Re-cycle, non può essere visto solo come una prassi ecologica e ambientale, ma è anche e sopratutto un’ attitudine politico-estetica potenzialmente creatrice di nuovi paradigmi, ci spinge a riflettere sui concetti di soggettività, collettività e quello che in inglese viene definito con un termine difficilmente traducibile, critical agency, cioè la capacità fondamentale-cruciale- di agire e scegliere in modo indipendente e libero, secondo la propria unica soggettività vivente in una collettività. Il successo o meno di strategie urbane basate sul riciclo è vincolato a mio parere alla condizione di far diventare il riciclo un tema corale capace di ristrutturare, e se vogliamo tautologicamente, riciclare, il concetto di critical agency : da singola autorialità con le sue proprietà intellettuali e il suo linguaggio estetico, a una forma di partecipazione, interazione e collaborazione di massa con una nuova estetica, l’estetica della scelta o della decisione di integrare un’emergente visione collettiva del territorio, del paesaggio e della città. E’ un concetto che si ricollega al pensiero evoluzionistico popolazionista e ci ricorda che non il singolo individuo ma la popolazione, il gruppo, la società sono il mezzo per la produzione di forme. Questa posizione, peraltro, nella storia dell’arte non è nè nuova nè rivoluzionaria basti pensare che nel XV secolo Leon Battista Alberti, ‘capomastro del rinascimento italiano’ impegnato a raggiungere un riconoscimento personale attraverso l’affermazione del proprio ruolo come unico e al di sopra degli altri nella costruzione di un edificio, credeva che la creatività fosse un processo sociale e non individuale. Il mutamento di prospettiva in termini di critical agency porterebbe con sè inevitabilmente un cambiamento in quello che Jacque Rancière definisce ‘la distribuzione del sensibile’ , cioè nuove forme d’ inclusione ed esclusione della collettività nel processo di appropriazione politico-estetica del reale, poichè l’accesso alle differenti distribuzioni del sensibile è lo strumento politico per eccellenza contro il monopolio. Il Reciclo, introiettando questo ruolo, diventerebbe quindi il linguaggio di una forma di dissenso estetico capace di approntare nuove politiche e nuove prassi. A questo si aggiunge che, essendoil Re-cycle una locuzione letteraria ed inevitabilmente anche un’affermazione politica, secondo il pensiero rancieriano sarebbe in grado di per sè non solo di ‘definire modelli di intervento o di azione ma anche regimi di intensità del sensibile [...], modificando le velocità, le traiettorie e i modi in cui gruppi di persone aderiscono a una condizione, reagiscono a situazioni , riconoscono le loro immagini. Esse [le locuzioni letterarie e le affermazioni politiche] riconfigurano la mappa del sensibile, interferendo con la funzionalità dei gesti e dei ritmi adattati ai cicli naturali di produzione, riproduzione e presentazione .’ L’opposizione autorevole vs politico non avrebbe quindi più motivo di sussistere perchè, nell’accezione aristotelica di politico, cioè, sociale, il politico ovvero la società diventerebbe autorevole.
Re-cycling critical agency
Di Carlo, Ilaria
2014-01-01
Abstract
Re-cycle, non può essere visto solo come una prassi ecologica e ambientale, ma è anche e sopratutto un’ attitudine politico-estetica potenzialmente creatrice di nuovi paradigmi, ci spinge a riflettere sui concetti di soggettività, collettività e quello che in inglese viene definito con un termine difficilmente traducibile, critical agency, cioè la capacità fondamentale-cruciale- di agire e scegliere in modo indipendente e libero, secondo la propria unica soggettività vivente in una collettività. Il successo o meno di strategie urbane basate sul riciclo è vincolato a mio parere alla condizione di far diventare il riciclo un tema corale capace di ristrutturare, e se vogliamo tautologicamente, riciclare, il concetto di critical agency : da singola autorialità con le sue proprietà intellettuali e il suo linguaggio estetico, a una forma di partecipazione, interazione e collaborazione di massa con una nuova estetica, l’estetica della scelta o della decisione di integrare un’emergente visione collettiva del territorio, del paesaggio e della città. E’ un concetto che si ricollega al pensiero evoluzionistico popolazionista e ci ricorda che non il singolo individuo ma la popolazione, il gruppo, la società sono il mezzo per la produzione di forme. Questa posizione, peraltro, nella storia dell’arte non è nè nuova nè rivoluzionaria basti pensare che nel XV secolo Leon Battista Alberti, ‘capomastro del rinascimento italiano’ impegnato a raggiungere un riconoscimento personale attraverso l’affermazione del proprio ruolo come unico e al di sopra degli altri nella costruzione di un edificio, credeva che la creatività fosse un processo sociale e non individuale. Il mutamento di prospettiva in termini di critical agency porterebbe con sè inevitabilmente un cambiamento in quello che Jacque Rancière definisce ‘la distribuzione del sensibile’ , cioè nuove forme d’ inclusione ed esclusione della collettività nel processo di appropriazione politico-estetica del reale, poichè l’accesso alle differenti distribuzioni del sensibile è lo strumento politico per eccellenza contro il monopolio. Il Reciclo, introiettando questo ruolo, diventerebbe quindi il linguaggio di una forma di dissenso estetico capace di approntare nuove politiche e nuove prassi. A questo si aggiunge che, essendoil Re-cycle una locuzione letteraria ed inevitabilmente anche un’affermazione politica, secondo il pensiero rancieriano sarebbe in grado di per sè non solo di ‘definire modelli di intervento o di azione ma anche regimi di intensità del sensibile [...], modificando le velocità, le traiettorie e i modi in cui gruppi di persone aderiscono a una condizione, reagiscono a situazioni , riconoscono le loro immagini. Esse [le locuzioni letterarie e le affermazioni politiche] riconfigurano la mappa del sensibile, interferendo con la funzionalità dei gesti e dei ritmi adattati ai cicli naturali di produzione, riproduzione e presentazione .’ L’opposizione autorevole vs politico non avrebbe quindi più motivo di sussistere perchè, nell’accezione aristotelica di politico, cioè, sociale, il politico ovvero la società diventerebbe autorevole.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione