Quando la tradizione del romanzo diventa oggetto di studio e di riflessione critica per gli stessi autori – come nel caso di Gianni Celati e di Milan Kundera – il risultato può giungere a integrare gli scenari prodotti dalla storia letteraria e dalla critica teorica. In questi casi la poetica storica degli autori sembra tornare a muovere l’indirizzo degli studi del fenomeno letterario – come ha scritto Lakis Proguidis – «dal desiderio (di scrivere o di leggere) al piacere dell’opera finita (piacere che si prova nello scriverla come nell’ammirarla)». Le due letture della tradizione del romanzo prese in esame in questo libro, considerate sia per quanto concerne l’aspetto saggistico che per il modo in cui emergono dalla produzione narrativa degli autori, si traducono in due genealogie del romanzo ad un tempo personali e immaginarie, due genealogie che illuminano i caratteri principali di questo genere e che ne identificano a loro modo alcune costanti. In questa prospettiva, nonostante i grandi risultati raggiunti, il XIX secolo non è affatto da considerare il periodo più luminoso nella storia del romanzo, ma al contrario una fase di impoverimento delle sue possibilità formali. La presenza di queste opzioni estetiche, di una marcata linea di continuità segnata dall’opera dei propri predecessori offre nell’opera di Kundera e di Celati un’immagine dinamica e persuasiva della tradizione di questo genere. Del resto, è nell’ambito concreto, quotidiano di una pratica narrativa che l’arte letteraria può valutare davvero l’eredità del romanzo: nelle sue continue riformulazioni. Un’eredità multiforme, a volte «denigrata», impoverita che non si può accettare senza discutere.
La parte e l'intero: l'eredità del romanzo in Gianni Celati e Milan Kundera
Nardon, Walter
2007-01-01
Abstract
Quando la tradizione del romanzo diventa oggetto di studio e di riflessione critica per gli stessi autori – come nel caso di Gianni Celati e di Milan Kundera – il risultato può giungere a integrare gli scenari prodotti dalla storia letteraria e dalla critica teorica. In questi casi la poetica storica degli autori sembra tornare a muovere l’indirizzo degli studi del fenomeno letterario – come ha scritto Lakis Proguidis – «dal desiderio (di scrivere o di leggere) al piacere dell’opera finita (piacere che si prova nello scriverla come nell’ammirarla)». Le due letture della tradizione del romanzo prese in esame in questo libro, considerate sia per quanto concerne l’aspetto saggistico che per il modo in cui emergono dalla produzione narrativa degli autori, si traducono in due genealogie del romanzo ad un tempo personali e immaginarie, due genealogie che illuminano i caratteri principali di questo genere e che ne identificano a loro modo alcune costanti. In questa prospettiva, nonostante i grandi risultati raggiunti, il XIX secolo non è affatto da considerare il periodo più luminoso nella storia del romanzo, ma al contrario una fase di impoverimento delle sue possibilità formali. La presenza di queste opzioni estetiche, di una marcata linea di continuità segnata dall’opera dei propri predecessori offre nell’opera di Kundera e di Celati un’immagine dinamica e persuasiva della tradizione di questo genere. Del resto, è nell’ambito concreto, quotidiano di una pratica narrativa che l’arte letteraria può valutare davvero l’eredità del romanzo: nelle sue continue riformulazioni. Un’eredità multiforme, a volte «denigrata», impoverita che non si può accettare senza discutere. File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Labirinti 101.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Versione editoriale (Publisher’s layout)
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
2.22 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.22 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione