Nell’opera narrativa di Jeanette Winterson vengono messi in discussione i limiti fra autobiografia e finzione, fra Vita e Arte. Non a caso, questo tema scorre sottotraccia in molti dei saggi inclusi nella raccolta "Art Objects. Essays on Ecstasy and Effrontery" (1995). Autrice nota per romanzi quali "Oranges Are Not the Only Fruit" (1985) e "Written on the Body" (1992), in cui il corpo, la sessualità e la passione vengono esplorati attraverso fittizie narrazioni (auto)biografiche (“the most powerful written work often masquerades as autobiography”, scrive nel saggio “The Semiotics of Sex”), Jeanette Winterson sembra incoraggiare una lettura autobiografica della sua opera anche utilizzando appieno altre forme narrative (rubriche su quotidiani o riviste, interviste TV, diari su siti web), in cui i dettagli della sua vita (ed in particolare la sua sessualità) assumono una particolare enfasi. Tuttavia, pur muovendosi, nella sua opera e nel suo raccontarsi ai lettori e alle lettrici, sempre sul confine fra finzione e realtà empirica, la scrittrice inglese rivendica il ruolo ‘traduttivo’ dell’Arte, intesa come strumento di trasformazione della vita in espressioni artistiche che superino i ‘limiti’ dell’autobiografia sia dell’autrice stessa sia dei/delle suoi/sue lettori/lettrici. Ci viene infatti restituita l’immagine di una narratrice di storie fittizie e autobiografiche, in cui la messa in scena del rapporto paradossale fra Arte e Vita stimola a mettere in discussione schemi ermeneutici prestabiliti.
Soggetti d’arte e di scambio: la semiotica del sé nei saggi di Jeanette Winterson / Coppola, Maria Micaela. - STAMPA. - (2005), pp. 283-294.
Soggetti d’arte e di scambio: la semiotica del sé nei saggi di Jeanette Winterson
Coppola, Maria Micaela
2005-01-01
Abstract
Nell’opera narrativa di Jeanette Winterson vengono messi in discussione i limiti fra autobiografia e finzione, fra Vita e Arte. Non a caso, questo tema scorre sottotraccia in molti dei saggi inclusi nella raccolta "Art Objects. Essays on Ecstasy and Effrontery" (1995). Autrice nota per romanzi quali "Oranges Are Not the Only Fruit" (1985) e "Written on the Body" (1992), in cui il corpo, la sessualità e la passione vengono esplorati attraverso fittizie narrazioni (auto)biografiche (“the most powerful written work often masquerades as autobiography”, scrive nel saggio “The Semiotics of Sex”), Jeanette Winterson sembra incoraggiare una lettura autobiografica della sua opera anche utilizzando appieno altre forme narrative (rubriche su quotidiani o riviste, interviste TV, diari su siti web), in cui i dettagli della sua vita (ed in particolare la sua sessualità) assumono una particolare enfasi. Tuttavia, pur muovendosi, nella sua opera e nel suo raccontarsi ai lettori e alle lettrici, sempre sul confine fra finzione e realtà empirica, la scrittrice inglese rivendica il ruolo ‘traduttivo’ dell’Arte, intesa come strumento di trasformazione della vita in espressioni artistiche che superino i ‘limiti’ dell’autobiografia sia dell’autrice stessa sia dei/delle suoi/sue lettori/lettrici. Ci viene infatti restituita l’immagine di una narratrice di storie fittizie e autobiografiche, in cui la messa in scena del rapporto paradossale fra Arte e Vita stimola a mettere in discussione schemi ermeneutici prestabiliti.File | Dimensione | Formato | |
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