L’opera rappresenta una meditazione intorno ad una tematica che riveste grande attualità nell’odierno dibattito pubblico, come quella delle scelte di fine vita. Il tema viene avviato in un’ottica interdisciplinare, sicché ne vengono esaminati, in collegamento stretto fra di loro, non solo i profili di diritto privato, che pure costituiscono l’ossatura fondamentale dell’opera, ma anche quelli di diritto costituzionale, di diritto internazionale, di diritto penale, di filosofia del diritto e di politica del diritto, tutti direttamente funzionali ad una ricostruzione della sistematica relativa alla delicatissima disciplina del settore. Il punto di vista “laico” da cui prende le mosse il lavoro conduce ad una analisi che ha privilegiato una lettura rigorosa del principio di autodeterminazione sancito dall’art. 32 Cost. Alla luce di questa premessa si guarda a talune scelte che sembrano emergere dall’attività del legislatore in tema di efficacia delle cc.dd. direttive anticipate sui trattamenti sanitari, attività che viene subordinata a limiti e vincoli di dubbia compatibilità con il dettato costituzionale, proprio perché incurante del primato dell’autodeterminazione della persona, oltre che del ruolo della scienza medica quale limite alla discrezionalità del legislatore in materie legate alla salute. A questo riguardo, viene delineata anche la linea di confine tra rifiuto delle terapie medico-chirurgiche ed eutanasia, anche sotto il profilo del diritto penale, esaminando la giurisprudenza più rilevante e la dottrina che più autorevolmente ha trattato la questione. Nella parte più strettamente civilistica del lavoro, viene esaminata, in particolare, la natura giuridica delle direttive anticipate sui trattamenti sanitari, approfondendo in primo luogo il tema della configurabilità come atti giuridici negoziali o non negoziali e poi i profili della loro disciplina e del loro contenuto. Uno spazio specifico è dedicato, opportunamente, alla figura dell’amministratore di sostegno, che già nel diritto vigente funge da valido riferimento per l’affermazione delle volontà di soggetti che possono esprimerle direttamente. All’esito di questa ricostruzione dei dati normativi, delle opinioni dottrinali e dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, nonché dell’esame di una serie di strumenti internazionali ai quali anche l’ordinamento giuridico italiano dovrebbe adeguarsi, nello studio sono proposte talune riflessioni conclusive in cui si sottolinea come l’autodeterminazione rappresenti la forma di autonomia che più di ogni altra è in grado di consentire alla persona di improntare al proprio concetto di dignità individuale e sociale le scelte che sono strettamente collegate alla propria sfera esistenziale, prima fra tutte quella che concerne il segmento della vita che conduce alla morte. Viene, altresì, rilevato che l’autodeterminazione deve potersi esplicare attraverso l’atto di autonomia che l’ordinamento mette a disposizione della persona affinché questa manifesti liberamente la propria volontà, atto che suggella la cooperazione tra persona e ordinamento, la prima chiamata a scegliere (nei limiti fissati dalla legge penale allorché vieta l’omicidio del consenziente e l’aiuto al suicidio), il secondo a garantire gli effetti di quell’atto.

Autodeterminazione e dignità della morte

Pasquino, Teresa
2009-01-01

Abstract

L’opera rappresenta una meditazione intorno ad una tematica che riveste grande attualità nell’odierno dibattito pubblico, come quella delle scelte di fine vita. Il tema viene avviato in un’ottica interdisciplinare, sicché ne vengono esaminati, in collegamento stretto fra di loro, non solo i profili di diritto privato, che pure costituiscono l’ossatura fondamentale dell’opera, ma anche quelli di diritto costituzionale, di diritto internazionale, di diritto penale, di filosofia del diritto e di politica del diritto, tutti direttamente funzionali ad una ricostruzione della sistematica relativa alla delicatissima disciplina del settore. Il punto di vista “laico” da cui prende le mosse il lavoro conduce ad una analisi che ha privilegiato una lettura rigorosa del principio di autodeterminazione sancito dall’art. 32 Cost. Alla luce di questa premessa si guarda a talune scelte che sembrano emergere dall’attività del legislatore in tema di efficacia delle cc.dd. direttive anticipate sui trattamenti sanitari, attività che viene subordinata a limiti e vincoli di dubbia compatibilità con il dettato costituzionale, proprio perché incurante del primato dell’autodeterminazione della persona, oltre che del ruolo della scienza medica quale limite alla discrezionalità del legislatore in materie legate alla salute. A questo riguardo, viene delineata anche la linea di confine tra rifiuto delle terapie medico-chirurgiche ed eutanasia, anche sotto il profilo del diritto penale, esaminando la giurisprudenza più rilevante e la dottrina che più autorevolmente ha trattato la questione. Nella parte più strettamente civilistica del lavoro, viene esaminata, in particolare, la natura giuridica delle direttive anticipate sui trattamenti sanitari, approfondendo in primo luogo il tema della configurabilità come atti giuridici negoziali o non negoziali e poi i profili della loro disciplina e del loro contenuto. Uno spazio specifico è dedicato, opportunamente, alla figura dell’amministratore di sostegno, che già nel diritto vigente funge da valido riferimento per l’affermazione delle volontà di soggetti che possono esprimerle direttamente. All’esito di questa ricostruzione dei dati normativi, delle opinioni dottrinali e dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, nonché dell’esame di una serie di strumenti internazionali ai quali anche l’ordinamento giuridico italiano dovrebbe adeguarsi, nello studio sono proposte talune riflessioni conclusive in cui si sottolinea come l’autodeterminazione rappresenti la forma di autonomia che più di ogni altra è in grado di consentire alla persona di improntare al proprio concetto di dignità individuale e sociale le scelte che sono strettamente collegate alla propria sfera esistenziale, prima fra tutte quella che concerne il segmento della vita che conduce alla morte. Viene, altresì, rilevato che l’autodeterminazione deve potersi esplicare attraverso l’atto di autonomia che l’ordinamento mette a disposizione della persona affinché questa manifesti liberamente la propria volontà, atto che suggella la cooperazione tra persona e ordinamento, la prima chiamata a scegliere (nei limiti fissati dalla legge penale allorché vieta l’omicidio del consenziente e l’aiuto al suicidio), il secondo a garantire gli effetti di quell’atto.
2009
Padova
CEDAM
9788813302184
Pasquino, Teresa
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11572/76803
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact