzo in parola, al fine di avviare un’operazione di chiarimento concettuale della tipicità. In secondo luogo, abbiamo inteso cogliere di esso le suggestioni positive, per avanzare proposte dirette alla risoluzione di problemi concernenti la distinzione tra elementi costitutivi e circostanze. Tali problemi, noti al nostro ordinameno soprattutto con riferimento ad alcune fattispecie “qualificate” di dubbia natura (su cui, da ultimo, Cass. Pen. S.U. 24 settembre 2018, n. 40982), si rivelano strettamente legati alla nozione di specialità, e a quella di sottofattispecie, mutuate, la prima, dal dato codicistico-formale, e la seconda, dagli orientamenti a favore di un’anticipazione dell’aspetto gradualistico-quantitativo - naturalmente legato alla commisurazione giudiziale della sanzione penale – già all’interno dei confini formali della fattispecie astratta, ove la definizione dei margini della punibilità sono, invece, di esclusiva competenza legislativa. Anticipando i punti di arrivo della ricerca, riteniamo che la soluzione ai problemi originati dalla confusione concettuale ed interpretativa tra tipicità e discrezionalità giudiziale vada trovata sul piano tecnico-legislativo: attraverso, cioè, l’adozione di nuove tecniche di tipizzazione della parte speciale del codice penale. L’approdo alla tesi che intendiamo sostenere è stato sollecitato dallo studio comparato del sistema tedesco, nell’ambito del quale sono state rinvenute non soltanto problematiche analoghe a quelle conosciute nel nostro ordinamento, e alle quali poc’anzi abbiamo fatto cenno, ma anche una particolare tecnica di tipizzazione delle fattispecie, fondata sul metodo tipologico-esemplare. Soffermandoci sulle peculiarità di tale tecnica, con specifico riguardo alle fattispecie codicistiche rispetto alle quali essa ha trovato applicazione, abbiamo notato che i tratti di ambivalenza che la connotano – per essere questa una via di mezzo tra la tipizzazione casistica e le clausole generali – potrebbero essere “sfruttati” a vantaggio di una più chiara rappresentazione dei rapporti fra alcune fattispecie. In particolare, di quelle fattispecie sulla cui natura si dibatte, non essendo univoco se esse siano dotate di autonoma tipicità – cioè capaci di fondare la punibilità della condotta in esse descritta - o risultino solamente “derivate”, in grado di incidere, cioè, sui soli effetti sanzionatori. Come rilevato al principio, la nostra indagine ha privilegiato, sul piano metodologico, l’approfondimento teorico, relativo ai fondamenti del gradualismo, a parziale sacrificio dell’analisi degli aspetti empirici a cui vorremmo che la ricerca giungesse. In questo senso essa assolve la funzione di fare chiarezza su alcune tappe teoriche salienti nella ricostruzione del problema trattato, potendo allo stato attuale solo proporsi di procedere verso ciò che è “ancora da farsi”; con questo intendendo fare riferimento allo studio dei problemi di redazione legislativa di alcune fattispecie di parte speciale, anche alla luce delle applicazioni giurisprudenziali.
10-mar-2020
XXXII
2018-2019
Facoltà di Giurisprudenza (29/10/12-)
Comparative and European Legal Studies
Vallini, Antonio
no
Italiano
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