Questo studio analizza gli impatti negativi che i disastri ambientali esercitano sulla sfera personale dell’individuo e verifica in che modo i titolari di posizioni giuridiche soggettive incise da tali disastri possano vedere tutelate sul piano risarcitorio le proprie ragioni. Dopo aver lumeggiato l’influenza esercitata dai fenomeni della globalizzazione e del progresso scientifico e tecnologico rispetto all’emergere di una nuova sensibilità ambientale, si analizzano i passi che hanno portato all’affermazione di un vero e proprio diritto ambientale. L’acquisizione, da parte dell’ambiente, di un autonomo spazio di tutela all’interno dell’ordinamento è stata graduale e ha dovuto fare i conti con l’assenza di un riferimento testuale al tema dell’ambiente nella Costituzione italiana. Una importante spinta propulsiva in questa direzione è stata fornita dagli orientamenti di dottrina e giurisprudenza: dapprima, l’ambiente è stato tutelato invocando altri diritti già riconosciuti dall’ordinamento, quali il diritto al paesaggio e, soprattutto, alla salute; poi è stata sancita l’esistenza di un diritto all’ambiente salubre di rango costituzionale, per giungere, infine, a riconoscere l’autonoma tutelabilità dell’unitario bene-ambiente. Si è anche preso atto della duplice natura della tutela ambientale: da un lato pubblicistica, quale interesse diffuso di fondamentale valore per la collettività, dall’altro lato privatistica, suscettibile di trovare autonoma tutela risarcitoria, per il caso in cui determinati diritti soggettivi personali o patrimoniali subiscano un nocumento per effetto del fatto produttivo di danno ambientale. Dopo alcuni riferimenti all’introduzione delle prime norme nazionali sul danno ambientale ad opera della legge n. 349 del 1986, si approfondisce la vigente normativa in materia di responsabilità ambientale prevista dal d.lgs. 152/2006, quale disciplina che recepisce la direttiva 2004/35/CE. Viene quindi avviata l’analisi di un recente caso di disastro ambientale concernente l’imponente inquinamento dell’acqua destinata al consumo umano causato dalle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) e che coinvolge un’estesa area della Regione Veneto. Ci si sofferma sulle caratteristiche che rendono le sostanze ampiamente utilizzate a livello globale nei settori produttivi, ma al contempo pericolose per l’uomo, nonché sulle cause della loro decennale dispersione nell’ambiente, attribuibile all’operato di uno stabilimento chimico che, secondo le indagini sinora svolte, sembra aver occultato consapevolmente la situazione di contaminazione presso il sito produttivo. Rilievo comparatistico viene prestato al celebre caso americano DuPont, che figura come il più noto precedente storico di inquinamento da PFAS, le cui analogie con la vicenda italiana permettono, da un lato, di appropriarsi delle conoscenze acquisite dalla comunità scientifica in quella occasione rispetto agli effetti dell’esposizione alle sostanze e, dall’altro, di introdurre un’analisi ragionata della tematica della class action o azione di classe, di cui si discute l’esperibilità come rimedio processuale azionabile dai danneggiati dall’inquinamento delle falde acquifere venete. L’istituto così come previsto in Italia è stato di recente riformato con la legge n. 31 del 2019 ed è destinato ad entrare in vigore a novembre 2020. La novella amplia notevolmente l’ambito di applicabilità di questo strumento processuale. Ciò ha spinto a chiedersi se l’azione sia utilizzabile al caso di inquinamento da PFAS da parte di tutti i residenti nelle zone contaminate che abbiano subito danni personali o patrimoniali in conseguenza del consumo e dell’utilizzo delle acque contaminate dalle sostanze tossiche. Ingenti danni economici potrebbero essere lamentati da parte di operatori del settore agroalimentare, in ragione delle spese che questi ultimi hanno dovuto sostenere per garantire la salubrità dell’acqua utilizzata a scopi irrigui e in considerazione dei mancati guadagni determinati dal rifiuto dei consumatori di acquistare derrate alimentari prodotte nelle zone interessate dall’inquinamento. Oggetto di considerazione sono anche i costi di approvvigionamento di acqua da fonti alternative e sicure, nonché la perdita di valore di immobili e terreni siti nell’area inquinata. Tra i danni privi di contenuto patrimoniale, si ritiene possa essere oggetto di richiesta risarcitoria anche il patema d’animo dovuto all’incertezza in merito alle condizioni di salute degli abitanti delle aree interessate dall’inquinamento, in considerazione dell’incertezza ancora imperante in merito al rapporto di causalità tra l’esposizione alle sostanze e l’insorgenza di determinate malattie; così come un generale pregiudizio alla normale qualità della vita e al danno biologico ricorrente al manifestarsi di una patologia correlata che possa essere messa in correlazione causale agli agenti inquinanti veicolati dall’acqua. Nel valutare se i diritti violati nel caso di specie rispondano al requisito dell’omogeneità sancito dalla nuova legge del 2019 in tema di azione di classe, il lavoro non trascura di individuare i potenziali attori e i convenuti nel contenzioso civile che potrebbe seguire a questo grave episodio di inquinamento, così come vengono considerati gli ostacoli dettati dalla sancita irretroattività temporale delle nuove disposizioni processuali.

The aim of this study is to analyse the negative impacts of environmental disasters on the individual’s personal sphere exploring the case of PFAS contamination of the water supply of the Veneto region, to understand how the holders of severely compromised subjective legal positions from this contamination can seek compensation litigating their case. Following an examination of how the impact of globalisation and technological progress triggered a new environmental sensitivity, the study starts analysing the steps that shaped the fundamental notions the Italian system of environmental law, throughout a rather long and thorny jurisprudential and doctrinal process in the last decades. The almost complete lack of any Constitutional reference to an environmental protection of any type in Italy explains the intricate route that led to acknowledgement of a public legal interest in the protection of the environment as a value in itself, disentangled from private interests. An important driving force in this direction has been provided by the guidelines of legal doctrine and jurisprudence. Environment gained protection emphasising the constitutionally protected interest to landscape protection, along with the right to health. A right to a healthy environment with constitutional rank was thereafter established, in order to recognize the autonomous protection of the unitary environmental heritage. The dual nature of environmental protection was acknowledged, highlighting its public dimension, as a widespread interest of fundamental value for the general community, and its private dimension, that could be protected in tort, compensating non-pecuniary or pecuniary interests adversely affected by environmental damage. After discussing the process of introduction of national standards on environmental damage conceived in the Italian Law n. 349/1986, the paper explores the current legislation on environmental liability as enshrined by Legislative Decree n. 152/2006, in agreement with the Directive 2004/35/EC. Against the backdrop of this theoretical framework the paper introduces the case of a recent environmental disaster involving massive contamination of water intended for domestic supply by perfluoroalchilic substances (PFAS) in a large area of the Veneto Region, in Northern Italy. Attention is drawn to the characteristics which make these substances widely used globally in the productive sectors but at the same time dangerous for the public health, as well as the causes of their ten-year dispersion in the environment. The cause of contamination is attributable to a private chemical plant which, according to the investigations carried out by criminal prosecutors, appears to have knowingly concealed the contamination in the surroundings of the production site. Comparative atte3ntion is paid to the famous American case DuPont, which stands as a paradigm for this Italian environmental disaster. The similarities of the DuPont case with the Italian story allow on the one hand to exploit the knowledge acquired by the scientific community in that occasion concerning the effects of human exposure to the mentioned substances and, on the other hand, to evaluate to what extent a class action, which took place in the USA following the disaster, could be a collective procedural tool that could be used in the Italian case. Due to a recent reform (law 31/2019) that will enter into force in November 2020, the Italian class action was made more effective and open to a wider array of cases than it was in its original version of 2006. The paper consequently analyses the availability of this «new» procedural tool to the case of PFAS pollution by all residents in contaminated areas who have suffered from personal or property damage as a result of consumption of contaminated water. Significant economic damage could be claimed by agri-food operators, who sustained considerable economic losses, having to provide non contaminated water for irrigation purposes and having to confront the fear of consumers, who reasonably refrained from purchasing food stuff produced in fields of the area interested by the alleged contamination. On the part of consumers, the costs of supplying water from alternative and safe sources, as well as the loss of value of buildings and land in the polluted area are considered as well in the general damage calculation. With regards to the non-pecuniary damages the feeling of insecurity about personal health conditions are also to be considered. This is not only related to the still prevailing uncertainty about the causal relationship between exposure to PFAS and onset of certain diseases, but also to the injury to the normal quality of life and the biological damage itself, in the event of occurrence of a PFAS-related disease.

PFAS e inquinamento delle falde acquifere venete: la tutela civilistica fra danno ambientale e azioni risarcitorie collettive / Rasia, Veronica. - ELETTRONICO. - (2020), pp. 1-178. [10.15168/11572_282531]

PFAS e inquinamento delle falde acquifere venete: la tutela civilistica fra danno ambientale e azioni risarcitorie collettive

Veronica Rasia
2020-01-01

Abstract

Questo studio analizza gli impatti negativi che i disastri ambientali esercitano sulla sfera personale dell’individuo e verifica in che modo i titolari di posizioni giuridiche soggettive incise da tali disastri possano vedere tutelate sul piano risarcitorio le proprie ragioni. Dopo aver lumeggiato l’influenza esercitata dai fenomeni della globalizzazione e del progresso scientifico e tecnologico rispetto all’emergere di una nuova sensibilità ambientale, si analizzano i passi che hanno portato all’affermazione di un vero e proprio diritto ambientale. L’acquisizione, da parte dell’ambiente, di un autonomo spazio di tutela all’interno dell’ordinamento è stata graduale e ha dovuto fare i conti con l’assenza di un riferimento testuale al tema dell’ambiente nella Costituzione italiana. Una importante spinta propulsiva in questa direzione è stata fornita dagli orientamenti di dottrina e giurisprudenza: dapprima, l’ambiente è stato tutelato invocando altri diritti già riconosciuti dall’ordinamento, quali il diritto al paesaggio e, soprattutto, alla salute; poi è stata sancita l’esistenza di un diritto all’ambiente salubre di rango costituzionale, per giungere, infine, a riconoscere l’autonoma tutelabilità dell’unitario bene-ambiente. Si è anche preso atto della duplice natura della tutela ambientale: da un lato pubblicistica, quale interesse diffuso di fondamentale valore per la collettività, dall’altro lato privatistica, suscettibile di trovare autonoma tutela risarcitoria, per il caso in cui determinati diritti soggettivi personali o patrimoniali subiscano un nocumento per effetto del fatto produttivo di danno ambientale. Dopo alcuni riferimenti all’introduzione delle prime norme nazionali sul danno ambientale ad opera della legge n. 349 del 1986, si approfondisce la vigente normativa in materia di responsabilità ambientale prevista dal d.lgs. 152/2006, quale disciplina che recepisce la direttiva 2004/35/CE. Viene quindi avviata l’analisi di un recente caso di disastro ambientale concernente l’imponente inquinamento dell’acqua destinata al consumo umano causato dalle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) e che coinvolge un’estesa area della Regione Veneto. Ci si sofferma sulle caratteristiche che rendono le sostanze ampiamente utilizzate a livello globale nei settori produttivi, ma al contempo pericolose per l’uomo, nonché sulle cause della loro decennale dispersione nell’ambiente, attribuibile all’operato di uno stabilimento chimico che, secondo le indagini sinora svolte, sembra aver occultato consapevolmente la situazione di contaminazione presso il sito produttivo. Rilievo comparatistico viene prestato al celebre caso americano DuPont, che figura come il più noto precedente storico di inquinamento da PFAS, le cui analogie con la vicenda italiana permettono, da un lato, di appropriarsi delle conoscenze acquisite dalla comunità scientifica in quella occasione rispetto agli effetti dell’esposizione alle sostanze e, dall’altro, di introdurre un’analisi ragionata della tematica della class action o azione di classe, di cui si discute l’esperibilità come rimedio processuale azionabile dai danneggiati dall’inquinamento delle falde acquifere venete. L’istituto così come previsto in Italia è stato di recente riformato con la legge n. 31 del 2019 ed è destinato ad entrare in vigore a novembre 2020. La novella amplia notevolmente l’ambito di applicabilità di questo strumento processuale. Ciò ha spinto a chiedersi se l’azione sia utilizzabile al caso di inquinamento da PFAS da parte di tutti i residenti nelle zone contaminate che abbiano subito danni personali o patrimoniali in conseguenza del consumo e dell’utilizzo delle acque contaminate dalle sostanze tossiche. Ingenti danni economici potrebbero essere lamentati da parte di operatori del settore agroalimentare, in ragione delle spese che questi ultimi hanno dovuto sostenere per garantire la salubrità dell’acqua utilizzata a scopi irrigui e in considerazione dei mancati guadagni determinati dal rifiuto dei consumatori di acquistare derrate alimentari prodotte nelle zone interessate dall’inquinamento. Oggetto di considerazione sono anche i costi di approvvigionamento di acqua da fonti alternative e sicure, nonché la perdita di valore di immobili e terreni siti nell’area inquinata. Tra i danni privi di contenuto patrimoniale, si ritiene possa essere oggetto di richiesta risarcitoria anche il patema d’animo dovuto all’incertezza in merito alle condizioni di salute degli abitanti delle aree interessate dall’inquinamento, in considerazione dell’incertezza ancora imperante in merito al rapporto di causalità tra l’esposizione alle sostanze e l’insorgenza di determinate malattie; così come un generale pregiudizio alla normale qualità della vita e al danno biologico ricorrente al manifestarsi di una patologia correlata che possa essere messa in correlazione causale agli agenti inquinanti veicolati dall’acqua. Nel valutare se i diritti violati nel caso di specie rispondano al requisito dell’omogeneità sancito dalla nuova legge del 2019 in tema di azione di classe, il lavoro non trascura di individuare i potenziali attori e i convenuti nel contenzioso civile che potrebbe seguire a questo grave episodio di inquinamento, così come vengono considerati gli ostacoli dettati dalla sancita irretroattività temporale delle nuove disposizioni processuali.
2020
Trento
Università degli Studi di Trento. Facoltà di Giurisprudenza
978-88-8443-927-7
PFAS e inquinamento delle falde acquifere venete: la tutela civilistica fra danno ambientale e azioni risarcitorie collettive / Rasia, Veronica. - ELETTRONICO. - (2020), pp. 1-178. [10.15168/11572_282531]
Rasia, Veronica
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