La Rovereto di fine Ottocento è città una moderna nel senso che J. Baudrillard attribuisce la termine di modernità, è cioè una città che fa della crisi un valore, che trasforma se stessa interpretando le aspettative e le aspirazioni dei suoi abitanti. Una città che traduce il paradigma dell’industrializzazione in una struttura urbana resa efficiente dalle infrastrutture e funzionale dalla netta distinzione tra le sue parti. Un modello che, pur adeguandosi ed adattandosi al mutare dei tempi e delle esigenze, non poteva che rivelare tutta la sua inadeguatezza nel momento in cui ad andare in crisi è stato lo stesso paradigma che lo aveva generato. È così che le infrastrutture hanno prodotto residui e le architetture e gli spazi della città moderna, svuotati delle loro funzioni, sono diventati degli scarti, degli ex. In pochi decenni Rovereto si è trovata a fare i conti con un’eredità ingombrante, non solo in termini quantitativi. Un’eredità fatta di opifici in disuso, aree di risulta, infrastrutture inadeguate alle nuove esigenze di mobilità. In estrema sintesi, in questi ultimi anni la città di Rovereto si è trovata di fronte alla necessità di ridare un senso alle sue parti e all’urgenza di reinventarsi nuovi legami e relazioni urbane e territoriali. La città sta costruendo una sua nuova identità, sta dando corso a una nuova storia. Non solo con il Progetto Manifattura, ma con una riflessione più ampia che coinvolge la sua struttura fisica, il suo tessuto connettivo, culturale e sociale. In una fase di spending review come quella attuale, in cui il risparmio di risorse – economiche, ma non solo - diventa più che un imperativo una necessità che orienta le scelte e gli stili di vita, Rovereto si candida a diventare un laboratorio di riciclo urbano. Un laboratorio dove sperimentare forme di riciclo che producano cultura, bellezza, affinché la città possa reinventare nuove relazioni con i suoi Ex.
Rovereto. Da città di ex a contesto di nuove relazioni
Rizzi, Chiara
2012-01-01
Abstract
La Rovereto di fine Ottocento è città una moderna nel senso che J. Baudrillard attribuisce la termine di modernità, è cioè una città che fa della crisi un valore, che trasforma se stessa interpretando le aspettative e le aspirazioni dei suoi abitanti. Una città che traduce il paradigma dell’industrializzazione in una struttura urbana resa efficiente dalle infrastrutture e funzionale dalla netta distinzione tra le sue parti. Un modello che, pur adeguandosi ed adattandosi al mutare dei tempi e delle esigenze, non poteva che rivelare tutta la sua inadeguatezza nel momento in cui ad andare in crisi è stato lo stesso paradigma che lo aveva generato. È così che le infrastrutture hanno prodotto residui e le architetture e gli spazi della città moderna, svuotati delle loro funzioni, sono diventati degli scarti, degli ex. In pochi decenni Rovereto si è trovata a fare i conti con un’eredità ingombrante, non solo in termini quantitativi. Un’eredità fatta di opifici in disuso, aree di risulta, infrastrutture inadeguate alle nuove esigenze di mobilità. In estrema sintesi, in questi ultimi anni la città di Rovereto si è trovata di fronte alla necessità di ridare un senso alle sue parti e all’urgenza di reinventarsi nuovi legami e relazioni urbane e territoriali. La città sta costruendo una sua nuova identità, sta dando corso a una nuova storia. Non solo con il Progetto Manifattura, ma con una riflessione più ampia che coinvolge la sua struttura fisica, il suo tessuto connettivo, culturale e sociale. In una fase di spending review come quella attuale, in cui il risparmio di risorse – economiche, ma non solo - diventa più che un imperativo una necessità che orienta le scelte e gli stili di vita, Rovereto si candida a diventare un laboratorio di riciclo urbano. Un laboratorio dove sperimentare forme di riciclo che producano cultura, bellezza, affinché la città possa reinventare nuove relazioni con i suoi Ex.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione