Qualsiasi forma linguistica, con l’andar del tempo, subisce variazioni di ogni sorta fino a diventare qualcosa di notevolmente difforme. Abbiamo modo di accorgercene quotidianamente, soffermandoci a riflettere sul nostro comune parlare e su quanto differisca da quello dei nostri nonni, dei nonni dei nostri nonni e via discorrendo di generazione in generazione. Ciò che chiamiamo Canto Gregoriano è giunto a noi attraversando ben più di un millennio di storia. Ha conosciuto il Placito Capuano, Dante, Ariosto, Manzoni e Twitter. E, com’è ben immaginabile, si è imbattuto in mode, stili e mutazioni estetiche che l’hanno coinvolto in prima persona. In particolare, quello che ci tocca più da vicino, dopo circa un secolo, è il metodo coniato dai monaci di Solesmes al tempo di Papa Pio X per far sì ch’esso venisse cantato in tutte le parrocchie, ottemperando al volere del Motu Proprio Inter plurimas pastoralis officii sollicitudines del 1903. Sembra veramente banale a dirsi, ma l’ambiente che ci circonda non è quello che videro i nostri avi, i suoni e i colori che percepiamo non sono i medesimi, il ritmo della vita non è più lo stesso. Solo cent’anni fa i confini dell’Europa venivano ridisegnati dalla fine della prima guerra mondiale. In mezzo c’è stata l’era dei totalitarismi, la guerra fredda, il boom economico, la nuova crisi. Il mondo cambia con una rapidità sconvolgente e non possiamo pensare al passato come a una scatola chiusa priva di fluidità estetica, stilistica, tecnica e morale. Il metodo Solesmense, figlio della stessa idea romantica di medioevo che ha portato alla costruzione del castello di Neuschwanstein, ha creato un’idea così forte e radicata di Gregoriano che ancora oggi dura nell’immaginario collettivo. Ciò è dovuto in parte anche alla recente diffusione delle registrazioni discografiche e al valore identitario di una certa idea sonora: le voci serafiche dei monaci, infatti, che a loro modo cercavano di attenersi al principio di vox alta, clara et suavis, tanto contrastavano con quelle roboanti delle cappelle musicali nostrane, ancora influenzate dall’estetica teatrale dominante nel XIX secolo. L’avvento del Graduel Neumé del mai troppo citato dom Eugène Cardine e, successivamente, del Graduale Triplex ebbe un impatto sconvolgente sulla qualità degli studi in materia. Quei segni, così minuziosamente riportati, aprirono un mondo sulle sfumature interpretative di cui gli anni avevano abraso la memoria, restituendoci uno scenario ben più ricco. Partendo da questo e dagli interrogativi della semiografia, proviamo a inserire la ricerca in un contesto, quello medievale, attraverso le parole degli uomini del tempo, per provare a comprendere meglio cosa fosse in origine ciò che abbiamo ricevuto…
Il Graduale Triplex, ponte tra Medioevo e Contemporaneità: Uno straordinario mezzo per la restituzione di un suono perduto / Correggia, Enrico. - In: STUDI GREGORIANI. - ISSN 0394-2325. - STAMPA. - XXXVI:(2020), pp. 101-116. (Intervento presentato al convegno Graduale Triplex: Storia, ruolo e impatto a 40 anni dalla pubblicazione tenutosi a Assisi nel 15-17 marzo 2019).
Il Graduale Triplex, ponte tra Medioevo e Contemporaneità: Uno straordinario mezzo per la restituzione di un suono perduto.
Correggia, Enrico
2020-01-01
Abstract
Qualsiasi forma linguistica, con l’andar del tempo, subisce variazioni di ogni sorta fino a diventare qualcosa di notevolmente difforme. Abbiamo modo di accorgercene quotidianamente, soffermandoci a riflettere sul nostro comune parlare e su quanto differisca da quello dei nostri nonni, dei nonni dei nostri nonni e via discorrendo di generazione in generazione. Ciò che chiamiamo Canto Gregoriano è giunto a noi attraversando ben più di un millennio di storia. Ha conosciuto il Placito Capuano, Dante, Ariosto, Manzoni e Twitter. E, com’è ben immaginabile, si è imbattuto in mode, stili e mutazioni estetiche che l’hanno coinvolto in prima persona. In particolare, quello che ci tocca più da vicino, dopo circa un secolo, è il metodo coniato dai monaci di Solesmes al tempo di Papa Pio X per far sì ch’esso venisse cantato in tutte le parrocchie, ottemperando al volere del Motu Proprio Inter plurimas pastoralis officii sollicitudines del 1903. Sembra veramente banale a dirsi, ma l’ambiente che ci circonda non è quello che videro i nostri avi, i suoni e i colori che percepiamo non sono i medesimi, il ritmo della vita non è più lo stesso. Solo cent’anni fa i confini dell’Europa venivano ridisegnati dalla fine della prima guerra mondiale. In mezzo c’è stata l’era dei totalitarismi, la guerra fredda, il boom economico, la nuova crisi. Il mondo cambia con una rapidità sconvolgente e non possiamo pensare al passato come a una scatola chiusa priva di fluidità estetica, stilistica, tecnica e morale. Il metodo Solesmense, figlio della stessa idea romantica di medioevo che ha portato alla costruzione del castello di Neuschwanstein, ha creato un’idea così forte e radicata di Gregoriano che ancora oggi dura nell’immaginario collettivo. Ciò è dovuto in parte anche alla recente diffusione delle registrazioni discografiche e al valore identitario di una certa idea sonora: le voci serafiche dei monaci, infatti, che a loro modo cercavano di attenersi al principio di vox alta, clara et suavis, tanto contrastavano con quelle roboanti delle cappelle musicali nostrane, ancora influenzate dall’estetica teatrale dominante nel XIX secolo. L’avvento del Graduel Neumé del mai troppo citato dom Eugène Cardine e, successivamente, del Graduale Triplex ebbe un impatto sconvolgente sulla qualità degli studi in materia. Quei segni, così minuziosamente riportati, aprirono un mondo sulle sfumature interpretative di cui gli anni avevano abraso la memoria, restituendoci uno scenario ben più ricco. Partendo da questo e dagli interrogativi della semiografia, proviamo a inserire la ricerca in un contesto, quello medievale, attraverso le parole degli uomini del tempo, per provare a comprendere meglio cosa fosse in origine ciò che abbiamo ricevuto…I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione