La domanda essenziale (si legga esistenziale) che questa raccolta di saggi letterari di Massimo Rizzante solleva è la seguente: nel momento in cui non viviamo più il dialogo artistico come una necessità interiore e interumana, siamo ancora i continuatori della civiltà nata con Omero, della civiltà che ha posto l’opera d’arte al centro della polis? Homo poeticus e Homo politicus sono ancora fra noi? Nulla è ormai meno sicuro, risponde l’autore. Poeta, traduttore e saggista, fedele alla tradizione di Seferis, Paz e Brodskij, Massimo Rizzante non è il genere di critico che si abbarbica sulle opere letterarie, ma qualcuno che si forma con e attraverso la loro lettura. Non c’è nulla di astratto nel suo pensiero. E non c’è neppure nessun impressionismo. Si tratta di una critica incarnata: tutto comincia dalla vita concreta e tutto vi fa ritorno. Egli coniuga pratica ed etica, ironia e malinconia. Non è un caso che il suo libro inizi con un elogio delle riviste letterarie – questo luogo per eccellenza della gestazione artistica del XX secolo – e termini con un altro elogio, quello dell’«esilio liberatore», atto che riconduce l’artista di ogni tempo alla sua condizione primaria di uomo tra gli uomini. Dall’inizio alla fine l’autore individua i suoi bersagli polemici: l’infantocrazia dilagante, la mancanza di veri eredi dei maestri dell’arte modernista, i falsi insegnamenti delle scuole di scrittura, il turismo letterario, la fine delle gerarchie, la giovinezza degli scrittori venduta dalle case editrici come un valore, la libido dei grafomani e quella, non meno tenace, delle folle di ex-lettori ansiosi di ascoltare lo scrittore live... Ciò nonostante il suo tono non è quello di chi denuncia o si lamenta né di chi vuole a tutti i costi riparare i torti subiti. Convinto che l’inaudito rigetto del passato proprio dei «figli dell’eterno presente» che popolano la nostra epoca, dovrà fare i conti prima o poi con una rigenerazione umana, preferisce costruire ponti al di sopra di epoche e continenti. Senza mai allontanarsi dalla sua esperienza. Ci parla così della sua partecipazione al principio degli anni novanta al seminario sul romanzo europeo di Milan Kundera, avendo in mente il problema dell’eredità dei valori artistici. Compara Kafka e Coetzee ponendosi domande come: «Una volta che la nostra epoca ha superato la frontiera della riproducibilità tecnica degli esseri umani» che cosa resta del dolore animale? Passa da Bellow a Sabato, da Kis a Bolaño, da Svevo a Gombrowicz per approfondire una delle sue ossessioni – paradossale, ma ogni giorno più verificabile – che l’infantilizzazione del nostro mondo è l’altra faccia dell’infatuazione tanto insidiosa quanto inevitabile dell’uomo per la tecnica, ovvero ciò che di più umano esiste. Ogni pagina di questo libro è una scoperta, un varco nella nebbia che ci avvolge, una rivolta contro il narcisismo che sta sgretolando le fondamenta delle nostre società.

Non siamo gli ultimi: la letteratura tra fine dell'opera e rigenerazione umana / Rizzante, Massimo. - STAMPA. - (2009), pp. 1-128.

Non siamo gli ultimi: la letteratura tra fine dell'opera e rigenerazione umana

Rizzante, Massimo
2009-01-01

Abstract

La domanda essenziale (si legga esistenziale) che questa raccolta di saggi letterari di Massimo Rizzante solleva è la seguente: nel momento in cui non viviamo più il dialogo artistico come una necessità interiore e interumana, siamo ancora i continuatori della civiltà nata con Omero, della civiltà che ha posto l’opera d’arte al centro della polis? Homo poeticus e Homo politicus sono ancora fra noi? Nulla è ormai meno sicuro, risponde l’autore. Poeta, traduttore e saggista, fedele alla tradizione di Seferis, Paz e Brodskij, Massimo Rizzante non è il genere di critico che si abbarbica sulle opere letterarie, ma qualcuno che si forma con e attraverso la loro lettura. Non c’è nulla di astratto nel suo pensiero. E non c’è neppure nessun impressionismo. Si tratta di una critica incarnata: tutto comincia dalla vita concreta e tutto vi fa ritorno. Egli coniuga pratica ed etica, ironia e malinconia. Non è un caso che il suo libro inizi con un elogio delle riviste letterarie – questo luogo per eccellenza della gestazione artistica del XX secolo – e termini con un altro elogio, quello dell’«esilio liberatore», atto che riconduce l’artista di ogni tempo alla sua condizione primaria di uomo tra gli uomini. Dall’inizio alla fine l’autore individua i suoi bersagli polemici: l’infantocrazia dilagante, la mancanza di veri eredi dei maestri dell’arte modernista, i falsi insegnamenti delle scuole di scrittura, il turismo letterario, la fine delle gerarchie, la giovinezza degli scrittori venduta dalle case editrici come un valore, la libido dei grafomani e quella, non meno tenace, delle folle di ex-lettori ansiosi di ascoltare lo scrittore live... Ciò nonostante il suo tono non è quello di chi denuncia o si lamenta né di chi vuole a tutti i costi riparare i torti subiti. Convinto che l’inaudito rigetto del passato proprio dei «figli dell’eterno presente» che popolano la nostra epoca, dovrà fare i conti prima o poi con una rigenerazione umana, preferisce costruire ponti al di sopra di epoche e continenti. Senza mai allontanarsi dalla sua esperienza. Ci parla così della sua partecipazione al principio degli anni novanta al seminario sul romanzo europeo di Milan Kundera, avendo in mente il problema dell’eredità dei valori artistici. Compara Kafka e Coetzee ponendosi domande come: «Una volta che la nostra epoca ha superato la frontiera della riproducibilità tecnica degli esseri umani» che cosa resta del dolore animale? Passa da Bellow a Sabato, da Kis a Bolaño, da Svevo a Gombrowicz per approfondire una delle sue ossessioni – paradossale, ma ogni giorno più verificabile – che l’infantilizzazione del nostro mondo è l’altra faccia dell’infatuazione tanto insidiosa quanto inevitabile dell’uomo per la tecnica, ovvero ciò che di più umano esiste. Ogni pagina di questo libro è una scoperta, un varco nella nebbia che ci avvolge, una rivolta contro il narcisismo che sta sgretolando le fondamenta delle nostre società.
2009
Milano
Effigie
9788889416969
Rizzante, Massimo
Non siamo gli ultimi: la letteratura tra fine dell'opera e rigenerazione umana / Rizzante, Massimo. - STAMPA. - (2009), pp. 1-128.
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