L’indagine affronta le questioni processuali che si pongono quando l’obbligazione solidale ad interesse comune è dedotta in giudizio. L’argomento è esaminato, anzitutto, in una prospettiva storico-comparata, volta a chiarire il significato della norma espressa nell’art. 1306 c.c. che, al primo comma, dispone che la sentenza pronunciata tra uno dei condebitori e il creditore non ha effetto verso il coobbligato rimasto estraneo al processo ma, al secondo comma, ammette che quella sentenza può essere opposta dal coobbligato che non ne sia parte al comune creditore. Lo studio prende così le mosse dall’analisi dell’ordinamento francese, al quale – in via del tutto pretoria – si deve la genesi di questa seconda previsione, frutto di un’idea ormai superata, di un’obbligazione solidale costruita nei termini di una mutua rappresentanza tra coobbligati. L’analisi si concentra poi sul primo comma dell’art. 1306 c.c., comunemente ritenuto corollario del principio generale di cui all’art. 2909 c.c., per il quale il giudicato vincola soltanto chi è stato parte del processo. Questo esito processuale riflette, certamente, la funzione della solidarietà, il cui proprium si risolve nella facoltà attribuita al creditore di esigere l’intero da qualsiasi coobbligato, sì che l’adempimento (spontaneo o coatto) di quest’ultimo estingue l’obbligazione nei confronti di tutti. E poiché l’esistenza di un giudicato che condanna un condebitore non significa ancora attuazione del diritto, deve riconoscersi che il creditore possa agire in giudizio anche nei confronti degli altri, sino al¬l’integrale soddisfazione del credito. Gli esiti potenzialmente divergenti dei giudicati, pronunciati a valle di liti bilaterali, svoltesi in parallelo o in successione, appaiono così il riflesso della legittimazione disgiunta a contraddire che connota l’istituto della solidarietà sul piano processuale. Il che spiega l’evenienza di una pluralità di pronunce, la cui possibile diversità, però, si traduce in un conflitto solo logico tra giudicati. È questa una conclusione sulla quale in dottrina v’è tendenziale concordia. Cionondimeno, sarebbe affrettato ritenere che l’irrilevanza del giudicato, rispetto al condebitore che non sia stato parte di quel processo, sia affermazione accolta in tutti i suoi risvolti e corollari applicativi. L’in¬da¬gine dimostrerà che la molteplicità degli accertamenti, sull’an e sul quantum del debitum solidale, è conseguenza che appare inevitabile nella disciplina dei c.d. rapporti esterni, ma costituisce esito che una parte della dottrina tenta in ogni modo di evitare avendo riguardo al c.d. lato interno della solidarietà: com’è noto, l’ordinamento giuridico affida al regresso la funzione di riequilibrare i rapporti interni tra condebitori, alterati dal funzionamento della solidarietà. L’esigenza di rafforzamento delle ragioni di tutela del creditore – che legittima quest’ultimo a richiedere l’adem¬pimento dell’obbligazione a chi abbia ragione di preferire – è bilanciata, nei rapporti tra coobbligati, dal diritto riconosciuto in capo a chi ha pagato di esigere da ciascun «consorte» la propria quota, che si presume uguale alle altre (art. 1298 c.c.) salvo diversa dimostrazione (art. 2055, secondo comma, c.c.). Ebbene, se si accoglie l’idea che l’art. 1306, primo comma, c.c. regoli non solo il c.d. versante esterno ma anche quello interno del¬l’ob¬bligazione solidale, si deve riconoscere che, rispetto al coobbligato terzo al processo, il principio dell’inefficacia del giudicato pronunciato inter alios impedisca l’opponibilità di quell’accertamento anche in seno al giudizio di regresso. Il che significa ammettere che l’esistenza e il modo di essere dell’obbligazione solidale possano essere liberamente ridiscussi nel processo instaurato dal solvens contro gli altri consorti, con il rischio che il diritto di ripetizione di colui che abbia pagato ed estinto il debito possa rimanere escluso o determinato in misura inferiore. Si tratterà, allora, di verificare se e quali strumenti processuali consentano di scongiurare un siffatto esito.

Profili processuali della solidarietà dalla prospettiva del diritto di regresso

Baccaglini, Laura
2012-01-01

Abstract

L’indagine affronta le questioni processuali che si pongono quando l’obbligazione solidale ad interesse comune è dedotta in giudizio. L’argomento è esaminato, anzitutto, in una prospettiva storico-comparata, volta a chiarire il significato della norma espressa nell’art. 1306 c.c. che, al primo comma, dispone che la sentenza pronunciata tra uno dei condebitori e il creditore non ha effetto verso il coobbligato rimasto estraneo al processo ma, al secondo comma, ammette che quella sentenza può essere opposta dal coobbligato che non ne sia parte al comune creditore. Lo studio prende così le mosse dall’analisi dell’ordinamento francese, al quale – in via del tutto pretoria – si deve la genesi di questa seconda previsione, frutto di un’idea ormai superata, di un’obbligazione solidale costruita nei termini di una mutua rappresentanza tra coobbligati. L’analisi si concentra poi sul primo comma dell’art. 1306 c.c., comunemente ritenuto corollario del principio generale di cui all’art. 2909 c.c., per il quale il giudicato vincola soltanto chi è stato parte del processo. Questo esito processuale riflette, certamente, la funzione della solidarietà, il cui proprium si risolve nella facoltà attribuita al creditore di esigere l’intero da qualsiasi coobbligato, sì che l’adempimento (spontaneo o coatto) di quest’ultimo estingue l’obbligazione nei confronti di tutti. E poiché l’esistenza di un giudicato che condanna un condebitore non significa ancora attuazione del diritto, deve riconoscersi che il creditore possa agire in giudizio anche nei confronti degli altri, sino al¬l’integrale soddisfazione del credito. Gli esiti potenzialmente divergenti dei giudicati, pronunciati a valle di liti bilaterali, svoltesi in parallelo o in successione, appaiono così il riflesso della legittimazione disgiunta a contraddire che connota l’istituto della solidarietà sul piano processuale. Il che spiega l’evenienza di una pluralità di pronunce, la cui possibile diversità, però, si traduce in un conflitto solo logico tra giudicati. È questa una conclusione sulla quale in dottrina v’è tendenziale concordia. Cionondimeno, sarebbe affrettato ritenere che l’irrilevanza del giudicato, rispetto al condebitore che non sia stato parte di quel processo, sia affermazione accolta in tutti i suoi risvolti e corollari applicativi. L’in¬da¬gine dimostrerà che la molteplicità degli accertamenti, sull’an e sul quantum del debitum solidale, è conseguenza che appare inevitabile nella disciplina dei c.d. rapporti esterni, ma costituisce esito che una parte della dottrina tenta in ogni modo di evitare avendo riguardo al c.d. lato interno della solidarietà: com’è noto, l’ordinamento giuridico affida al regresso la funzione di riequilibrare i rapporti interni tra condebitori, alterati dal funzionamento della solidarietà. L’esigenza di rafforzamento delle ragioni di tutela del creditore – che legittima quest’ultimo a richiedere l’adem¬pimento dell’obbligazione a chi abbia ragione di preferire – è bilanciata, nei rapporti tra coobbligati, dal diritto riconosciuto in capo a chi ha pagato di esigere da ciascun «consorte» la propria quota, che si presume uguale alle altre (art. 1298 c.c.) salvo diversa dimostrazione (art. 2055, secondo comma, c.c.). Ebbene, se si accoglie l’idea che l’art. 1306, primo comma, c.c. regoli non solo il c.d. versante esterno ma anche quello interno del¬l’ob¬bligazione solidale, si deve riconoscere che, rispetto al coobbligato terzo al processo, il principio dell’inefficacia del giudicato pronunciato inter alios impedisca l’opponibilità di quell’accertamento anche in seno al giudizio di regresso. Il che significa ammettere che l’esistenza e il modo di essere dell’obbligazione solidale possano essere liberamente ridiscussi nel processo instaurato dal solvens contro gli altri consorti, con il rischio che il diritto di ripetizione di colui che abbia pagato ed estinto il debito possa rimanere escluso o determinato in misura inferiore. Si tratterà, allora, di verificare se e quali strumenti processuali consentano di scongiurare un siffatto esito.
2012
Trento
Cedam
9788813332167
Baccaglini, Laura
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