Si tratta di un saggio, dedicato al maestro Pierangelo Schiera, intorno all’oggetto e al metodo della storia costituzionale (Verfassungsgeschichte) e che tenta di fare il punto sull’esito della Konstitutionalismusdebatte che per decenni ha impegnato gli storici costituzionali, soprattutto tedeschi, della seconda metà del ventesimo secolo intorno alla forma e al sistema di governo monarchico-costituzionale. Il sospetto sul carattere almeno in parte esterno e dottrinario della Konstitutionalismusdebatte spinge a lasciar riemergere le forti motivazioni politico-culturali che lo hanno scatenato e alimentato a partire dalla pubblicazione della monumentale Deutsche Verfassungsgeschichte di Ernst Rudolf Huber, attraverso la quale minacciavano di essere surretiziamente rimessi in circolo gli schemi concettuali e interpretativi della storiografia di epoca nazionalsocialista. La giovane generazione di storici e giuristi costituzionali attivi dagli anni Sessanta del XX secolo, e tra di essi anzitutto Hans Boldt, vedeva nella storiografia costituzionale di Huber un ostacolo insormontabile al riavvio su nuove basi della storia e della storiografia politico-costituzionale della Germania, un impedimento alla Vergangenheitsbewaeltigung di fronte alle sfide lanciate dalle omologhe storiografie europee e d’oltreoceano con cui quotidianamente dialogava. Dopo la Konstitutionalismusdebatte è diventato in effetti sempre meno ammissibile pensare al dualismo e al conflitto strutturalmente insito nella forma di governo monarchico-costituzionale come conflitto tra due principi, monarchico e parlamentare, per vederlo invece come conflitto tra forze politiche e sociali storicamente determinate, forze che immancabilmente stavano dietro alle due istituzioni politiche chiave della monarchia costituzionale, e cioè il parlamento da un lato e il Re ed il suo governo dall’altro. Il rovesciamento di prospettiva storiografica indotto dalla Konstitutionalismusdebatte rispetto alla storiografia huberiana, che ad avviso dell’A. si è occupato principalmente di definire l’”essenza”, il Wesen della forma di governo monarchico-costituzionale tedesca del lungo Ottocento sotto le suggestioni del Ganzheitsdenken di ascendenza nazionalsocialista e di una concezione teleologica della storia tipicamente eurocentrica, non è stato tuttavia sufficiente, sempre secondo l’A., a cogliere esaustivamente i complessi e multidimensionali processi di costituzionalizzazione innescatisi nel lungo Ottocento e con ciò il fenomeno storico del costituzionalismo in tutta la sua complessità. Anche la nuova storiografia antihuberiana ha ritenuto a lungo che “constitutions marked a transition from the monarchical legitimisation of authority to parliamentarism and the sovereignty of the people, thereby advancing liberalism and democracy” , senza osare chiedersi se non sia piuttosto accaduto che le costituzioni ottocentesche e le monarchie costituzionali agirono essenzialmente nel senso di “legitimising monarchical and authoritarian regimes”, e furono messe in campo dai monarchi ottocenteschi anzitutto come ”anti-revolutionary devices”. Nel capitolo centrale su ‘La Costituzione come strumento di governo’, si sottolinea l’importanza di orientare l’indagine storico-costituzionale, non alla definizione del “Wesen” della monarchia costituzionale, quale è stata alla fine centrale, non solo nella Deutsche Verfassungsgeschichte di Huber, ma in tutta la Konstitutionalismusdebatte tedesca della seconda metà del secolo scorso, ma sulla funzione di volta in volta storicamente assegnata e/o concretamente svolta dalle ‘konstitutionelle Verfassungen’ e dalla monarchia costituzionale qui veicolata all’interno di un progetto di governo, di cui la costituzione quasi mai è il fine in sé quanto piuttosto generalmente uno strumento, uno strumento spesso tra molti altri, tra questi anzitutto l’organizzazione amministrativa. In questo modo si riesce a stare sul terreno della Verfassungswirklichkeit senza perdere di vista ciò che forse più conta della costituzione colta nel mezzo e nel corso del processo di costituzionalizzazione del lungo Ottocento, e cioè non solo il suo soggetto (chi la ha voluta e/o data e/o elaborata, e qui il riferimento è ovviamente non solo ai monarchi ma anche alla cerchia dei loro ministri e consiglieri) e il suo oggetto (la riorganizzazione in senso rappresentativo dello Stato e il riconoscimento in funzione di garanzia dei diritti individuali), ma anche il suo destinatario, il cosiddetto Recipient, andando così definitivamente oltre quel positivismo giuridico di origine ottocentesca che ancora oggi troppo spesso segna lo studio della storia (giuridico)-costituzionale. Al centro dell’indagine storico-costituzionale sarà così finalmente quella che senza dubbio fu la principale delle funzioni assegnate e/o concretamente svolte dalla costituzioni ottocentesche, e cioè la loro funzione antirivoluzionaria, che fu anche allo stesso tempo naturalmente di pacificazione sociale, di stabilizzazione politica dell’esistente, nonché, altrettanto spesso, di integrazione statal-nazionale.

La monarchia costituzionale nell'Europa del lungo Ottocento: da forma a strumento di governo

Manca, Anna Gianna
2011-01-01

Abstract

Si tratta di un saggio, dedicato al maestro Pierangelo Schiera, intorno all’oggetto e al metodo della storia costituzionale (Verfassungsgeschichte) e che tenta di fare il punto sull’esito della Konstitutionalismusdebatte che per decenni ha impegnato gli storici costituzionali, soprattutto tedeschi, della seconda metà del ventesimo secolo intorno alla forma e al sistema di governo monarchico-costituzionale. Il sospetto sul carattere almeno in parte esterno e dottrinario della Konstitutionalismusdebatte spinge a lasciar riemergere le forti motivazioni politico-culturali che lo hanno scatenato e alimentato a partire dalla pubblicazione della monumentale Deutsche Verfassungsgeschichte di Ernst Rudolf Huber, attraverso la quale minacciavano di essere surretiziamente rimessi in circolo gli schemi concettuali e interpretativi della storiografia di epoca nazionalsocialista. La giovane generazione di storici e giuristi costituzionali attivi dagli anni Sessanta del XX secolo, e tra di essi anzitutto Hans Boldt, vedeva nella storiografia costituzionale di Huber un ostacolo insormontabile al riavvio su nuove basi della storia e della storiografia politico-costituzionale della Germania, un impedimento alla Vergangenheitsbewaeltigung di fronte alle sfide lanciate dalle omologhe storiografie europee e d’oltreoceano con cui quotidianamente dialogava. Dopo la Konstitutionalismusdebatte è diventato in effetti sempre meno ammissibile pensare al dualismo e al conflitto strutturalmente insito nella forma di governo monarchico-costituzionale come conflitto tra due principi, monarchico e parlamentare, per vederlo invece come conflitto tra forze politiche e sociali storicamente determinate, forze che immancabilmente stavano dietro alle due istituzioni politiche chiave della monarchia costituzionale, e cioè il parlamento da un lato e il Re ed il suo governo dall’altro. Il rovesciamento di prospettiva storiografica indotto dalla Konstitutionalismusdebatte rispetto alla storiografia huberiana, che ad avviso dell’A. si è occupato principalmente di definire l’”essenza”, il Wesen della forma di governo monarchico-costituzionale tedesca del lungo Ottocento sotto le suggestioni del Ganzheitsdenken di ascendenza nazionalsocialista e di una concezione teleologica della storia tipicamente eurocentrica, non è stato tuttavia sufficiente, sempre secondo l’A., a cogliere esaustivamente i complessi e multidimensionali processi di costituzionalizzazione innescatisi nel lungo Ottocento e con ciò il fenomeno storico del costituzionalismo in tutta la sua complessità. Anche la nuova storiografia antihuberiana ha ritenuto a lungo che “constitutions marked a transition from the monarchical legitimisation of authority to parliamentarism and the sovereignty of the people, thereby advancing liberalism and democracy” , senza osare chiedersi se non sia piuttosto accaduto che le costituzioni ottocentesche e le monarchie costituzionali agirono essenzialmente nel senso di “legitimising monarchical and authoritarian regimes”, e furono messe in campo dai monarchi ottocenteschi anzitutto come ”anti-revolutionary devices”. Nel capitolo centrale su ‘La Costituzione come strumento di governo’, si sottolinea l’importanza di orientare l’indagine storico-costituzionale, non alla definizione del “Wesen” della monarchia costituzionale, quale è stata alla fine centrale, non solo nella Deutsche Verfassungsgeschichte di Huber, ma in tutta la Konstitutionalismusdebatte tedesca della seconda metà del secolo scorso, ma sulla funzione di volta in volta storicamente assegnata e/o concretamente svolta dalle ‘konstitutionelle Verfassungen’ e dalla monarchia costituzionale qui veicolata all’interno di un progetto di governo, di cui la costituzione quasi mai è il fine in sé quanto piuttosto generalmente uno strumento, uno strumento spesso tra molti altri, tra questi anzitutto l’organizzazione amministrativa. In questo modo si riesce a stare sul terreno della Verfassungswirklichkeit senza perdere di vista ciò che forse più conta della costituzione colta nel mezzo e nel corso del processo di costituzionalizzazione del lungo Ottocento, e cioè non solo il suo soggetto (chi la ha voluta e/o data e/o elaborata, e qui il riferimento è ovviamente non solo ai monarchi ma anche alla cerchia dei loro ministri e consiglieri) e il suo oggetto (la riorganizzazione in senso rappresentativo dello Stato e il riconoscimento in funzione di garanzia dei diritti individuali), ma anche il suo destinatario, il cosiddetto Recipient, andando così definitivamente oltre quel positivismo giuridico di origine ottocentesca che ancora oggi troppo spesso segna lo studio della storia (giuridico)-costituzionale. Al centro dell’indagine storico-costituzionale sarà così finalmente quella che senza dubbio fu la principale delle funzioni assegnate e/o concretamente svolte dalla costituzioni ottocentesche, e cioè la loro funzione antirivoluzionaria, che fu anche allo stesso tempo naturalmente di pacificazione sociale, di stabilizzazione politica dell’esistente, nonché, altrettanto spesso, di integrazione statal-nazionale.
2011
Dottrine e istituzioni in Occidente
Bologna
Il Mulino
9788815234032
Manca, Anna Gianna
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