Esiste una divaricazione tra il controllo dell’informazione che fa leva sulla proprietà intellettuale e quello che si basa sulle norme informali della comunità scientifica. Qual è l’impatto delle tecnologie digitali su queste diverse concezioni del controllo dell’informazione? Ad una prima superficiale impressione le tecnologie digitali moltiplicano ed accelerano le possibilità di accesso alla conoscenza scientifica. Dunque, si potrebbe pensare che il loro utilizzo all’interno della comunità scientifica abbia rafforzato la tendenza ad aprire al pubblico i risultati della ricerca. Tuttavia, il quadro è molto più complesso. Si delinea il rischio – determinato da una serie di fattori - che il controllo rigido e accentrato, come quello basato su sistemi di Digital Rights Management (DRM), ed improntato a logiche commerciali colonizzi il settore della comunità degli scienziati (che invece è animato dalla logica del controllo flessibile e decentrato fondato su consuetudini e norme informali) determinando una forte compressione delle possibilità di accesso alla conoscenza scientifica espressa in forma digitale. D’altro canto, una parte importante della comunità scientifica sta cercando di contrastare questo rischio con il movimento che va sotto il nome di Open Access (OA). Tale movimento è supportato da dichiarazioni, policies e linee guida di istituzioni pubbliche nazionali ed internazionali. La comunità scientifica si dibatte, insomma, tra le «allettanti promesse» della commercializzazione della ricerca e la (nobile) tradizione dell’apertura dei risultati del proprio lavoro. A ben vedere questa dissociazione si riflette nel conflitto tra le differenti forme di controllo delle informazioni digitali che il contesto delle tecnologie informatiche e telematiche ha generato. Da una parte, un controllo rigido ed accentrato come quello che fa leva sul DRM. Dall’altra un controllo flessibile e decentrato come quello che si basa sulla GNU General Public License e le Creative Commons Licences. Le regole che disegnano in modo differente il controllo trovano le loro fonti nei negli standard tecnologici, nei contratti, nelle consuetudini e nei diritti statali. Il progresso della conoscenza e la libertà di pensiero raccomandano di non preferire e legittimare un’unica forma di controllo. La libertà di poter scegliere la forma di controllo che si ritiene più opportuna costituisce il presupposto dell’accrescimento della conoscenza nell’era digitale. Tuttavia, questa libertà, nell’ambito della ricerca scientifica finanziata con fondi pubblici incontra un limite. I risultati di questo tipo di ricerca dovrebbero essere prontamente e gratuitamente messi a disposizione del pubblico. A tale scopo occorre studiare qual è il migliore assetto istituzionale. Nell’ambito di questa linea di esplorazione, un ruolo fondamentale è rivestito dall’analisi dell’interazione tra proprietà intellettuale, standard tecnologici, contratti e norme informali della comunità scientifica. In corso di pubblicazione negli Atti del Convegno “I diritti della biblioteca” tenutosi a Milano il 6-7 marzo 2008. Questa versione 1.0 – maggio 2008 © 2007 by Roberto Caso - è pubblicata con Creative Commons Attribuzione- Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License. Tale licenza consente l’uso non commerciale dell’opera, a condizione che ne sia sempre data attribuzione all’autore. Maggiori informazioni all’URL: .

Proprietà intellettuale, tecnologie digitali ed accesso alla conoscenza scientifica: Digital Rights Management vs. Open Access / Caso, Roberto. - ELETTRONICO. - (2008).

Proprietà intellettuale, tecnologie digitali ed accesso alla conoscenza scientifica: Digital Rights Management vs. Open Access

Caso, Roberto
2008-01-01

Abstract

Esiste una divaricazione tra il controllo dell’informazione che fa leva sulla proprietà intellettuale e quello che si basa sulle norme informali della comunità scientifica. Qual è l’impatto delle tecnologie digitali su queste diverse concezioni del controllo dell’informazione? Ad una prima superficiale impressione le tecnologie digitali moltiplicano ed accelerano le possibilità di accesso alla conoscenza scientifica. Dunque, si potrebbe pensare che il loro utilizzo all’interno della comunità scientifica abbia rafforzato la tendenza ad aprire al pubblico i risultati della ricerca. Tuttavia, il quadro è molto più complesso. Si delinea il rischio – determinato da una serie di fattori - che il controllo rigido e accentrato, come quello basato su sistemi di Digital Rights Management (DRM), ed improntato a logiche commerciali colonizzi il settore della comunità degli scienziati (che invece è animato dalla logica del controllo flessibile e decentrato fondato su consuetudini e norme informali) determinando una forte compressione delle possibilità di accesso alla conoscenza scientifica espressa in forma digitale. D’altro canto, una parte importante della comunità scientifica sta cercando di contrastare questo rischio con il movimento che va sotto il nome di Open Access (OA). Tale movimento è supportato da dichiarazioni, policies e linee guida di istituzioni pubbliche nazionali ed internazionali. La comunità scientifica si dibatte, insomma, tra le «allettanti promesse» della commercializzazione della ricerca e la (nobile) tradizione dell’apertura dei risultati del proprio lavoro. A ben vedere questa dissociazione si riflette nel conflitto tra le differenti forme di controllo delle informazioni digitali che il contesto delle tecnologie informatiche e telematiche ha generato. Da una parte, un controllo rigido ed accentrato come quello che fa leva sul DRM. Dall’altra un controllo flessibile e decentrato come quello che si basa sulla GNU General Public License e le Creative Commons Licences. Le regole che disegnano in modo differente il controllo trovano le loro fonti nei negli standard tecnologici, nei contratti, nelle consuetudini e nei diritti statali. Il progresso della conoscenza e la libertà di pensiero raccomandano di non preferire e legittimare un’unica forma di controllo. La libertà di poter scegliere la forma di controllo che si ritiene più opportuna costituisce il presupposto dell’accrescimento della conoscenza nell’era digitale. Tuttavia, questa libertà, nell’ambito della ricerca scientifica finanziata con fondi pubblici incontra un limite. I risultati di questo tipo di ricerca dovrebbero essere prontamente e gratuitamente messi a disposizione del pubblico. A tale scopo occorre studiare qual è il migliore assetto istituzionale. Nell’ambito di questa linea di esplorazione, un ruolo fondamentale è rivestito dall’analisi dell’interazione tra proprietà intellettuale, standard tecnologici, contratti e norme informali della comunità scientifica. In corso di pubblicazione negli Atti del Convegno “I diritti della biblioteca” tenutosi a Milano il 6-7 marzo 2008. Questa versione 1.0 – maggio 2008 © 2007 by Roberto Caso - è pubblicata con Creative Commons Attribuzione- Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License. Tale licenza consente l’uso non commerciale dell’opera, a condizione che ne sia sempre data attribuzione all’autore. Maggiori informazioni all’URL: .
2008
s.l.
s.n.
Proprietà intellettuale, tecnologie digitali ed accesso alla conoscenza scientifica: Digital Rights Management vs. Open Access / Caso, Roberto. - ELETTRONICO. - (2008).
Caso, Roberto
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