Questa tesi si pone come obiettivo primario quello di esplorare le prospettive di riconciliazione di due mondi solitamente visti in insanabile antagonismo: la filosofia dell'Open Innovation e l'istituto brevettuale. Nonostante siano entrambi appartenenti al medesimo “terreno di gioco” – quello delle invenzioni, dello sviluppo tecnologico e del progresso – i fautori dell'Open Innovation hanno sempre guardato con diffidenza al patent, considerandolo uno strumento giuridico eccessivamente rigido e non suscettibile di essere utilizzato in un'ottica di apertura. I primi due capitoli sono dedicati alla descrizione e all'approfondimento delle tematiche dell'Open Innovation e del brevetto per invenzione, al fine di fornire un quadro esauriente dei due poli della trattazione: nel primo capitolo si esamina il modello dell'Open Innovation, la sua evoluzione e le sue caratteristiche secondo Chesbrough ed altri suoi fautori, ma anche alcune critiche; inoltre, alcuni casi concreti aiutano a meglio comprendere gli effetti che un modello open può avere sulle imprese che lo adottano, rispetto a strategie di maggior chiusura. Il secondo capitolo si occupa invece del brevetto per invenzione, fornendo un'analisi della disciplina nazionale, internazionale, europea e statunitense e presentando le caratteristiche salienti di tale istituto della proprietà industriale. Si tratta di una figura fortemente armonizzata a livello internazionale, che tuttavia presenta alcuni interessanti spunti comparativi ove si mettano a confronto il sistema europeo e quello statunitense.Il terzo capitolo compie invece un doveroso approfondimento per quanto riguarda la brevettabilità di due categorie di invenzioni che negli ultimi decenni sono state, e sono tuttora, al centro del processo innovativo in ambito tecnologico: software e biotecnologie. Viene seguito un approccio incentrato sulle fonti normative e sulla casistica giurisprudenziale, mettendo a confronto l'evoluzione di tali settori tecnologici in ottica brevettuale, guardando al sistema europeo e a quello statunitense. Infine, gli ultimi due capitoli costituiscono il fulcro della trattazione: enucleano i principali punti di attrito tra Open Innovation e brevetti e tentano di fornire alcune soluzioni che si propongono di arginare tali problemi. La convivenza fra tali figure è infatti complicata dalla loro stessa natura, apparentemente antitetica: le caratteristiche proprie del brevetto rischiano infatti di generare una sedimentazione di titoli di proprietà industriale (c.d. patent thicket), la quale finisce per porre un freno all'innovazione e al progresso, impedendo lo sfruttamento e il miglioramento dell'invenzione. Alcune soluzioni che vengono proposte si avvalgono dello strumento della licenza per rendere maggiormente elastico l'istituto brevettuale: cross licences e patent pools consentono infatti una maggior circolazione delle invenzioni protette da brevetto, permettendo così l'implementazione di strategie di Open Innovation nonostante la presenza di titoli di privativa. Le ultime soluzioni presentate, invece, incidono maggiormente sulla natura del brevetto e relative licenze, prevedendo due modalità “creative” mediante le quali la conoscenza e la tecnologia potranno circolare senza eccessivi impedimenti; si tratta della Defensive Patent License e dei quasi- e semi-patents, figure che costituiscono i Partial Patents. Nonostante questi ultimi siano istituti che necessitano di transitare da una dimensione ancora principalmente teorica ad un'effettiva loro messa in pratica, hanno tutte le carte in regola per poter edificare un solido ponte che colleghi il mondo dell'Open Innovation a quello del brevetto, con grandi benefici per la certezza del diritto, la collettività e l'innovazione.
The main goal of this thesis is to reconcile two worlds that are usually seen as completely far apart from each other: the Open Innovation philosophy and the patent. Although they pertain to the same “playing field” since they both involve inventions, technological development and progress, throughout history Open Innovations' proponents have always avoided the patent, considering it too rigid and therefore not likely to be used in an open perspective as the one that characterizes open innovation. The first two chapters are dedicated to the description and better understanding of open innovation and patents, in order to provide a comprehensive picture of the two main figures of the discussion: the first chapter examines the Open Innovation model, its evolution and characteristics as seen by Chesbrough and other of its proponents, but also some of the critical observations that were made; moreover, some practical cases aim to help understand the effects of an “open” model on the firms that choose to adopt it, compared to those strategies that are more closed. The second chapter deals with the patent, analyzing it not only from a national perspective but also looking at the international, european and American legislation, and presenting the most prominent features of this intellectual property right. Even though it is highly harmonized at the international level, it offers some interesting chances of comparison among the European and the American patent system. The third chapter focuses on the issue of the patentability of two categories of inventions that have been over the last few decades, and still are, the core of the innovative process in the technological field: software and biotechnology. The thesis looks at how the legislation evolved but also uses the case law to compare the evolution of those two technological fields and how they relate to patent, both in Europe and in the United States. Finally, the last two chapters hold the heart of the discussion: they explain how and where the two worlds of Open Innovation and patent clash, and then try to provide a series of solutions that might avoid that collision. The coexistence of these two figures is complicated by their very nature, seemingly antithetical: patent's characteristics hold the risk of creating an overlapping set of intellectual property rights (the so-called patent thicket), which ends up putting a brake to innovation and progress, preventing the exploitation and improvement of the invention. Some of the proposed solutions involve the tool of the license, in order to turn the patent into a more flexible institution: cross licenses and patent pools favor a better circulation of patented inventions, allowing to implement Open Innovation strategies despite the presence of industrial property rights. The latter solutions have, however, the greatest impact on the nature of patents and their licenses, providing two “creative” ways in which knowledge and technology can circulate without excessive constraints; they are the Defensive Patent License and the quasi- and semi-patents, which constitutes Partial Patents. In spite of the fact that these institutions belong to a theoretical dimension and still need to be put into practice, they have what it takes to build a solid bridge, linking the two worlds of Open Innovation and patents, with great benefits for legal certainty, the community and innovation.
Open innovation e patent: un'analisi comparata / Ponti, Stefania. - ELETTRONICO. - (2014), pp. 1-199.
Open innovation e patent: un'analisi comparata
2014-01-01
Abstract
Questa tesi si pone come obiettivo primario quello di esplorare le prospettive di riconciliazione di due mondi solitamente visti in insanabile antagonismo: la filosofia dell'Open Innovation e l'istituto brevettuale. Nonostante siano entrambi appartenenti al medesimo “terreno di gioco” – quello delle invenzioni, dello sviluppo tecnologico e del progresso – i fautori dell'Open Innovation hanno sempre guardato con diffidenza al patent, considerandolo uno strumento giuridico eccessivamente rigido e non suscettibile di essere utilizzato in un'ottica di apertura. I primi due capitoli sono dedicati alla descrizione e all'approfondimento delle tematiche dell'Open Innovation e del brevetto per invenzione, al fine di fornire un quadro esauriente dei due poli della trattazione: nel primo capitolo si esamina il modello dell'Open Innovation, la sua evoluzione e le sue caratteristiche secondo Chesbrough ed altri suoi fautori, ma anche alcune critiche; inoltre, alcuni casi concreti aiutano a meglio comprendere gli effetti che un modello open può avere sulle imprese che lo adottano, rispetto a strategie di maggior chiusura. Il secondo capitolo si occupa invece del brevetto per invenzione, fornendo un'analisi della disciplina nazionale, internazionale, europea e statunitense e presentando le caratteristiche salienti di tale istituto della proprietà industriale. Si tratta di una figura fortemente armonizzata a livello internazionale, che tuttavia presenta alcuni interessanti spunti comparativi ove si mettano a confronto il sistema europeo e quello statunitense.Il terzo capitolo compie invece un doveroso approfondimento per quanto riguarda la brevettabilità di due categorie di invenzioni che negli ultimi decenni sono state, e sono tuttora, al centro del processo innovativo in ambito tecnologico: software e biotecnologie. Viene seguito un approccio incentrato sulle fonti normative e sulla casistica giurisprudenziale, mettendo a confronto l'evoluzione di tali settori tecnologici in ottica brevettuale, guardando al sistema europeo e a quello statunitense. Infine, gli ultimi due capitoli costituiscono il fulcro della trattazione: enucleano i principali punti di attrito tra Open Innovation e brevetti e tentano di fornire alcune soluzioni che si propongono di arginare tali problemi. La convivenza fra tali figure è infatti complicata dalla loro stessa natura, apparentemente antitetica: le caratteristiche proprie del brevetto rischiano infatti di generare una sedimentazione di titoli di proprietà industriale (c.d. patent thicket), la quale finisce per porre un freno all'innovazione e al progresso, impedendo lo sfruttamento e il miglioramento dell'invenzione. Alcune soluzioni che vengono proposte si avvalgono dello strumento della licenza per rendere maggiormente elastico l'istituto brevettuale: cross licences e patent pools consentono infatti una maggior circolazione delle invenzioni protette da brevetto, permettendo così l'implementazione di strategie di Open Innovation nonostante la presenza di titoli di privativa. Le ultime soluzioni presentate, invece, incidono maggiormente sulla natura del brevetto e relative licenze, prevedendo due modalità “creative” mediante le quali la conoscenza e la tecnologia potranno circolare senza eccessivi impedimenti; si tratta della Defensive Patent License e dei quasi- e semi-patents, figure che costituiscono i Partial Patents. Nonostante questi ultimi siano istituti che necessitano di transitare da una dimensione ancora principalmente teorica ad un'effettiva loro messa in pratica, hanno tutte le carte in regola per poter edificare un solido ponte che colleghi il mondo dell'Open Innovation a quello del brevetto, con grandi benefici per la certezza del diritto, la collettività e l'innovazione.File | Dimensione | Formato | |
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