Il sistema del diritto d’autore si basa sul principio fondamentale della tutela dell’opera creativa mediante il conferimento all’artista di diritti morali e patrimoniali sull’opera così che egli possa essere riconosciuto come il creatore dell’opera e sfruttarla per trarne un guadagno economico. Quanto detto è espressione di un principio riconosciuto a livello internazionale dalla Convenzione di Berna. Ma, il conferimento, in capo ad ogni artista, di diritti tanto estesi non tiene conto del fatto che, da sempre, la materia è soggetta ad una forte contraddizione interna: da una parte, la normativa reprime il plagio e la contraffazione dell’opera, dall’altra parte, l’appropriazione di contenuti, immagini o opere altrui non solo ha sempre caratterizzato il fenomeno artistico ma è, spesso e volentieri, il moto propulsore dello sviluppo creativo perché è proprio l’ispirazione, la modificazione, il miglioramento di ciò che già ci circonda che promuove il sorgere di idee nuove e diverse. Muovendo da questa contraddizione interna, la tesi inizia con un’analisi interdisciplinare del binomio appropriazione-creatività; il concetto di creatività è, infatti, importante perché aiuta a tracciare il perimetro esterno del concetto di appropriazione dato che questi due non sono che le due facce della medesima medaglia. La creatività ha un’anima poliedrica che, a seconda del punto di vista da cui la si osserva, può essere descritta nei modi più diversi e, pertanto, una definizione di questa nozione che sia da tutti condivisa e che possa valere per i diversi campi in cui viene analizzata, appare impossibile. Vi è però un aspetto sul quale l’analisi socioculturale, cognitiva e artistica concordano, ossia che la creatività non può essere spiegata in termini riduzionistici poiché essa è il frutto di influssi e condizionamenti eterogenei che comprendono la società, i ricordi, le esperienze vissute, le opere fruite, i libri letti, ecc. L’analisi della nozione di creatività permette una migliore comprensione del fenomeno appropriativo e di tutte le forme, più o meno lecite, che esso può assumere. Sebbene, nel contesto artistico-letterario, l’atto di sottrarre materiale altrui è sempre esistito fin dai tempi antichi, l’appropriazionismo come vera e propria tecnica creativa affonda le sue radici storiche nelle avanguardie di inizio Novecento, in particolare nel Cubismo e nel Dadaismo ma, solo con gli anni Sessanta e lo sviluppo della Pop-Art, l’appropriazionismo vivrà la sua stagione più fortunata dando vita ad una vera e propria corrente artistica: l’Appropriation Art. Il primo capitolo, dunque, offre una visione del fenomeno appropriativo generale che ripercorre le sue radici storiche nel mondo dell’arte, nel secondo capitolo, invece, la questione dell’appropriazionismo viene affrontata più specificatamente dall’angolo visuale del diritto d’autore; diritto e arte non sono fenomeni pienamente compatibili, anzi spesso stridono tra loro e l’attività appropriativa è sicuramente un punto di frattura tra questi due sistemi poiché, laddove il diritto, tendenzialmente, vieta l’appropriazione, l’arte l’accoglie. Il capitolo dimostra come l’Arte contemporanea nel suo complesso, abbia indotto a pensare ad una riformulazione di alcune nozioni classiche come la nozione di autore o quella di opera, le quali risultano, oggi, obsolete o quantomeno non più adatte a descrivere la casistica attuale. La riformulazione di tali nozioni crea problematiche che rimettono in discussione le pietre angolari su cui si fonda lo stesso diritto d’autore. Le opere dell’Arte appropriativa rientrano nel novero delle correnti artistiche appartenenti all’Arte contemporanea e, proprio la particolarità della loro natura, ha fatto sorgere problemi di inquadramento di queste opere all’interno delle categorie classiche del diritto d’autore, per di più, nella misura in cui l’appropriazione ricade su elementi protetti dal diritto d’autore è ovvio che sorge un inevitabile conflitto con il diritto di esclusiva, appartenente all’autore dell’opera sottratta. Proprio al fine di evitare che ogni forma di appropriazione venga tacciata, di default, di plagio o contraffazione così da causare una paralisi per la libertà di espressione degli artisti appropriativi, la trattazione del secondo capitolo cerca di incasellare, all’interno degli istituti tipici del diritto d’autore, le opere che costituiscono il risultato di atti appropriativi, distinguendo i casi di mere riproduzioni dai casi di opere derivate oppure di opere autonome. L’importanza dell’inquadramento sistematico si riflette nella pratica poiché, a seconda della qualifica, ne deriveranno regimi giuridici differenti. Ma quali siano i criteri che permettano di capire quando un atto appropriativo possa essere qualificato in un modo piuttosto che in un altro, è una questione che, a differenza di quanto avvenuto negli Usa, non è stata oggetto di molte riflessioni giurisprudenziali nazionali. Il giudice italiano, solo in un paio di occasioni si è ritrovato a ragionare circa l’inquadramento più opportuno da conferire all’Arte appropriativa; in entrambe le sentenze i giudici si sono confrontati con i concetti di opera originale, elaborazione creativa, plagio, contraffazione e parodia. Particolarmente interessante, però, è stata l’ordinanza del tribunale di Milano (13 luglio 2011) che, all’interno del suo ragionamento sull’Arte appropriativa, ha preso in esame anche la disciplina statunitense del fair use. Per quanto incredibile possa sembrare che un giudice italiano usi una dottrina totalmente estranea sia al nostro ordinamento sia all’ordinamento europeo, questo ci può far capire quanto sia necessaria una migliore regolamentazione della fattispecie. Nel terzo capitolo, i problemi di inquadramento di tale corrente artistica si ripropongono anche in seno al contesto statunitense, tuttavia, gli Stati Uniti, a differenza del nostro ordinamento, possono contare sulla clausola aperta del fair use per cercare di conciliare nuovi fenomeni artistici, come quello dell’Appropriation Art, all’interno della disciplina del copyright. Il fair use, infatti, è una norma che ammette, ad alcune condizioni, la possibilità che del materiale altrui protetto da copyright possa essere usato da terzi estranei senza il consenso dell’autore; in particolar modo, lo scopo e il carattere dell’uso che viene fatto del materiale altrui da parte dell’appropriationist, assume un certo rilievo nel ragionamento che cerca di stabilire la liceità o meno dell’opera d’Arte appropriativa. Tendenzialmente, l'opera appropriativa sarà considerata lecita quando l’appropriationist avrà trasformato il materiale sottratto al punto che l’opera che ne risulta trasmetta un significato diverso da quello dell'opera appropriata. Infine, in entrambi gli ordinamenti, si nota come l’Arte appropriativa non coinvolga solo il diritto d’autore ma anche altri frutti della creatività ed inventiva umana, ossia i marchi. I marchi, infatti, hanno assunto col tempo una carica comunicativa importante; soprattutto i marchi famosi sono diventati vere e proprie icone culturali, immagini dense di significato, icastici vettori di idee e valori e perciò non stupisce che anch’essi siano diventati oggetto di appropriazione da parte degli artisti. In entrambi gli ordinamenti la giurisprudenza è stata spesso chiamata a dirimere controversie riguardanti marchi che storpiavano o deridevano il marchio sottratto; in questi casi è necessario che il giudice valuti l’intento che si cela dietro tale sottrazione: se l’uso del marchio altrui crea confusione nei consumatori o sfrutta in modo parassitario il successo economico del marchio sottratto, allora tale utilizzo dovrà essere ritenuto illecito, se invece, l’uso del marchio altrui ha fini puramente espressivi o parodici allora questa fattispecie rientra, ancora una volta, sotto la tutela costituzionale della libertà di espressione. Questo ragionamento risulta fondamentale per cercare di giustificare la corrente appropriativa entro la disciplina legale dei marchi che riconosce l’esistenza di usi consentiti del marchio altrui. Il mondo, ed in particolare il mondo dell’arte, si evolve e cambia di continuo e il diritto dovrebbe essere in grado di evolversi per stare al passo con esso. Un diritto obsoleto che non rispecchia la realtà, non può che essere un ostacolo allo sviluppo e al miglioramento della società.

L’appropriazionismo artistico nell’arte visuale: una comparazione tra Italia e Stati Uniti / Di Nicola, Laura. - ELETTRONICO. - (2021), pp. 1-174. [10.15168/11572_300412]

L’appropriazionismo artistico nell’arte visuale: una comparazione tra Italia e Stati Uniti

Laura Di Nicola
2021-01-01

Abstract

Il sistema del diritto d’autore si basa sul principio fondamentale della tutela dell’opera creativa mediante il conferimento all’artista di diritti morali e patrimoniali sull’opera così che egli possa essere riconosciuto come il creatore dell’opera e sfruttarla per trarne un guadagno economico. Quanto detto è espressione di un principio riconosciuto a livello internazionale dalla Convenzione di Berna. Ma, il conferimento, in capo ad ogni artista, di diritti tanto estesi non tiene conto del fatto che, da sempre, la materia è soggetta ad una forte contraddizione interna: da una parte, la normativa reprime il plagio e la contraffazione dell’opera, dall’altra parte, l’appropriazione di contenuti, immagini o opere altrui non solo ha sempre caratterizzato il fenomeno artistico ma è, spesso e volentieri, il moto propulsore dello sviluppo creativo perché è proprio l’ispirazione, la modificazione, il miglioramento di ciò che già ci circonda che promuove il sorgere di idee nuove e diverse. Muovendo da questa contraddizione interna, la tesi inizia con un’analisi interdisciplinare del binomio appropriazione-creatività; il concetto di creatività è, infatti, importante perché aiuta a tracciare il perimetro esterno del concetto di appropriazione dato che questi due non sono che le due facce della medesima medaglia. La creatività ha un’anima poliedrica che, a seconda del punto di vista da cui la si osserva, può essere descritta nei modi più diversi e, pertanto, una definizione di questa nozione che sia da tutti condivisa e che possa valere per i diversi campi in cui viene analizzata, appare impossibile. Vi è però un aspetto sul quale l’analisi socioculturale, cognitiva e artistica concordano, ossia che la creatività non può essere spiegata in termini riduzionistici poiché essa è il frutto di influssi e condizionamenti eterogenei che comprendono la società, i ricordi, le esperienze vissute, le opere fruite, i libri letti, ecc. L’analisi della nozione di creatività permette una migliore comprensione del fenomeno appropriativo e di tutte le forme, più o meno lecite, che esso può assumere. Sebbene, nel contesto artistico-letterario, l’atto di sottrarre materiale altrui è sempre esistito fin dai tempi antichi, l’appropriazionismo come vera e propria tecnica creativa affonda le sue radici storiche nelle avanguardie di inizio Novecento, in particolare nel Cubismo e nel Dadaismo ma, solo con gli anni Sessanta e lo sviluppo della Pop-Art, l’appropriazionismo vivrà la sua stagione più fortunata dando vita ad una vera e propria corrente artistica: l’Appropriation Art. Il primo capitolo, dunque, offre una visione del fenomeno appropriativo generale che ripercorre le sue radici storiche nel mondo dell’arte, nel secondo capitolo, invece, la questione dell’appropriazionismo viene affrontata più specificatamente dall’angolo visuale del diritto d’autore; diritto e arte non sono fenomeni pienamente compatibili, anzi spesso stridono tra loro e l’attività appropriativa è sicuramente un punto di frattura tra questi due sistemi poiché, laddove il diritto, tendenzialmente, vieta l’appropriazione, l’arte l’accoglie. Il capitolo dimostra come l’Arte contemporanea nel suo complesso, abbia indotto a pensare ad una riformulazione di alcune nozioni classiche come la nozione di autore o quella di opera, le quali risultano, oggi, obsolete o quantomeno non più adatte a descrivere la casistica attuale. La riformulazione di tali nozioni crea problematiche che rimettono in discussione le pietre angolari su cui si fonda lo stesso diritto d’autore. Le opere dell’Arte appropriativa rientrano nel novero delle correnti artistiche appartenenti all’Arte contemporanea e, proprio la particolarità della loro natura, ha fatto sorgere problemi di inquadramento di queste opere all’interno delle categorie classiche del diritto d’autore, per di più, nella misura in cui l’appropriazione ricade su elementi protetti dal diritto d’autore è ovvio che sorge un inevitabile conflitto con il diritto di esclusiva, appartenente all’autore dell’opera sottratta. Proprio al fine di evitare che ogni forma di appropriazione venga tacciata, di default, di plagio o contraffazione così da causare una paralisi per la libertà di espressione degli artisti appropriativi, la trattazione del secondo capitolo cerca di incasellare, all’interno degli istituti tipici del diritto d’autore, le opere che costituiscono il risultato di atti appropriativi, distinguendo i casi di mere riproduzioni dai casi di opere derivate oppure di opere autonome. L’importanza dell’inquadramento sistematico si riflette nella pratica poiché, a seconda della qualifica, ne deriveranno regimi giuridici differenti. Ma quali siano i criteri che permettano di capire quando un atto appropriativo possa essere qualificato in un modo piuttosto che in un altro, è una questione che, a differenza di quanto avvenuto negli Usa, non è stata oggetto di molte riflessioni giurisprudenziali nazionali. Il giudice italiano, solo in un paio di occasioni si è ritrovato a ragionare circa l’inquadramento più opportuno da conferire all’Arte appropriativa; in entrambe le sentenze i giudici si sono confrontati con i concetti di opera originale, elaborazione creativa, plagio, contraffazione e parodia. Particolarmente interessante, però, è stata l’ordinanza del tribunale di Milano (13 luglio 2011) che, all’interno del suo ragionamento sull’Arte appropriativa, ha preso in esame anche la disciplina statunitense del fair use. Per quanto incredibile possa sembrare che un giudice italiano usi una dottrina totalmente estranea sia al nostro ordinamento sia all’ordinamento europeo, questo ci può far capire quanto sia necessaria una migliore regolamentazione della fattispecie. Nel terzo capitolo, i problemi di inquadramento di tale corrente artistica si ripropongono anche in seno al contesto statunitense, tuttavia, gli Stati Uniti, a differenza del nostro ordinamento, possono contare sulla clausola aperta del fair use per cercare di conciliare nuovi fenomeni artistici, come quello dell’Appropriation Art, all’interno della disciplina del copyright. Il fair use, infatti, è una norma che ammette, ad alcune condizioni, la possibilità che del materiale altrui protetto da copyright possa essere usato da terzi estranei senza il consenso dell’autore; in particolar modo, lo scopo e il carattere dell’uso che viene fatto del materiale altrui da parte dell’appropriationist, assume un certo rilievo nel ragionamento che cerca di stabilire la liceità o meno dell’opera d’Arte appropriativa. Tendenzialmente, l'opera appropriativa sarà considerata lecita quando l’appropriationist avrà trasformato il materiale sottratto al punto che l’opera che ne risulta trasmetta un significato diverso da quello dell'opera appropriata. Infine, in entrambi gli ordinamenti, si nota come l’Arte appropriativa non coinvolga solo il diritto d’autore ma anche altri frutti della creatività ed inventiva umana, ossia i marchi. I marchi, infatti, hanno assunto col tempo una carica comunicativa importante; soprattutto i marchi famosi sono diventati vere e proprie icone culturali, immagini dense di significato, icastici vettori di idee e valori e perciò non stupisce che anch’essi siano diventati oggetto di appropriazione da parte degli artisti. In entrambi gli ordinamenti la giurisprudenza è stata spesso chiamata a dirimere controversie riguardanti marchi che storpiavano o deridevano il marchio sottratto; in questi casi è necessario che il giudice valuti l’intento che si cela dietro tale sottrazione: se l’uso del marchio altrui crea confusione nei consumatori o sfrutta in modo parassitario il successo economico del marchio sottratto, allora tale utilizzo dovrà essere ritenuto illecito, se invece, l’uso del marchio altrui ha fini puramente espressivi o parodici allora questa fattispecie rientra, ancora una volta, sotto la tutela costituzionale della libertà di espressione. Questo ragionamento risulta fondamentale per cercare di giustificare la corrente appropriativa entro la disciplina legale dei marchi che riconosce l’esistenza di usi consentiti del marchio altrui. Il mondo, ed in particolare il mondo dell’arte, si evolve e cambia di continuo e il diritto dovrebbe essere in grado di evolversi per stare al passo con esso. Un diritto obsoleto che non rispecchia la realtà, non può che essere un ostacolo allo sviluppo e al miglioramento della società.
2021
Trento
Università degli Studi di Trento. Facoltà di Giurisprudenza
978-88-8443-942-0
L’appropriazionismo artistico nell’arte visuale: una comparazione tra Italia e Stati Uniti / Di Nicola, Laura. - ELETTRONICO. - (2021), pp. 1-174. [10.15168/11572_300412]
Di Nicola, Laura
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Laura Di Nicola LTSP 64.pdf

accesso aperto

Tipologia: Versione editoriale (Publisher’s layout)
Licenza: Creative commons
Dimensione 1.78 MB
Formato Adobe PDF
1.78 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11572/300412
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
  • OpenAlex ND
social impact