Due regioni del nord est, entrambe a statuto speciale sembrano aver sviluppato, negli ultimi decenni, storie di linguaggi architettonici doppi: lo storico dualismo di genti che caratterizza le due regioni al loro interno sembra essersi acuito, per quanto riguarda la cultura architettonica, con il repentino venir meno dei confini nazionali, entro un’Europa che non ha più bisogno di frontiere. In Friuli Venezia Giulia non si erano manifestate differenze di stili o approcci tra le due sub regioni che esprimevano una sorta di qualità diffusa nel declinare, in maniera originale, tendenze internazionali del movimento moderno, nei suoi aspetti meno scolastici: una buona qualità professionale di origine organicista che richiamava alle esperienze di F. L. Wright e che trovava punte di eccellenza, ad esempio, nel lavoro di Marcello d’Olivo - piano di urbanizzazione di Lignano Pineta- e nel lavoro prematuramente interrotto di Angelo Masieri. Un secondo filone storico, rappresentato dallo studio di Provino Valle, aveva saputo poi rinnovarsi con Gino Valle e la sorella Nani, entrando in contatto diretto con i più prestigiosi maestri americani e portando in regione, una particolare lettura di quanto aveva colto oltre oceano - da Mies alla Pop art. In Trentino è impossibile trovare tracce recenti dei maestri storici del razionalismo e post: né Libera né i Sottsàss sono di guida al professionismo locale. L’architettura sembra in attesa, in bilico tra voglia di lasciare segni di espressione individuale rincorrendo esotici sperimentalismi di stile, e la condiscendenza verso una cultura provinciale, non particolarmente formata in architettura, che si aspetta risposte acquietanti e note. In Alto Adige troviamo invece tracce importanti di un’architettura autonoma che pure rimane minoritaria rispetto ai canoni richiesti dal turismo montano che si riconosce in postmodernismi tirolesi, falsi ma efficaci per attirare il pubblico. Da queste tendenze ho pescato quelli che ho ritenuto gli esempi migliori o più significativi a rappresentare uno stato dell’arte, trascurando le bizzarrie di un’anonima professionalità senza padri che si ritrova purtroppo in tutto il paese.
Friuli Venezia Giulia – Trentino Alto Adige: un professionismo senza maestri - professionalism without masters
Lamanna, Claudio
2012-01-01
Abstract
Due regioni del nord est, entrambe a statuto speciale sembrano aver sviluppato, negli ultimi decenni, storie di linguaggi architettonici doppi: lo storico dualismo di genti che caratterizza le due regioni al loro interno sembra essersi acuito, per quanto riguarda la cultura architettonica, con il repentino venir meno dei confini nazionali, entro un’Europa che non ha più bisogno di frontiere. In Friuli Venezia Giulia non si erano manifestate differenze di stili o approcci tra le due sub regioni che esprimevano una sorta di qualità diffusa nel declinare, in maniera originale, tendenze internazionali del movimento moderno, nei suoi aspetti meno scolastici: una buona qualità professionale di origine organicista che richiamava alle esperienze di F. L. Wright e che trovava punte di eccellenza, ad esempio, nel lavoro di Marcello d’Olivo - piano di urbanizzazione di Lignano Pineta- e nel lavoro prematuramente interrotto di Angelo Masieri. Un secondo filone storico, rappresentato dallo studio di Provino Valle, aveva saputo poi rinnovarsi con Gino Valle e la sorella Nani, entrando in contatto diretto con i più prestigiosi maestri americani e portando in regione, una particolare lettura di quanto aveva colto oltre oceano - da Mies alla Pop art. In Trentino è impossibile trovare tracce recenti dei maestri storici del razionalismo e post: né Libera né i Sottsàss sono di guida al professionismo locale. L’architettura sembra in attesa, in bilico tra voglia di lasciare segni di espressione individuale rincorrendo esotici sperimentalismi di stile, e la condiscendenza verso una cultura provinciale, non particolarmente formata in architettura, che si aspetta risposte acquietanti e note. In Alto Adige troviamo invece tracce importanti di un’architettura autonoma che pure rimane minoritaria rispetto ai canoni richiesti dal turismo montano che si riconosce in postmodernismi tirolesi, falsi ma efficaci per attirare il pubblico. Da queste tendenze ho pescato quelli che ho ritenuto gli esempi migliori o più significativi a rappresentare uno stato dell’arte, trascurando le bizzarrie di un’anonima professionalità senza padri che si ritrova purtroppo in tutto il paese.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione