Lo studio traccia una storia della scultura in terracotta policroma ad Arezzo e nel suo contado tra la rinascita di quella tecnica, nei primi decenni del XV secolo, e il 1450 circa, quando l’invenzione dell’invetriatura e l’avvento delle pale di Luca Della Robbia e della sua bottega modificheranno profondamente il contesto. In particolare si propone che la modellazione in creta abbia incontrato ad Arezzo un favore del tutto speciale perché intesa in un’ottica di revival dell’antico, stante la fama ben radicata in città dei vasi fittili figurati prodotti tra I secolo avanti e I secolo dopo Cristo, ricordati da Plinio e da Marziale, e celebrati ancora alla fine del Duecento da Restoro d’Arezzo. Una predisposizione che fece sì che ad Arezzo si sperimentino con la terracotta opere anomale tanto per mole che per tipologia, come il sepolcro del giurista Francesco Roselli (morto nel 1430) in San Francesco, opera di Michele da Firenze. Il monumento fittile appare infatti un unicum e non sembra azzardato ritenere che nella scelta abbia inciso un passo della Naturalis Historia di Plinio che loda il sarcofago in cotto anziché in marmo di Varrone. Oltre ad una sistematica analisi delle opere del prolifico Michele da Firenze, sia quelle tuttora conservate ad Arezzo sia quelle provenienti dalla città, lo studio presenta una serie di statue e rilievi meno noti, tra cui una bella statua di Sant’Antonio abate, nella chiesa di San Giuseppino, che si propone di attribuire a Nanni di Bartolo. Altro pezzo di notevole significato è la precoce pala d’altare a rilievo con l’Annunciazione nel Museo diocesano (1433), proveniente dal Duomo Vecchio di Arezzo. L’opera, evidentemente ispirata a dipinti di analogo soggetto dell’Angelico, è tradizionalmente riferita a un misterioso “Ludovicus”, la cui attendibilità storica viene qui messa in discussione, in favore di un riferimento alla bottega di Bernardo Rossellino, attivo ad Arezzo in quegli anni.

Arte in terra, ad Arezzo (1420-1450)

Galli, Aldo
2008-01-01

Abstract

Lo studio traccia una storia della scultura in terracotta policroma ad Arezzo e nel suo contado tra la rinascita di quella tecnica, nei primi decenni del XV secolo, e il 1450 circa, quando l’invenzione dell’invetriatura e l’avvento delle pale di Luca Della Robbia e della sua bottega modificheranno profondamente il contesto. In particolare si propone che la modellazione in creta abbia incontrato ad Arezzo un favore del tutto speciale perché intesa in un’ottica di revival dell’antico, stante la fama ben radicata in città dei vasi fittili figurati prodotti tra I secolo avanti e I secolo dopo Cristo, ricordati da Plinio e da Marziale, e celebrati ancora alla fine del Duecento da Restoro d’Arezzo. Una predisposizione che fece sì che ad Arezzo si sperimentino con la terracotta opere anomale tanto per mole che per tipologia, come il sepolcro del giurista Francesco Roselli (morto nel 1430) in San Francesco, opera di Michele da Firenze. Il monumento fittile appare infatti un unicum e non sembra azzardato ritenere che nella scelta abbia inciso un passo della Naturalis Historia di Plinio che loda il sarcofago in cotto anziché in marmo di Varrone. Oltre ad una sistematica analisi delle opere del prolifico Michele da Firenze, sia quelle tuttora conservate ad Arezzo sia quelle provenienti dalla città, lo studio presenta una serie di statue e rilievi meno noti, tra cui una bella statua di Sant’Antonio abate, nella chiesa di San Giuseppino, che si propone di attribuire a Nanni di Bartolo. Altro pezzo di notevole significato è la precoce pala d’altare a rilievo con l’Annunciazione nel Museo diocesano (1433), proveniente dal Duomo Vecchio di Arezzo. L’opera, evidentemente ispirata a dipinti di analogo soggetto dell’Angelico, è tradizionalmente riferita a un misterioso “Ludovicus”, la cui attendibilità storica viene qui messa in discussione, in favore di un riferimento alla bottega di Bernardo Rossellino, attivo ad Arezzo in quegli anni.
2008
Arte in terra d'Arezzo: il Quattrocento
Firenze
EDIFIR
9788879703826
Galli, Aldo
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