Il libro ridefinisce la personalità artistica e il catalogo di Antonio e Piero del Pollaiolo, artisti di primo piano nella Firenze del tempo di Lorenzo il Magnifico, la cui immagine ci è pervenuta alquanto offuscata da una complessa e controversa vicenda critica. Nell’opinione corrente, che affonda le radici nella biografia dedicata ai due fratelli da Giorgio Vasari (1550), Piero è sostanzialmente ridotto al ruolo di modesto assistente di Antonio e il suo corpus autografo si riduce a pochissimi dipinti. La sostanziale revisione di tale assunto critico che qui si propone muove da un riesame delle fonti quattrocentesche e dei documenti d’archivio, sempre concordi nel distinguere tra Antonio (orafo, maestro del bronzo e solo occasionalmente pittore) e Piero (esclusivamente pittore). A Piero dunque, sulla scorta delle testimonianze antiche e di un rinnovato esame dello stile, si propone di restituire la gran parte di quei celebri dipinti che fin qui sono stati assegnati al fratello maggiore: dalla pala per il cardinale di Portogallo agli Uffizi al Martirio di San Sebastiano oggi alla National Gallery di Londra. Piero dichiara in queste tavole la sua spiccata propensione per la pittura fiamminga, tanto nell'impiego della nuova tecnica del legante a olio quanto nel nitore ottico dei paesaggi o nella resa minuta dei dettagli dell’abbigliamento. Alla comprensione della grandezza di Antonio nuoce invece molto la perdita quasi totale della sua produzione orafa: coppe, bacili, candelieri, croci, turiboli, calici e reliquari in oro, argento e smalti documentati in grande abbondanza ma tutti distrutti nel corso dei secoli per recuperare i preziosi materiali. Accanto alle due celeberrime tombe in bronzo dei papi Sisto IV e Innocenzo VIII in San Pietro in Vaticano e al mirabile corpus di disegni, nel libro sono chiamate in causa altre opere meno note che contribuiscono a definire meglio la fisionomia di Antonio e la sua straordinaria versatilità tecnica: dallo scudo in legno e stucco del Louvre raffigurante Milone di Crotone, al grande crocifisso ligneo in San Lorenzo a Firenze. Si sottolinea infine un aspetto particolarmente significativo per ricostruire la vicenda fratelli dei Pollaiolo nel suo contesto, ovvero il ruolo della committenza, composta di personalità strettamente legate alla figura di Lorenzo de’ Medici. Spiccano in particolare, sia per il numero sia per la rilevanza degli incarichi affidati agli artisti, i fratelli Jacopo e Giovanni Lanfredini, che ebbero con ogni probabilità una parte importante anche nel trasferimento di Antonio a Roma, presso la curia pontificia.

I Pollaiolo / Galli, Aldo. - STAMPA. - 7:(2005).

I Pollaiolo

Galli, Aldo
2005-01-01

Abstract

Il libro ridefinisce la personalità artistica e il catalogo di Antonio e Piero del Pollaiolo, artisti di primo piano nella Firenze del tempo di Lorenzo il Magnifico, la cui immagine ci è pervenuta alquanto offuscata da una complessa e controversa vicenda critica. Nell’opinione corrente, che affonda le radici nella biografia dedicata ai due fratelli da Giorgio Vasari (1550), Piero è sostanzialmente ridotto al ruolo di modesto assistente di Antonio e il suo corpus autografo si riduce a pochissimi dipinti. La sostanziale revisione di tale assunto critico che qui si propone muove da un riesame delle fonti quattrocentesche e dei documenti d’archivio, sempre concordi nel distinguere tra Antonio (orafo, maestro del bronzo e solo occasionalmente pittore) e Piero (esclusivamente pittore). A Piero dunque, sulla scorta delle testimonianze antiche e di un rinnovato esame dello stile, si propone di restituire la gran parte di quei celebri dipinti che fin qui sono stati assegnati al fratello maggiore: dalla pala per il cardinale di Portogallo agli Uffizi al Martirio di San Sebastiano oggi alla National Gallery di Londra. Piero dichiara in queste tavole la sua spiccata propensione per la pittura fiamminga, tanto nell'impiego della nuova tecnica del legante a olio quanto nel nitore ottico dei paesaggi o nella resa minuta dei dettagli dell’abbigliamento. Alla comprensione della grandezza di Antonio nuoce invece molto la perdita quasi totale della sua produzione orafa: coppe, bacili, candelieri, croci, turiboli, calici e reliquari in oro, argento e smalti documentati in grande abbondanza ma tutti distrutti nel corso dei secoli per recuperare i preziosi materiali. Accanto alle due celeberrime tombe in bronzo dei papi Sisto IV e Innocenzo VIII in San Pietro in Vaticano e al mirabile corpus di disegni, nel libro sono chiamate in causa altre opere meno note che contribuiscono a definire meglio la fisionomia di Antonio e la sua straordinaria versatilità tecnica: dallo scudo in legno e stucco del Louvre raffigurante Milone di Crotone, al grande crocifisso ligneo in San Lorenzo a Firenze. Si sottolinea infine un aspetto particolarmente significativo per ricostruire la vicenda fratelli dei Pollaiolo nel suo contesto, ovvero il ruolo della committenza, composta di personalità strettamente legate alla figura di Lorenzo de’ Medici. Spiccano in particolare, sia per il numero sia per la rilevanza degli incarichi affidati agli artisti, i fratelli Jacopo e Giovanni Lanfredini, che ebbero con ogni probabilità una parte importante anche nel trasferimento di Antonio a Roma, presso la curia pontificia.
2005
Milano
5 continents
9788874391158
Galli, Aldo
I Pollaiolo / Galli, Aldo. - STAMPA. - 7:(2005).
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