Il volume è diviso in tre parti. La prima parte considera le identità culturali che assumono rilevanza giuridica: partendo da alcuni casi circoscritti, si analizzano i diritti differenziati attribuiti dagli ordinamenti giuridici ai gruppi. Si considerano le principali problematiche giuridiche relative ai diritti differenziati, attraverso la disamina dei “limiti del riconoscimento”: dalla laicità come principio caratterizzante in modo differente i diversi ordinamenti, alla libertà degli individui all’interno dei gruppi (“dissenso culturale”), alla c.d. cultural defense invocata nell’ambito penale. La prima parte del volume si conclude attraverso alcune ipotesi sui tratti caratterizzanti le identità culturali, che assumono rilevanza giuridica attraverso la concessione di alcuni diritti “particolari”, attraverso la disamina dei gruppi che hanno (o che non hanno) ottenuto riconoscimento nell’ambito della normativa in materia di discriminazione, in prospettiva comparata. La seconda parte si occupa della libertà di cura, definita come rapporto tra le scelte terapeutiche individuali e di sistema, che determinano i confini dei circuiti sanitari ufficiali. Entrambi gli aspetti della libertà di cura, sia la libertà del terapeuta (libertà di prestazione della cura), sia la libertà del paziente (libertà di ricezione della cura) possono scontrarsi con i limiti di sistema assunti a fondamento dal circuito sanitario ufficiale. La libertà del terapeuta si svolge sia all’interno di tali confini (scontrandosi con essi quando voglia dispensare trattamenti di cura considerati “alternativi”, quindi estranei al circuito sanitario ufficiale), sia al suo esterno, quando la libertà di curare sia rivendicata da soggetti che, in ipotesi, non sono in possesso delle abilitazioni previsti dai sistemi sanitari statali. La libertà di ricezione della cura è considerata in relazione al genus diritto all’autodeterminazione individuale, che è analizzato nei diversi ordinamenti giuridici. Si considera in che misura sussista un diritto costituzionale alla scelta del metodo di consista in una libertà negativa, o se esso includa anche un aspetto positivo che si sostanzia nel sostegno economico dei trattamenti terapeutici, siano essi o no appartenenti al circuito sanitario ufficiale. Nella terza parte, entrambi gli aspetti della libertà di cura sono considerati come possibile espressione di diritti culturali. La libertà terapeutica di prestazione assume i tratti del diritto culturale tipicamente nell’obiezione di coscienza, che garantisce il diritto d’essere esentati da un obbligo giuridico in virtù della propria identità culturale. Accanto ad esso sono considerati altri casi, tra i quali gli istituti di cura ad affiliazione religiosa. Dal secondo punto di vista (libertà di ricezione della cura) sono considerati i casi nei quali le identità culturali non trovano riconoscimento, quali ad esempio il rifiuto di emotrasfusioni o di parto cesareo da parte delle partorienti. Accanto ad essi sono analizzato alcuni casi “incerti”, come ad esempio la circoncisione rituale che si pone al confine dell’atto terapeutico. Infine sono considerati i casi di riconoscimento, quale il diritto d’obiezione all’obbligo d’immunizzazione contro alcune patologie, riconosciuto da alcune leggi statunitensi sia per motivazioni di carattere religioso, sia di carattere filosofico.
La libertà terapeutica come diritto culturale. Uno studio sul pluralismo nel diritto costituzionale comparato
Piciocchi, Cinzia
2006-01-01
Abstract
Il volume è diviso in tre parti. La prima parte considera le identità culturali che assumono rilevanza giuridica: partendo da alcuni casi circoscritti, si analizzano i diritti differenziati attribuiti dagli ordinamenti giuridici ai gruppi. Si considerano le principali problematiche giuridiche relative ai diritti differenziati, attraverso la disamina dei “limiti del riconoscimento”: dalla laicità come principio caratterizzante in modo differente i diversi ordinamenti, alla libertà degli individui all’interno dei gruppi (“dissenso culturale”), alla c.d. cultural defense invocata nell’ambito penale. La prima parte del volume si conclude attraverso alcune ipotesi sui tratti caratterizzanti le identità culturali, che assumono rilevanza giuridica attraverso la concessione di alcuni diritti “particolari”, attraverso la disamina dei gruppi che hanno (o che non hanno) ottenuto riconoscimento nell’ambito della normativa in materia di discriminazione, in prospettiva comparata. La seconda parte si occupa della libertà di cura, definita come rapporto tra le scelte terapeutiche individuali e di sistema, che determinano i confini dei circuiti sanitari ufficiali. Entrambi gli aspetti della libertà di cura, sia la libertà del terapeuta (libertà di prestazione della cura), sia la libertà del paziente (libertà di ricezione della cura) possono scontrarsi con i limiti di sistema assunti a fondamento dal circuito sanitario ufficiale. La libertà del terapeuta si svolge sia all’interno di tali confini (scontrandosi con essi quando voglia dispensare trattamenti di cura considerati “alternativi”, quindi estranei al circuito sanitario ufficiale), sia al suo esterno, quando la libertà di curare sia rivendicata da soggetti che, in ipotesi, non sono in possesso delle abilitazioni previsti dai sistemi sanitari statali. La libertà di ricezione della cura è considerata in relazione al genus diritto all’autodeterminazione individuale, che è analizzato nei diversi ordinamenti giuridici. Si considera in che misura sussista un diritto costituzionale alla scelta del metodo di consista in una libertà negativa, o se esso includa anche un aspetto positivo che si sostanzia nel sostegno economico dei trattamenti terapeutici, siano essi o no appartenenti al circuito sanitario ufficiale. Nella terza parte, entrambi gli aspetti della libertà di cura sono considerati come possibile espressione di diritti culturali. La libertà terapeutica di prestazione assume i tratti del diritto culturale tipicamente nell’obiezione di coscienza, che garantisce il diritto d’essere esentati da un obbligo giuridico in virtù della propria identità culturale. Accanto ad esso sono considerati altri casi, tra i quali gli istituti di cura ad affiliazione religiosa. Dal secondo punto di vista (libertà di ricezione della cura) sono considerati i casi nei quali le identità culturali non trovano riconoscimento, quali ad esempio il rifiuto di emotrasfusioni o di parto cesareo da parte delle partorienti. Accanto ad essi sono analizzato alcuni casi “incerti”, come ad esempio la circoncisione rituale che si pone al confine dell’atto terapeutico. Infine sono considerati i casi di riconoscimento, quale il diritto d’obiezione all’obbligo d’immunizzazione contro alcune patologie, riconosciuto da alcune leggi statunitensi sia per motivazioni di carattere religioso, sia di carattere filosofico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione