Il saggio esplora aspetti autobiografici del corpus beckettiano alla luce delle più recenti teorie post-strutturaliste sull’autobiografia. Lo scopo è duplice: approfondire le teorie sull’autobiografia ed allargare lo spettro delle interpretazioni di due testi beckettiani. Lo sguardo critico si sposta dalla referenza autobiografica (approccio critico tradizionale), all’idea di autobiografia come “figura di lettura” (Cfr. Paul deMan e Jacques Derrida), valorizzando la consapevolezza delle possibili scelte proiettive del lettore che decide cosa trovare nel testo: un soggetto, o una funzione testuale, o discorsiva, o autobiografica. Solo la lettura autobiografica produce l’autobiografia; in base a questo orientamento teorico, qualunque opera beckettina può essere considerate autobiografica, e dunque il riferimento a due soltanto si motiva come esemplare, anche alla luce del fatto che “ogni riga di Beckett contiene tutto Beckett” (Alan Schneider). Contrariamente ad una radicale negazione della possibilità autoriale, o alla riduzione dell’autore ad “autore implicito”, il saggio esplora le figurazioni autoriali sulla base della decisione preliminare di leggere autobiograficamente. Dato il noto scetticismo logocentrico che pervade il corpus beckettiano, sembra particolarmente utile sottolineare come la “mimetic fallacy” che appiattisce la distanza tra l’“io” e il “sé” venga ridicolizzata, ma al contempo prendere la parola è già da sempre un parlare di sé (anche se referenzialmente si parla d’altro). Not I evidenzia un soggetto che resiste strenuamente contro un’identificazione narcisistica del sé, affidata ad un’ingenua credenza sull’autoespressione, mentre Krapp’s Last Tape evidenzia l’impossibile coincidenza di “io” e “sé” a livello performativo: ogni registrazione funzionale all’autoritratto fallisce (alla luce dell’incessante scorrere del tempo), e l’agnizione finale vede il protagonista pronto a riconoscere che il meglio che può fare è prendersi per un’altro che gli somiglia. L’ironia sull’autobiografia basata sull’asseverazione delle referenza non potrebbe essere più lucida.
Projections: Beckett's KRAPP's LAST TAPE and NOT I as Autobiographies
Locatelli, Carla
2008-01-01
Abstract
Il saggio esplora aspetti autobiografici del corpus beckettiano alla luce delle più recenti teorie post-strutturaliste sull’autobiografia. Lo scopo è duplice: approfondire le teorie sull’autobiografia ed allargare lo spettro delle interpretazioni di due testi beckettiani. Lo sguardo critico si sposta dalla referenza autobiografica (approccio critico tradizionale), all’idea di autobiografia come “figura di lettura” (Cfr. Paul deMan e Jacques Derrida), valorizzando la consapevolezza delle possibili scelte proiettive del lettore che decide cosa trovare nel testo: un soggetto, o una funzione testuale, o discorsiva, o autobiografica. Solo la lettura autobiografica produce l’autobiografia; in base a questo orientamento teorico, qualunque opera beckettina può essere considerate autobiografica, e dunque il riferimento a due soltanto si motiva come esemplare, anche alla luce del fatto che “ogni riga di Beckett contiene tutto Beckett” (Alan Schneider). Contrariamente ad una radicale negazione della possibilità autoriale, o alla riduzione dell’autore ad “autore implicito”, il saggio esplora le figurazioni autoriali sulla base della decisione preliminare di leggere autobiograficamente. Dato il noto scetticismo logocentrico che pervade il corpus beckettiano, sembra particolarmente utile sottolineare come la “mimetic fallacy” che appiattisce la distanza tra l’“io” e il “sé” venga ridicolizzata, ma al contempo prendere la parola è già da sempre un parlare di sé (anche se referenzialmente si parla d’altro). Not I evidenzia un soggetto che resiste strenuamente contro un’identificazione narcisistica del sé, affidata ad un’ingenua credenza sull’autoespressione, mentre Krapp’s Last Tape evidenzia l’impossibile coincidenza di “io” e “sé” a livello performativo: ogni registrazione funzionale all’autoritratto fallisce (alla luce dell’incessante scorrere del tempo), e l’agnizione finale vede il protagonista pronto a riconoscere che il meglio che può fare è prendersi per un’altro che gli somiglia. L’ironia sull’autobiografia basata sull’asseverazione delle referenza non potrebbe essere più lucida.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione