Il presente volume dedicato alle vicende di Palazzo Pretorio dalle origini all’epoca attuale raccoglie i risultati conseguiti grazie allo spoglio, all’analisi critica e all’assemblaggio dei dati archeologici, architettonici e d’archivio relativi all’area ubicata a sud dell’antica porta Veronensis romana che, da zona inizialmente periferica ed extra urbana, divenne gradualmente nel corso dell’età tardoantica, medievale e moderna uno dei più importanti punti di riferimento della città di Trento fino a diventarne il fulcro principale. Perché una cosa è certa: l’area di Palazzo Pretorio, una volta che ne venne sancita in modo definitivo una dimensione squisitamente pubblica (in cui rientrano anche le funzioni temporali esercitate dai vescovi a partire dall’età carolingia), finì per identificarsi con l’immagine tuttora di maggior successo della città stessa, solo in epoca molto avanzata parzialmente condivisa con il Castello del Buonconsiglio a sua volta eretto in un’area originariamente extra-urbana. Questa trasformazione, progressiva ma irreversibile, fu strettamente intrecciata alle vicende della città il cui sviluppo istituzionale, urbanistico, sociale, economico ed artistico va considerato il riflesso da una parte degli equilibri di potere di volta in volta attivi a scala locale, regionale e sovraregionale, dall’altra delle dinamiche, non sempre lineari, intercorse tra i ceti dirigenti di ambito laico e quelli di ambito ecclesiastico. Rimandando nello specifico ai singoli contributi raccolti nel presente volume alcuni punti fermi segnano questa evoluzione: in epoca tardoantica la costruzione della basilica vigiliana, sede indiscussa dell’identità cristiana locale grazie alla presenza delle reliquie dei tre martiri anauniesi; in età carolingia la costruzione di un’aula di rappresentanza probabilmente destinata alle massime cariche laiche dell’epoca ma di certo non a caso eretta a fianco della basilica vigiliana; nell’XI secolo la menzione di un palazzo episcopale sede di un presule che al contempo era stato investito delle massime cariche comitali; nel XII-XIII secolo la consacrazione definitiva a centro di potere grazie al vescovo Federico Vanga cui si deve anche l’impianto dell’attuale Palazzo Pretorio in quel torno di tempo trasformato in un blocco unico compreso tra la Torre di Piazza e il cosiddetto ‘castelletto’, e forse un po’ troppo artificiosamente riprodotto nel corso dei restauri ottocenteschi e novecenteschi. Successivamente le vicende appaiono un po’ più frammentate e sostanzialmente caratterizzate da una contrapposizione tra una parte laica (a nord) e una ecclesiastica (a sud). In ogni caso, il ruolo e la monumentalità del Palazzo, anche nelle vicende che lo hanno caratterizzato nel corso dei restauri ottocenteschi e novecenteschi non vennero mai meno. La sintesi delineata consente solo un rapido riferimento agli esiti di una ricerca condotta in circa tre anni da un gruppo di lavoro che con competenze diverse ha saputo tracciare una linea di ricerca fondata sul continuo e costante confronto dei propri saperi, con esiti che proprio tale confronto ha potuto consentire. Una precisazione è tuttavia necessaria per spiegare le scelte, in alcuni casi sofferte, relative al piano dell’opera e ai singoli contributi che si è cercato di armonizzare il più possibile tra loro. Durante i tre anni di ricerca ci si è infatti resi conto che l’enorme mole di dati raccolti (soprattutto documentari e architettonici) avrebbe potuto dare l’avvio ad una nuova e fruttuosa stagione di ricerche sull’importante complesso edilizio di Palazzo pretorio, di fatto mai oggetto in tempi recenti di ricerche specifiche ed organiche, fornendo al contempo ad altri ricercatori, non coinvolti nel presente progetto, gli strumenti per proseguire ed approfondire quanto qui proposto. Ampio spazio è stato pertanto attribuito alle fonti d’archivio che aggiornano un quadro di fatto fino ad oggi fermo alla fine dell’Ottocento, così come si è ritenuto opportuno sviscerare, pur con tutti i dubbi, le cautele, le vicende costruttive relative alle preesistenze e agli sviluppi del cosiddetto ‘castelletto’, ovvero alla cellula primitiva e fondante dell’attuale palazzo. D’altro canto si è cercato di dar conto di quali sono state le vicende più recenti che attraverso progetti di restauro, ricostruzioni, interventi conservativi ma anche talvolta sterri hanno portato alla facies dell’edificio che ancora oggi ammiriamo e fa da sfondo all’attuale Piazza Duomo. Si è consapevoli che alcuni aspetti sono rimasti indietro ma, volendo stilare una sorta di gerarchia delle priorità, si è altrettanto consapevoli che solo adesso che si hanno le idee sufficientemente chiare sulla documentazione d’archivio relativa all’intero complesso e sulle vicende costruttive delle parti più antiche del palazzo si può procedere in altre direzioni di ricerca. Il primo pensiero su cosa resta da fare va alla disanima delle preesistenze romane e medievali sottostanti la parte nord del Palazzo e al loro rapporto con l’antica porta Veronensis, in questa sede accennate ma non approfondite. Contestualmente un altro passaggio importante appare costituito dalla ricostruzione urbanistica dell’intero quartiere in cui il Palazzo si collocava e della sua evoluzione nel tempo tenendo conto di una molteplicità di fattori di cui se ne citano solo alcuni: fenomeni paleoambientali, gestione delle acque, tecniche edilizie e fonti di approvvigionamento delle materie prime, successo di determinati tipi edilizi a discapito di altri, paesaggi urbani, strategie urbanistiche e di affermazione sociale di chi abitava in quel quartiere rispetto a coloro che risiedevano in altre parti della città etc. Così come la necessità di approfondire la conoscenza degli aspetti materiali dell’edificio, relativi ad esempio, alle malte, agli intonaci, agli elementi lignei, ai laterizi, ma non solo, con indagini diagnostiche che ne possano consentire una caratterizzazione utile al confronto e alla verifica di quanto sta emergendo dagli studi fino ad ora condotti. L’auspicio è pertanto che in prossimo futuro le ricerche continuino, approfondendo ed espandendo le problematiche relative a Palazzo Pretorio raccolte in questo volume.
Palazzo Pretorio. Da residenza vescovile a sede del Museo diocesano tridentino: una storia plurisecolare / Anderle, Michele; Cagol, Franco; Possenti, Elisa; Quendolo, Alessandra. - (2024).
Palazzo Pretorio. Da residenza vescovile a sede del Museo diocesano tridentino: una storia plurisecolare
Cagol, Franco;Possenti, Elisa;Quendolo, Alessandra
2024-01-01
Abstract
Il presente volume dedicato alle vicende di Palazzo Pretorio dalle origini all’epoca attuale raccoglie i risultati conseguiti grazie allo spoglio, all’analisi critica e all’assemblaggio dei dati archeologici, architettonici e d’archivio relativi all’area ubicata a sud dell’antica porta Veronensis romana che, da zona inizialmente periferica ed extra urbana, divenne gradualmente nel corso dell’età tardoantica, medievale e moderna uno dei più importanti punti di riferimento della città di Trento fino a diventarne il fulcro principale. Perché una cosa è certa: l’area di Palazzo Pretorio, una volta che ne venne sancita in modo definitivo una dimensione squisitamente pubblica (in cui rientrano anche le funzioni temporali esercitate dai vescovi a partire dall’età carolingia), finì per identificarsi con l’immagine tuttora di maggior successo della città stessa, solo in epoca molto avanzata parzialmente condivisa con il Castello del Buonconsiglio a sua volta eretto in un’area originariamente extra-urbana. Questa trasformazione, progressiva ma irreversibile, fu strettamente intrecciata alle vicende della città il cui sviluppo istituzionale, urbanistico, sociale, economico ed artistico va considerato il riflesso da una parte degli equilibri di potere di volta in volta attivi a scala locale, regionale e sovraregionale, dall’altra delle dinamiche, non sempre lineari, intercorse tra i ceti dirigenti di ambito laico e quelli di ambito ecclesiastico. Rimandando nello specifico ai singoli contributi raccolti nel presente volume alcuni punti fermi segnano questa evoluzione: in epoca tardoantica la costruzione della basilica vigiliana, sede indiscussa dell’identità cristiana locale grazie alla presenza delle reliquie dei tre martiri anauniesi; in età carolingia la costruzione di un’aula di rappresentanza probabilmente destinata alle massime cariche laiche dell’epoca ma di certo non a caso eretta a fianco della basilica vigiliana; nell’XI secolo la menzione di un palazzo episcopale sede di un presule che al contempo era stato investito delle massime cariche comitali; nel XII-XIII secolo la consacrazione definitiva a centro di potere grazie al vescovo Federico Vanga cui si deve anche l’impianto dell’attuale Palazzo Pretorio in quel torno di tempo trasformato in un blocco unico compreso tra la Torre di Piazza e il cosiddetto ‘castelletto’, e forse un po’ troppo artificiosamente riprodotto nel corso dei restauri ottocenteschi e novecenteschi. Successivamente le vicende appaiono un po’ più frammentate e sostanzialmente caratterizzate da una contrapposizione tra una parte laica (a nord) e una ecclesiastica (a sud). In ogni caso, il ruolo e la monumentalità del Palazzo, anche nelle vicende che lo hanno caratterizzato nel corso dei restauri ottocenteschi e novecenteschi non vennero mai meno. La sintesi delineata consente solo un rapido riferimento agli esiti di una ricerca condotta in circa tre anni da un gruppo di lavoro che con competenze diverse ha saputo tracciare una linea di ricerca fondata sul continuo e costante confronto dei propri saperi, con esiti che proprio tale confronto ha potuto consentire. Una precisazione è tuttavia necessaria per spiegare le scelte, in alcuni casi sofferte, relative al piano dell’opera e ai singoli contributi che si è cercato di armonizzare il più possibile tra loro. Durante i tre anni di ricerca ci si è infatti resi conto che l’enorme mole di dati raccolti (soprattutto documentari e architettonici) avrebbe potuto dare l’avvio ad una nuova e fruttuosa stagione di ricerche sull’importante complesso edilizio di Palazzo pretorio, di fatto mai oggetto in tempi recenti di ricerche specifiche ed organiche, fornendo al contempo ad altri ricercatori, non coinvolti nel presente progetto, gli strumenti per proseguire ed approfondire quanto qui proposto. Ampio spazio è stato pertanto attribuito alle fonti d’archivio che aggiornano un quadro di fatto fino ad oggi fermo alla fine dell’Ottocento, così come si è ritenuto opportuno sviscerare, pur con tutti i dubbi, le cautele, le vicende costruttive relative alle preesistenze e agli sviluppi del cosiddetto ‘castelletto’, ovvero alla cellula primitiva e fondante dell’attuale palazzo. D’altro canto si è cercato di dar conto di quali sono state le vicende più recenti che attraverso progetti di restauro, ricostruzioni, interventi conservativi ma anche talvolta sterri hanno portato alla facies dell’edificio che ancora oggi ammiriamo e fa da sfondo all’attuale Piazza Duomo. Si è consapevoli che alcuni aspetti sono rimasti indietro ma, volendo stilare una sorta di gerarchia delle priorità, si è altrettanto consapevoli che solo adesso che si hanno le idee sufficientemente chiare sulla documentazione d’archivio relativa all’intero complesso e sulle vicende costruttive delle parti più antiche del palazzo si può procedere in altre direzioni di ricerca. Il primo pensiero su cosa resta da fare va alla disanima delle preesistenze romane e medievali sottostanti la parte nord del Palazzo e al loro rapporto con l’antica porta Veronensis, in questa sede accennate ma non approfondite. Contestualmente un altro passaggio importante appare costituito dalla ricostruzione urbanistica dell’intero quartiere in cui il Palazzo si collocava e della sua evoluzione nel tempo tenendo conto di una molteplicità di fattori di cui se ne citano solo alcuni: fenomeni paleoambientali, gestione delle acque, tecniche edilizie e fonti di approvvigionamento delle materie prime, successo di determinati tipi edilizi a discapito di altri, paesaggi urbani, strategie urbanistiche e di affermazione sociale di chi abitava in quel quartiere rispetto a coloro che risiedevano in altre parti della città etc. Così come la necessità di approfondire la conoscenza degli aspetti materiali dell’edificio, relativi ad esempio, alle malte, agli intonaci, agli elementi lignei, ai laterizi, ma non solo, con indagini diagnostiche che ne possano consentire una caratterizzazione utile al confronto e alla verifica di quanto sta emergendo dagli studi fino ad ora condotti. 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