Il contributo, dopo un breve ritratto biografico, riflette su Note in margine a una vita assente, l’opera più importante del «lettore di professione» Paolo Milano (1904 – 1988), scrittore e critico militante ebreo che visse gran parte della sua vita esiliato negli Stati Uniti, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali nel 1938. L’analisi di Note in margine a una vita assente, l’opera in cui più di tutte la vita e l’arte di Milano trovano un punto d’unione, funge da pretesto per mettere in risalto, testo alla mano, l’originalità e l’inclassificabilità dell’autore stesso all’interno del panorama letterario italiano. Note in margine a una vita assente si presenta come una raccolta autoriale di note, «voci», tutte legate dal tema comune del «dispatrio», una complessa e originale visione del trauma dell’esilio che Milano prende, traducendolo, da Henry James. Il dispatrio comporta la percezione, da parte dell’autore, dell’inaridimento artistico dovuto alla perdita delle proprie radici linguistiche, culturali e identitarie. Inoltre, come si evince dal titolo dell’opera, lo zibaldone di Milano è un’opera di commento (di note in margine) a un testo-madre di cui non si trova traccia perché tale testo è la vita stessa (assente), che a causa del dispatrio non ha più alcun valore. In altre parole, siamo di fronte a un’opera letteraria che aprioristicamente nega il proprio statuto artistico e che intraprende la cronaca di questa non-vita senza tuttavia affrontarla direttamente. Nell’analisi di Note in margine ha assunto rilievo il ruolo dell’esilio e del margine. Il primo perché non funge da tema ma da processo letterario: far sì che un’opera scritta in esilio parli il meno possibile dell’esilio stesso, sebbene ad ogni nota se ne respiri la presenza, trasforma questa traumatica esperienza in una possibilità partecipativa. A tal proposito, ho trovato molti punti in comune con un campo storico-letterario ancora poco conosciuto in Italia, l’Exilaphoristik, i cui autori, ebrei esiliati e scrittori di aforismi come Milano, hanno sfruttato le caratteristiche insite nell’aforisma, sapere asistematico e forte dialogicità, per resistere al loro isolamento e trasformare la loro tragica situazione in opportunità di crescita comunitaria. Il margine, e di seguito la marginalità, oltre a essere parte integrante della percezione che l’autore ha di sé nel mondo, permette a Milano di collegare l’espediente tecnico della scrittura in note alla propria condizione di dispatriato. All’interno dell’opera, che si presenta come uno zibaldone di diario in aforismi, il commento di un testo che non esiste e la cronaca di una storia non scritta, ogni «voce» è legata alla successiva non solo per una precedente selezione autoriale, ma anche come un contemporaneo poema in prosa per aforismi, trasformandosi in una moderna e pluriennale sequenza di coblas. In conclusione, si è rilevato che questo negare continuamente la vita e l’arte all’interno del testo di Milano, non fa che affermarne prepotentemente la loro presenza e forza.

Note in margine a una vita assente di Paolo Milano: tra diario e aforistica dell'esilio / Angeletti, Valerio. - In: TICONTRE. - ISSN 2284-4473. - ELETTRONICO. - 2019/11:11.15(2019), pp. 327-342. [10.15168/t3.v0i11]

Note in margine a una vita assente di Paolo Milano: tra diario e aforistica dell'esilio

Angeletti, Valerio
2019-01-01

Abstract

Il contributo, dopo un breve ritratto biografico, riflette su Note in margine a una vita assente, l’opera più importante del «lettore di professione» Paolo Milano (1904 – 1988), scrittore e critico militante ebreo che visse gran parte della sua vita esiliato negli Stati Uniti, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali nel 1938. L’analisi di Note in margine a una vita assente, l’opera in cui più di tutte la vita e l’arte di Milano trovano un punto d’unione, funge da pretesto per mettere in risalto, testo alla mano, l’originalità e l’inclassificabilità dell’autore stesso all’interno del panorama letterario italiano. Note in margine a una vita assente si presenta come una raccolta autoriale di note, «voci», tutte legate dal tema comune del «dispatrio», una complessa e originale visione del trauma dell’esilio che Milano prende, traducendolo, da Henry James. Il dispatrio comporta la percezione, da parte dell’autore, dell’inaridimento artistico dovuto alla perdita delle proprie radici linguistiche, culturali e identitarie. Inoltre, come si evince dal titolo dell’opera, lo zibaldone di Milano è un’opera di commento (di note in margine) a un testo-madre di cui non si trova traccia perché tale testo è la vita stessa (assente), che a causa del dispatrio non ha più alcun valore. In altre parole, siamo di fronte a un’opera letteraria che aprioristicamente nega il proprio statuto artistico e che intraprende la cronaca di questa non-vita senza tuttavia affrontarla direttamente. Nell’analisi di Note in margine ha assunto rilievo il ruolo dell’esilio e del margine. Il primo perché non funge da tema ma da processo letterario: far sì che un’opera scritta in esilio parli il meno possibile dell’esilio stesso, sebbene ad ogni nota se ne respiri la presenza, trasforma questa traumatica esperienza in una possibilità partecipativa. A tal proposito, ho trovato molti punti in comune con un campo storico-letterario ancora poco conosciuto in Italia, l’Exilaphoristik, i cui autori, ebrei esiliati e scrittori di aforismi come Milano, hanno sfruttato le caratteristiche insite nell’aforisma, sapere asistematico e forte dialogicità, per resistere al loro isolamento e trasformare la loro tragica situazione in opportunità di crescita comunitaria. Il margine, e di seguito la marginalità, oltre a essere parte integrante della percezione che l’autore ha di sé nel mondo, permette a Milano di collegare l’espediente tecnico della scrittura in note alla propria condizione di dispatriato. All’interno dell’opera, che si presenta come uno zibaldone di diario in aforismi, il commento di un testo che non esiste e la cronaca di una storia non scritta, ogni «voce» è legata alla successiva non solo per una precedente selezione autoriale, ma anche come un contemporaneo poema in prosa per aforismi, trasformandosi in una moderna e pluriennale sequenza di coblas. In conclusione, si è rilevato che questo negare continuamente la vita e l’arte all’interno del testo di Milano, non fa che affermarne prepotentemente la loro presenza e forza.
2019
11.15
Angeletti, Valerio
Note in margine a una vita assente di Paolo Milano: tra diario e aforistica dell'esilio / Angeletti, Valerio. - In: TICONTRE. - ISSN 2284-4473. - ELETTRONICO. - 2019/11:11.15(2019), pp. 327-342. [10.15168/t3.v0i11]
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