La pulitura del paramento lapideo della facciata di Ca’ Corner sottende un’impostazione del problema pensando alla pulitura non come fare tecnico dotato di metodi e strumenti ma come problema di impostazione teorica, come momento di riflessione prima e di azione poi. Il che implica definire il perché pulire e con quale fine e di conseguenza il cosa, il come e il quanto pulire. Il saggio è parte del progetto diagnostico redatto per l’intervento di manutenzione della facciata lapidea del palazzo e si colloca nell’ambito di uno studio che affronta il problema del “degrado” come insieme di tracce, di segni che testimoniano le dinamiche evolutive del manufatto: da questo punto di vista le diverse condizioni di annerimento osservabili sul paramento diventano potenziali indizi di trattamenti e si prestano ad una modalità di lettura che tende ad incrociare l’osservazione della morfologia delle condizioni di deposito presenti con l'individuazione degli interventi di restauro e manutenzione avvenuti nel tempo, indagati sia analizzando stratigraficamente il paramento lapideo sia con il riferimento alle fonti scritte e alle indagini analitiche. È stato possibile individuare, così, la presenza sul paramento di una complessa geografia di segni riconducibili alla stesura di patinature e scialbi con diversa condizione di interazione con la pietra e con i depositi soprastanti. Il progetto ha assunto come fine rallentare il degrado e conservare la complessa trama di patinature e scialbi presenti sulla superficie lapidea: questo comporta affrontare la questione della possibilità di separare la funzione protettiva della pulitura – come azione finalizzata a ridare stabilità materica alla superficie- dal problema formale dell’esito della pulitura stessa. Il che significa da un lato definire la questione del cosa pulire, del come e del livello della pulitura, all’interno del fine conservativo dichiarato; dall’altro accettare esiti della pulitura definiti da superfici molto discontinue sia per dati cromatici che di superficie astenendosi dalla ricerca di forme di compiutezza, di unità per accettare, invece, condizioni di frammentazione nella lettura complessiva della facciata. Se da un lato, quindi, vi è la volontà di affrontare il problema della pulitura cercando la maggior coerenza possibile con il fine conservativo dichiarato, dall’altro vi è anche una riflessione più generale sul “senso” dell’intervento stesso; senso ricercato anche nella possibilità di rispettare la superficie lapidea nel suo essere tramite di un’esperienza di fruizione che consenta la percezione dell’appartenenza dell’opera stessa al “suo tempo”.
Cosa, come e quanto pulire
Quendolo, Alessandra
2004-01-01
Abstract
La pulitura del paramento lapideo della facciata di Ca’ Corner sottende un’impostazione del problema pensando alla pulitura non come fare tecnico dotato di metodi e strumenti ma come problema di impostazione teorica, come momento di riflessione prima e di azione poi. Il che implica definire il perché pulire e con quale fine e di conseguenza il cosa, il come e il quanto pulire. Il saggio è parte del progetto diagnostico redatto per l’intervento di manutenzione della facciata lapidea del palazzo e si colloca nell’ambito di uno studio che affronta il problema del “degrado” come insieme di tracce, di segni che testimoniano le dinamiche evolutive del manufatto: da questo punto di vista le diverse condizioni di annerimento osservabili sul paramento diventano potenziali indizi di trattamenti e si prestano ad una modalità di lettura che tende ad incrociare l’osservazione della morfologia delle condizioni di deposito presenti con l'individuazione degli interventi di restauro e manutenzione avvenuti nel tempo, indagati sia analizzando stratigraficamente il paramento lapideo sia con il riferimento alle fonti scritte e alle indagini analitiche. È stato possibile individuare, così, la presenza sul paramento di una complessa geografia di segni riconducibili alla stesura di patinature e scialbi con diversa condizione di interazione con la pietra e con i depositi soprastanti. Il progetto ha assunto come fine rallentare il degrado e conservare la complessa trama di patinature e scialbi presenti sulla superficie lapidea: questo comporta affrontare la questione della possibilità di separare la funzione protettiva della pulitura – come azione finalizzata a ridare stabilità materica alla superficie- dal problema formale dell’esito della pulitura stessa. Il che significa da un lato definire la questione del cosa pulire, del come e del livello della pulitura, all’interno del fine conservativo dichiarato; dall’altro accettare esiti della pulitura definiti da superfici molto discontinue sia per dati cromatici che di superficie astenendosi dalla ricerca di forme di compiutezza, di unità per accettare, invece, condizioni di frammentazione nella lettura complessiva della facciata. Se da un lato, quindi, vi è la volontà di affrontare il problema della pulitura cercando la maggior coerenza possibile con il fine conservativo dichiarato, dall’altro vi è anche una riflessione più generale sul “senso” dell’intervento stesso; senso ricercato anche nella possibilità di rispettare la superficie lapidea nel suo essere tramite di un’esperienza di fruizione che consenta la percezione dell’appartenenza dell’opera stessa al “suo tempo”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione