Mai stanco riepilogo o rilancio meccanico di fatti (auto)biografici in cerca di legittimazione d’autore, la narrativa in lingua tedesca di Soma Morgenstern si muove spesso dal vissuto personale per poi diventare cifra, nel piccolo, di un itinerario che, con formula di compendio e nel sacrificio delle sfumature, potremmo definire il destino dello Ostjudentum tra Ottocento e Novecento. Il rispecchiamento è evidente già nel romanzo di debutto, Il figlio del figlio prodigo (Der Sohn des verlorenen Sohnes, 1935), ambientato tra la Podolia e Vienna. Non idealizzante o trasfigurante, meno che mai mitopoietica, la rappresentazione dell’ebraismo orientale di Soma Morgenstern è uno sguardo dall’interno, la voce di un insider che di quel mondo mette in evidenza tensioni, contraddizioni, discorsi doppi e doppie morali, magari indirizzando il racconto a un pubblico assimilato ma da “coprotagonista”, cronista organico e deuteragonista degli scenari che descrive. In riferimento soprattutto al Figlio del figlio prodigo – primo tassello della trilogia Funken im Abgrund (Scintille nell’abisso), e unico tra i tre romanzi a essere pubblicato dapprima in tedesco, poi in inglese – il contributo presenta la Mitteleuropa ebraica di Soma Morgenstern, a paragone (sarebbe forse meglio dire a contrasto) e in chiara delimitazione dai quadri d’ambiente, dalle riscritture o dai reportage ebraico-orientali prodotti dall’ebraismo post-assimilato (o dissimilante) austro-tedesco, soprattutto dal revival ostjüdisch della seconda generazione sionista, che, pur facendo della Galizia e delle altre provincie ebraiche degli Imperi centrali il tema di molti scritti, applica alla rievocazione filtri e diaframmi distorsivi e che, soprattutto, non nasce dall’interno ma sempre “sotto gli occhi dell’Occidente”.
"Abbiamo perduto il nostro mondo": la Galizia orientale di Soma Morgenstern / De Villa, Massimiliano. - STAMPA. - (2024), pp. 145-176.
"Abbiamo perduto il nostro mondo": la Galizia orientale di Soma Morgenstern
De Villa, Massimiliano
2024-01-01
Abstract
Mai stanco riepilogo o rilancio meccanico di fatti (auto)biografici in cerca di legittimazione d’autore, la narrativa in lingua tedesca di Soma Morgenstern si muove spesso dal vissuto personale per poi diventare cifra, nel piccolo, di un itinerario che, con formula di compendio e nel sacrificio delle sfumature, potremmo definire il destino dello Ostjudentum tra Ottocento e Novecento. Il rispecchiamento è evidente già nel romanzo di debutto, Il figlio del figlio prodigo (Der Sohn des verlorenen Sohnes, 1935), ambientato tra la Podolia e Vienna. Non idealizzante o trasfigurante, meno che mai mitopoietica, la rappresentazione dell’ebraismo orientale di Soma Morgenstern è uno sguardo dall’interno, la voce di un insider che di quel mondo mette in evidenza tensioni, contraddizioni, discorsi doppi e doppie morali, magari indirizzando il racconto a un pubblico assimilato ma da “coprotagonista”, cronista organico e deuteragonista degli scenari che descrive. In riferimento soprattutto al Figlio del figlio prodigo – primo tassello della trilogia Funken im Abgrund (Scintille nell’abisso), e unico tra i tre romanzi a essere pubblicato dapprima in tedesco, poi in inglese – il contributo presenta la Mitteleuropa ebraica di Soma Morgenstern, a paragone (sarebbe forse meglio dire a contrasto) e in chiara delimitazione dai quadri d’ambiente, dalle riscritture o dai reportage ebraico-orientali prodotti dall’ebraismo post-assimilato (o dissimilante) austro-tedesco, soprattutto dal revival ostjüdisch della seconda generazione sionista, che, pur facendo della Galizia e delle altre provincie ebraiche degli Imperi centrali il tema di molti scritti, applica alla rievocazione filtri e diaframmi distorsivi e che, soprattutto, non nasce dall’interno ma sempre “sotto gli occhi dell’Occidente”.File | Dimensione | Formato | |
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