La proposta progettuale per il restauro delle superfici esterne del Castello di Valbona consente una riflessione più generale sul tema del restauro delle superfici attraverso una chiave di lettura che riconosce la superficie come realtà materiale storicizzata, struttura complessa dei “segni del tempo” - segni culturali, ossia legati alle modalità del costruire e segni naturali legati alla durata delle cose nell’interazione con l’ambiente e con il trascorrere del tempo - ma evidenzia anche la superficie come struttura materiale che più di ogni altra parte dell'architettura ne condiziona l'apprezzamento formale. Parlare, quindi, del tema del restauro delle superfici rimanda ai riferimenti teorici e alle modalità esecutive che sovrintendono gli interventi sulla “pelle” degli edifici, su quel complesso e delicato insieme di segni la cui stratificazione costituisce uno dei principali veicoli per la conoscenza degli oggetti. Conoscenza che può essere declinata in termini di “spiegazione” di nessi causali oggettivi (la “traccia”) ma anche di “comprensione” come “visione intuitiva dello spirito dal di dentro” (“l’aura”). Spiegazione e comprensione introducono allora una riflessione sui fini dell’intervento sulle preesistenze, in quanto se uno dei fini del conservare la materia stratificata è quello di tutelare le possibilità del conoscere, tali possibilità possono avere orizzonti di esistenza propri del pensiero razionale ma anche di quello legato all’universo del “sentire”. La maggior parte degli interventi attuali sulle superfici dell’architettura si risolve nella più o meno radicale sostituzione dell’insieme degli elementi materiali che la compongono, soprattutto gli intonaci antichi e le malte, perseguendo l’ottica di un radicale rinnovo. Il filo conduttore di tali interventi sembra risiedere nella convinzione che tale sostituzione restituisca l’edificio alla sua “storia”, lo riconduca a quello stato di “compiutezza” che un tempo aveva avuto, magari a quella della sua fase “originale”. Il percorso critico seguito nel saggio, invece, è una riflessione sul rapporto fra sostituzione e permanenza della materia stratificata letto attraverso la chiave di lettura della ricerca di senso del rapporto dell’uomo con gli oggetti del passato; il che rinvia al più generale concetto di “autenticità” e al tema del degrado dove accanto al problema della valutazione quantitativa del degrado stesso in senso fisico si affronta anche quella qualitativa. Il riferimento va all’ incidenza di tale deperimento sulla lettura dell'opera, sulla spiegazione dei sui trascorsi, sulla comprensione del suo attuale carattere e sulla riflessione sul “senso” del nostro rapporto con il passato in cui la percezione di una distanza anche nei segni del decadimento materico può essere un modo per avere consapevolezza del nostro presente.

Il rapporto con gli oggetti del passato: la ‘traccia’ e l’ ‘aura’. Alcune riflessioni sulla proposta di restauro delle superfici esterne del castello di Valbona

Quendolo, Alessandra
2003-01-01

Abstract

La proposta progettuale per il restauro delle superfici esterne del Castello di Valbona consente una riflessione più generale sul tema del restauro delle superfici attraverso una chiave di lettura che riconosce la superficie come realtà materiale storicizzata, struttura complessa dei “segni del tempo” - segni culturali, ossia legati alle modalità del costruire e segni naturali legati alla durata delle cose nell’interazione con l’ambiente e con il trascorrere del tempo - ma evidenzia anche la superficie come struttura materiale che più di ogni altra parte dell'architettura ne condiziona l'apprezzamento formale. Parlare, quindi, del tema del restauro delle superfici rimanda ai riferimenti teorici e alle modalità esecutive che sovrintendono gli interventi sulla “pelle” degli edifici, su quel complesso e delicato insieme di segni la cui stratificazione costituisce uno dei principali veicoli per la conoscenza degli oggetti. Conoscenza che può essere declinata in termini di “spiegazione” di nessi causali oggettivi (la “traccia”) ma anche di “comprensione” come “visione intuitiva dello spirito dal di dentro” (“l’aura”). Spiegazione e comprensione introducono allora una riflessione sui fini dell’intervento sulle preesistenze, in quanto se uno dei fini del conservare la materia stratificata è quello di tutelare le possibilità del conoscere, tali possibilità possono avere orizzonti di esistenza propri del pensiero razionale ma anche di quello legato all’universo del “sentire”. La maggior parte degli interventi attuali sulle superfici dell’architettura si risolve nella più o meno radicale sostituzione dell’insieme degli elementi materiali che la compongono, soprattutto gli intonaci antichi e le malte, perseguendo l’ottica di un radicale rinnovo. Il filo conduttore di tali interventi sembra risiedere nella convinzione che tale sostituzione restituisca l’edificio alla sua “storia”, lo riconduca a quello stato di “compiutezza” che un tempo aveva avuto, magari a quella della sua fase “originale”. Il percorso critico seguito nel saggio, invece, è una riflessione sul rapporto fra sostituzione e permanenza della materia stratificata letto attraverso la chiave di lettura della ricerca di senso del rapporto dell’uomo con gli oggetti del passato; il che rinvia al più generale concetto di “autenticità” e al tema del degrado dove accanto al problema della valutazione quantitativa del degrado stesso in senso fisico si affronta anche quella qualitativa. Il riferimento va all’ incidenza di tale deperimento sulla lettura dell'opera, sulla spiegazione dei sui trascorsi, sulla comprensione del suo attuale carattere e sulla riflessione sul “senso” del nostro rapporto con il passato in cui la percezione di una distanza anche nei segni del decadimento materico può essere un modo per avere consapevolezza del nostro presente.
2003
Restauri di Castelli
Udine
Paolo Gaspari Editore
8886338597
Quendolo, Alessandra
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