Sulla scena greca, nel 409 a.C., il Filottete di Sofocle soffre e agisce come l'ultimo, estremo eroe tragico. Ancora pochi anni e il ciclo creativo della tragedia antica si arresterà. L'eroe tragico isolato e possente, il cui carisma condiziona e determina tanto gli altri personaggi quanto il contesto generale e che suscita identificazione emotiva in lettori e spettatori, di qui in avanti non esisterà più. Sarà altro, sarà l'eroe che via via richiedono i tempi. L'arciere Filottete, abbandonato dai compagni sulla rotta per Troia su un'isola deserta perché malato, ripugnante e inavvicinabile, domina interamente l'azione, benché menomato nel corpo e umiliato nell'anima. Prima figurazione letteraria dell'esperienza disumana di chi deve vivere solo su un'isola, egli non comunica, non tratta, non cede se non, alla fine, a un dio. Protagonista di quella che Alfieri definì "la più bella tragedia greca", ha ispirato per tre secoli scrittori, poeti, musicisti, fino alla straordinaria fortuna del secondo novecento e alle forme sorprendenti con cui il nuovo millennio si è riappropriato dell'arciere greco, ignorando l'arco e puntando su una ferita non più insanabile, come in Derek Walcott o in Tom Stoppard.
L’ultimo eroe. Filottete, straordinarie fortune di un arciere greco / Boero, F.; Rubino, M.. - STAMPA. - 242:(2018).
L’ultimo eroe. Filottete, straordinarie fortune di un arciere greco
Boero F.;Rubino M.
2018-01-01
Abstract
Sulla scena greca, nel 409 a.C., il Filottete di Sofocle soffre e agisce come l'ultimo, estremo eroe tragico. Ancora pochi anni e il ciclo creativo della tragedia antica si arresterà. L'eroe tragico isolato e possente, il cui carisma condiziona e determina tanto gli altri personaggi quanto il contesto generale e che suscita identificazione emotiva in lettori e spettatori, di qui in avanti non esisterà più. Sarà altro, sarà l'eroe che via via richiedono i tempi. L'arciere Filottete, abbandonato dai compagni sulla rotta per Troia su un'isola deserta perché malato, ripugnante e inavvicinabile, domina interamente l'azione, benché menomato nel corpo e umiliato nell'anima. Prima figurazione letteraria dell'esperienza disumana di chi deve vivere solo su un'isola, egli non comunica, non tratta, non cede se non, alla fine, a un dio. Protagonista di quella che Alfieri definì "la più bella tragedia greca", ha ispirato per tre secoli scrittori, poeti, musicisti, fino alla straordinaria fortuna del secondo novecento e alle forme sorprendenti con cui il nuovo millennio si è riappropriato dell'arciere greco, ignorando l'arco e puntando su una ferita non più insanabile, come in Derek Walcott o in Tom Stoppard.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione